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ATANASIO ALESSANDRINO

Dopo la morte del venerato Patriarca Timoteo salì al seggio alessandrino il Beato Atanasio in età di quaranta anni. Egli era stimato per la discrezione e la prudenza ma pochi avevano avuto modo di conoscerlo poiché era uomo schivo e di pochissime parole.

Dal giorno della sua ascesa al seggio patriarcale si ritirò in una piccola cella presso la Chiesa di San Michele e non volle che alcuno mai vi entrasse. Vegliava più ore per notte e levatosi molto prima dell'alba si ritirava nel Chiostro di San Michele quando ancora era invaso dalle tenebre della notte e si sedeva presso la tomba del Lettore Marco, alle luci dell'alba entrava quindi nella Chiesa, vestiva i paramenti senza l'aiuto del Diacono e andava a sedersi in trono perché il clero e il popolo lo trovassero già al suo posto e usciva dalla Chiesa sempre per ultimo.

Aveva delegato ad un Presbitero anziano l'ufficio della predicazione e saliva all'ambone della cattedra solo eccezionalmente ed era allora di rare parole e di austera dottrina. Nessuno lo aveva mai veduto alla casa del clero o nelle vie di Alessandria.

Quando lo salutavano, Atanasio chinava il capo in segno di risposta ed evitava le parole, quando andavano da lui i Presbiteri e i Diaconi per chiedergli consiglio rispondeva loro: "Segui ciò che il tuo cuore ti indicherà, vai e prega per il tuo Patriarca".

Era inflessibile nel tribunale e generoso con gli avversari della fede e con i poveri di Alessandria, instancabile nel lavoro e nella preghiera. Non un suo gesto fu mai scomposto né mai dimostrò impazienza o irritabilità.

Non usava sorridere né rattristarsi in volto né rivolgeva ad alcuno la sua parola se non per rispondere a quanto gli domandavano, preoccupazioni e dolori non sembravano poter incidere sulla sua condotta irreprensibile, egli non parlava di sé e anche il suo confessore lo conosceva ben poco e in ogni occasione egli allontanava da sé la tentazione di interrompere il suo silenzio.

Molti del clero e del popolo di Alessandria lo temevano e lo rispettavano e si chiedevano in cuor loro: "Perché il nostro Patriarca non ci apre il suo cuore? Si ritiene forse superiore a noi?" Ma nessuno osò mai parlare dinanzi a lui.

Nella casa del clero di Alessandria viveva in quei tempi anche il Presbitero Stefano, in età di quaranta anni, ed anch'egli era uomo di rare parole, ed ecco, una donna di nome Flavia che alcune volte lo aveva udito predicare e in cuor suo segretamente lo amava, reprimeva in sé i pensieri del suo cuore perché venerava la vita santa di Stefano e avrebbe voluto essergli di conforto senza turbare l'anima di lui.

Flavia dunque si ritirò nella sua casa e così disse tra sé: "Io so che il Presbitero Stefano è stato mandato ad annunciare la buona novella ai poveri, a curare i contriti di cuore, a chiamare alla libertà i prigionieri, a dare gloria invece di cenere ai figli di questa città, olio di gioia invece di lutto, ma Dio ha posto sulle sue spalle una croce pesante, ecco, io resterò nell'ombra e la mia anima veglierà su di lui e io prenderò su di me una parte del suo carico e condividerò la sua tribolazione".

Venne quindi alla casa del clero e così disse a Stefano: "Venerato Presbitero Stefano, dammi la tua benedizione poiché ho deciso di vivere in solitudine sul monte della Nitria e di pregare Dio ogni giorno perché illumini il santo Patriarca Atanasio".

E Stefano le rispose: "Tu sai che il nostro santo Patriarca ci ha detto di seguire sempre i pensieri del nostro cuore perché tutto ciò che Dio vi ha fatto nascere è buono, allontanati dunque nella pace con la mia benedizione" e Flavia si ritirò nel deserto.

Ora ecco, in quel medesimo giorno il Presbitero Stefano si trovò nel chiostro di San Michele quando venne a passare di lì il Patriarca Atanasio. Stefano si inchinò in segno di rispetto e Atanasio volse gli occhi a terra e abbassò il capo in cenno di risposta. E altrettanto accadde anche nei giorni seguenti.

E venne il tempo della quaresima e Atanasio così si rivolse al suo clero: "Vigilate per non cadere in tentazione, siate semplici come le colombe e prudenti come i serpenti, sia retta la vostra coscienza e puro il vostro cuore perché la via della salvezza consiste nel portare ogni ora, di giorno e di notte, la propria croce".

Dette queste pochissime parole, attese ai sacri riti e si ritirò nella sua cella ma quella notte non dormì, uscì invece nel chiostro e rimase in ginocchio presso la tomba del Lettore Marco in silenzio e a capo chino. Ma accadde che nel buio della notte egli vide un uomo venire verso la tomba di San Marco e quando fu presso di lui riconobbe il Presbitero Stefano e Stefano si inginocchiò presso il sepolcro e trascorsero in silenzio le ultime ore della notte. E così accadde anche la seconda e la terza notte della quaresima.

E quando alla quarta notte Stefano venne alla tomba si San Marco non vide il Patriarca e rimase turbato e al mattino gli si accostò e gli disse: "Santissimo Patriarca io so che il tuo silenzio non viene dalla superbia" e Atanasio chinò il capo in cenno di congedo e si allontanò senza rispondere e da quel giorno non vegliò più la notte presso il sepolcro di San Marco. Ma dopo pochi giorni Stefano si accostò nuovamente ad Atanasio e così gli parlò: "Io prego per te ogni notte presso la tomba di San Marco, ma tu hai avuto timore e ti sei ritirato nella tua cella" e Atanasio gli rispose: "Prega per il tuo Patriarca" e da quella notte si recò nuovamente a vegliare presso la tomba di San Marco e il Presbitero Stefano vegliava accanto a lui.

Ed ecco, non trascorso molto tempo, Atanasio venne a pregare presso il sepolcro di San Marco e non vide il Presbitero Stefano e rimase turbato e al mattino gli si accostò al termine dei sacri riti ma non ebbe il coraggio di dire parola e Stefano chinò il capo in segno di rispetto e si allontanò e da quel giorno non scese più a vegliare nel chiostro. Ma al terzo giorno Atanasio venne alla cella di Stefano e gli disse: "Io prego per te ogni notte presso la tomba di San Marco ma tu hai avuto timore e ti sei ritirato nella tua cella" e da quella notte tornarono entrambi a vegliare sulla tomba del Lettore Marco e tra il Vescovo e il Presbitero non intercorse mai parola poiché ciascuno serbava per sé i pensieri del suo cuore.

E trascorse così l'intera quaresima e nella notte del sabato santo, dopo il canto del Vangelo di Pasqua, il Beato Atanasio salì all'ambone e così parlo: "Venerati fratelli e diletti figli di Alessandria, in questa notte santa io vi annuncio una grande gioia che si diffonderà in tutto l'Egitto, ecco, in questa Pasqua il vostro Patriarca ungerà il Presbitero Stefano e lo consacrerà Vescovo perché la città di Eliopoli ha perso il suo pastore ed egli pascerà quel gregge".

Il Presbitero Stefano fu stupito delle parole del Patriarca e, pur comprendendo che Atanasio lo allontanava in quel modo da sé, ugualmente ne rispettò la determinazione perché certo si trattava di una decisione molto difficile, chinò dunque il capo in silenzio e poiché amava Atanasio e sapeva che il Patriarca era un uomo giusto, cercò in ogni modo, in cuor suo, di guardarsi dal giudicarlo e lasciò che si compisse la volontà di Atanasio e grande fu in quella notte il giubilo del popolo.

Il giorno seguente celebrarono insieme la Pasqua e si ritrovarono nel chiostro di San Michele e Stefano disse al Patriarca: "Santissimo Atanasio, io so che tu hai insegnato ai figli del popolo che essi non devono reprimere i pensieri del loro cuore perché tutto ciò che Dio vi ha fatto nascere è buono, perché dunque tu che hai l'anima perfetta reprimi i pensieri del tuo cuore?" e Atanasio gli rispose: "Venerato fratello Stefano, non fai tu forse altrettanto?" e Stefano si fece silenzioso e dopo alquanto tempo rispose: "Sì io faccio altrettanto" e Atanasio gli disse: "Perché dunque chiedi a me la spiegazione?" e Stefano allora gli domandò: "Perché, Santissimo Atanasio, sulle nostre spalle è posta questa croce?" e Atanasio gli disse: "Dio dispensa i suoi doni secondo il suo consiglio e lo Spirito soffia dove vuole, ecco, ogni mattina tu dirai: mio Dio io ti ringrazio perché tutto ciò che Tu hai fatto è buono", ma dopo queste parole Atanasio evitò di trarne le conseguenze e si rifugiò nella sua dottrina e citò i Padri della Chiesa, i principi della logica e i misteri della teologia e Stefano comprese che il Patriarca non gli avrebbe dato una risposta perché era un uomo timoroso e avrebbe cercato di evitare un discorso diretto. La sua dottrina e la sua santità non sarebbero bastate a far comprendere al Patriarca il senso di ciò che egli stesso insegnava ai figli del popolo che cioè non si devono reprimere i pensieri del proprio cuore perché tutto ciò che Dio vi fa nascere è buono. Dopo alquanto silenzio tuttavia Stefano domandò ad Atanasio: "Chi ti dà la forza per non fuggire nel deserto?" e Atanasio replicò dicendo: "Che cosa risponderebbe il Vescovo Stefano se gli rivolgessi la stessa domanda?" e aggiunse, forzandosi ad una sincerità di spirito che gli costò un terribile sforzo di volontà: "Ecco, l'anima di Atanasio è turbata perché egli è un uomo debole e non è degno di essere Patriarca, perdona, Vescovo Stefano, la debolezza del tuo Patriarca" e Stefano gli rispose: "Ecco, tu dici di essere turbato e mi hai fatto Vescovo di una terra deserta, tu salverai così l'anima tua e tra poco mi avrai dimenticato e io proseguirò il ministero che da te ho ricevuto con l'anima invasa dalla solitudine e la tua pace sarà la mia rovina".

E Atanasio gli rispose: "Non contendere con i disegni di Dio, non opporti alla sua volontà perché io sono strumento docile nelle sue mani" ma quando ebbe terminato di pronunciare queste parole rimase perplesso e dubbioso chiedendosi se e fino a che punto esse fossero vere, perché egli avvertiva dentro di sé un sentimento di doppiezza e temette che Stefano gli replicasse in modo diretto e gli impedisse qualsiasi via di fuga costringendolo a una risposta che egli non voleva dare, ma il Vescovo Stefano vide che Atanasio era turbato e più profondamente lo amò, leggendo nel suo turbamento un segno d’amore e, cercando di dare ad Atanasio la certezza che egli lo avrebbe seguito ed accettato fino al sacrificio di sé, disse: "Ho reso mite e umile l'anima mia come fanciullo divezzo in braccio a sua madre. Spera Israele nel Signore ora e sempre. Mio Dio, io ti ringrazio perché tutto ciò che Tu hai fatto è buono" e salutò il Patriarca Atanasio chinando il capo dinanzi a lui in segno di rispetto e quello rispose con identico gesto.

Ma ecco in quella medesima notte Atanasio vegliò sulla tomba di San Marco e pianse lacrime amare poiché egli aveva allontanato da sé il Presbitero Stefano e lo aveva unto Vescovo non per la gloria di Dio ma per la pace della sua anima e nessuno in quella notte gli avrebbe portato conforto perché Atanasio aveva rifiutato di portare la sua croce. Ma un’altra e più grave angoscia lo opprimeva poiché cominciava a comprendere che Stefano lo aveva amato fino al sacrificio, fino ad accettare la sua debolezza e a prenderla sopra di sé.

Ma ecco, l'Arcangelo Michele apparve ad Atanasio e gli disse: "All'uomo spettano i pensieri e l'opera di Dio resta nascosta. Colui che ti ha unto Patriarca conosce il segreto del tuo cuore e ha posto un segno sopra di te e tu hai consacrato Stefano Vescovo ed ecco egli ti chiama perché tu gli insegni le vie della santità perché c'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piangere e un tempo per rallegrarsi, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci, un tempo per tacere e un tempo per parlare, un tempo per la lotta e un tempo per la salvezza".

E in quella medesima notte il Vescovo Stefano vegliava viaggiando verso il deserto di Eliopoli e pregava dicendo: "Ho accettato di essere pastore di questa città per la pace dell'anima mia, chi dunque mi porterà conforto? Ecco, io che temevo la solitudine sono rimasto solo, io che avevo bisogno di una guida sono divenuto la guida, io che cercavo un pastore sono divenuto pastore".

Ed ecco, l'Arcangelo Michele apparve al Vescovo Stefano e così gli parlò: "Non si turbi l’anima tua né si sgomenti perché il Patriarca Atanasio non abbandonerà colui che egli ama e tempo verrà in cui Stefano veglierà ancora presso di lui nel chiostro di San Michele" e l'anima del Vescovo Stefano si rallegrò. Trascorse la notte e il giorno seguente e al mattino del secondo giorno egli giunse in vista della città.

In quell'anno nella regione di Eliopoli non era caduta una goccia di pioggia e i raccolti erano bruciati dal sole e si moltiplicavano gli scorpioni del deserto e le serpi dei campi e uscivano e avvelenavano i figli di quella città e nuvole di cavallette oscuravano il cielo e distruggevano l'erba e il livello del Nilo si era abbassato e gli abitanti della città si tagliavano i capelli e si vestivano di sacco e poiché il pascolo era divenuto salato macellavano i loro buoi e scannavano le loro pecore e dicevano: "Domani morremo e la nostra città sarà cancellata dalla faccia della terra".

E vennero dal Vescovo Stefano e gli dissero: "Nella città è rimasta la desolazione e le porte sono abbattute e in rovina e tu hai pregato Dio per noi ed egli non ti ha ascoltato ed ecco, Dio devasta la terra e la sconvolge, sei tu dunque la causa della nostra rovina".

E presero il Vescovo Stefano e lo condussero nel deserto e scavarono una buca e lo posero in essa così che ne rimanesse fuori solo la testa e riempirono la buca con la sabbia.

E già il sole bruciava la sua testa e il sudore grondava dal suo capo ed egli gridava: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Ora ecco, il Patriarca Atanasio aveva condotto in quei giorni una vita senza consolazione ed era afflitto perché aveva cercato di rifiutare la sua croce e aveva allontanato da sé colui che amava, giunto al fine alla risoluzione di recarsi ad Eliopoli, era partito da Alessandria in preda ad una terribile angoscia, aveva attraversato il deserto e aveva pregato lungo tutto il cammino ripetendo in cuor suo: "Concedimi o Dio di non fare scempio di colui che amo" e nel dire e ripetere quelle parole mentre era in viaggio provò una grande consolazione ed  ebbe la certezza che si sarebbe ricongiunto con colui che lo aveva amato ed essi insieme avrebbero potuto compiere più profondamente ciò che Dio richiedeva loro, perché ciò che era nato nel loro cuore era buono.

Venuto dunque in vista della città, notò molto popolo radunato e fattosi largo tra loro vide ciò che stava accadendo, e alcuni lo riconobbero e si fece subito un grande silenzio ed egli si accostò a Stefano che ormai delirava e ordinò loro di trarlo dalla buca ed essi lo tirarono fuori e gli dettero da bere.

E il Patriarca gridò contro gli uomini di Eliopoli dicendo: "Uomini malvagi e infedeli, gli abitanti di Ninive sorgeranno in giudizio contro di voi e vi condanneranno perché essi fecero penitenza per la predicazione di Giona mentre voi avete indurito il vostro cuore e la Regina del Mezzogiorno sorgerà in giudizio contro di voi e vi condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per udire la sapienza di Salomone, ma voi avete rifiutato la parola del Signore. Città di Eliopoli, tu sei stata esaltata fino al cielo ma se non farai penitenza sprofonderai nell'inferno e il paese di Sodoma nel giorno del giudizio sarà trattato meno duramente di te, perché se in Sodoma fossero avvenuti i prodigi che sono stati operati in te, ancora esisterebbe. E io vi dico, volgete il vostro cuore alla penitenza, perché la vita di un uomo si perde in un attimo ed è persa per sempre, se voi non vi asterrete dalle opere della violenza, molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli di questa città saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridore di denti. Non sapete voi che Cristo disse a Pietro che lo difendeva con la spada che tutti quelli che prenderanno la spada periranno di spada. Io vi ho mandato il Vescovo Stefano perché fosse la vostra guida e il vostro pastore ed egli visse tra voi per insegnare la sua dottrina e voi non lo avete accettato e siete venuti con spade e bastoni per ucciderlo come se fosse un malfattore. Uomini duri di cuore, non sapete che Dio trasforma le pietre in pane e fa fiorire i deserti, dove è la vostra fede? Non sapete voi che Dio fece piovere per quaranta giorni e quaranta notti e che egli aprì il Mar Rosso, ecco, il Signore farà rinverdire i vostri campi e allontanerà da questa terra lo scorpione e la cavalletta e il grano del Nilo sarà più abbondante del raccolto di Ninive e di Babilonia, quando voi vedrete tutto questo i vostri cuori si apriranno e allora crederete perché avrete veduto i segni di Dio, beati quelli che avranno creduto senza vedere alcun segno".

Ed essi pensarono nei loro cuori: "Vediamo se le parole di Atanasio sono veritiere" e desistettero dal loro proposito omicida e seguirono il Patriarca nella cattedrale per pregare Dio di mandare la pioggia e di salvare il suo popolo dalla morte.

E Atanasio disse a Stefano: "Il tuo popolo è infedele e il suo cuore è traviato, ma io ti renderò un popolo di giusti e non si udrà parlare di violenza nella tua terra e verranno a prostrarsi davanti a te i figli di coloro che ti umiliavano" e Stefano gli rispose: "Tu mi hai liberato dalle fauci dalla morte, insegnami, ti prego ad essere un buon pastore."

E il Patriarca Atanasio e il Vescovo Stefano e tutto il popolo di Eliopoli si trattennero in preghiera per due giorni e due notti, ma Satana entrò nel cuore degli abitanti della città e poiché essi non avevano veduto i segni di cui Atanasio aveva parlato, presero il Patriarca e lo sottoposero allo stesso supplizio al quale avevano condannato il Vescovo Stefano e legarono Stefano accanto al luogo del supplizio perché egli potesse vedere ogni cosa. E Atanasio gridò a Stefano: “Beato è colui che giunge a comprendere che tutto ciò che Dio fa nascere nel cuore di un uomo è buono perché nulla potrà turbare la sua pace. Non vi è morte per colui il cui cuore è accesso d’amore, perché chi fugge per timore non ama e cerca rifugio nelle braccia della morte ma chi si libera dalla paura ama e sente dentro di sé la perfezione della vita, ed ecco il Vescovo Stefano ha insegnato ad Atanasio le vie dell’amore ed Atanasio ha imparato ad essere strumento docile nelle mani di Dio e griderà finché avrà vita che l’amore e non il timore é la via della salvezza”  e Stefano gli rispose gridando: “Tu sei venuto a salvarmi dalle fauci della morte e a dare la vita per me e io so che nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per colui che egli ama”. E quanti erano in quel luogo non compresero in significato di ciò che Atanasio e Stefano avevano detto. Man mano che le sofferenze di Atanasio si facevano più crudeli Stefano comprendeva più profondamente quanto Atanasio lo avesse amato, e lo vide di ora in ora andare verso l’agonia e Atanasio resistette in quel tormento due giorni e due notti, ma all'ora nona del terzo giorno, gridando spirò.

Ed ecco il sole fu offuscato e il cielo si coprì di nubi, venne un vento freddo dal nord e un'acqua maggiore di quella del diluvio si abbatté sulla pianura, tanto che la sabbia non poteva assorbirla e gli uomini di Eliopoli dissero in cuor loro: "E' preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli, veramente costui era l'uomo di Dio".

Sciolsero quindi il Vescovo Stefano e questi li confortò e li rimandò alle loro case.

Mentre la pioggia cadeva fittissima il Vescovo Stefano tirò fuori dalla fossa il cadavere del Patriarca Atanasio e lo compose su un carro tirato da un asino e da solo si avviò sotto la pioggia lungo le piste del delta del Nilo e diceva in cuor suo: "Egli era veramente strumento docile nelle mani di Dio".

E camminò per due giorni e due notti e all'alba del terzo giorno, quando giunse in vista della città, la pioggia cessò e tutti quelli che videro il carro che conduceva il corpo del Patriarca dissero: "Il silenzio di quest'uomo non veniva dalla superbia.”

E il corpo di Atanasio venne composto a terra ai piedi dell'altare e gran folla di popolo pianse sopra di lui e il giorno seguente la veglia funebre il Vescovo Stefano fu consacrato Patriarca, sul suo capo venne posta la mitria di Atanasio e ricevette l'anello e la Croce di lui e sedette sul suo trono, salì quindi all'ambone e così parlò: "Vegliate per non cadere in tentazione, siate semplici come le colombe e prudenti come i serpenti, sia retta la vostra coscienza e puro il vostro cuore perché la via della salvezza consiste nel portare ogni ora, di giorno e di notte, la propria croce". E volle che Atanasio fosse sepolto nel chiostro di San Michele alla sinistra del Lettore Marco, e sulla sua tomba fu scritto: “Strumento docile nelle mani di Dio”.

E in quella stessa notte il Patriarca Stefano andò a vegliare presso la tomba di Atanasio, ed ecco egli vide venire verso il sepolcro un'ombra e quando fu presso di lui riconobbe la figura di Flavia e Flavia si inginocchiò presso la tomba di Atanasio e trascorsero così le ultime ore della notte. E così accadde anche la notte seguente e allo spuntare dell'alba Flavia così parlò al Patriarca: "Io so che tu sei mandato da Dio ad annunciare la buona novella ai poveri, a curare i contriti di cuore, a chiamare alla libertà i prigionieri, a dare gloria invece di cenere ai figli di questa città, olio di gioia invece di lutto, perché tu sei stato scelto per portare una croce pesante, dammi quindi la tua benedizione perché il mio cuore mi spinge alla città di Eliopoli perché la memoria del santissimo Patriarca Atanasio viva nel popolo e nel suo nome sia riedificato ciò che la carestia aveva distrutto".

E Stefano le rispose: "La mia anima ha bevuto la tua presenza e il mio cuore ne è stato ristorato senza turbamento, perché tu hai preso su di te parte del mio carico e hai condiviso la mia tribolazione ed ecco, Colui che ha posto la croce sulle mie spalle e mi ha unto Patriarca conosce il segreto del mio cuore e all'uomo non è dato ribellarsi al disegno di Dio, poiché noi siamo strumenti docili nelle sue mani, parti dunque con la mia benedizione".

Entrarono quindi in San Michele e, al termine dei sacri riti, Flavia si avviò verso Eliopoli e il Patriarca Stefano scese nelle vie di Alessandria per conoscere il popolo che Dio gli aveva affidato.   

 

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