Accostati o lettore con reverenza e rispetto,
rendi limpido il tuo occhio
e disponiti ad ascoltare con cuore puro quanto ti dirò,
perché infinite e misteriose sono le vie di Dio
e chi le ricerca con cuore sincero non mancherà alla meta.
Benedetto sia colui
che nelle mie parole
non troverà scandalo.
DIOSCORO ALESSANDRINO
LIBRO DELLA REGOLA
Questo
libro della Regola che il monaco può tenere fra le sue mani non è che
l'ombra della santa Regola spirituale.
In
questi fogli non si trovano precetti ma consigli perché ciascun monaco
possa più facilmente ritrovare la Regola spirituale nel profondo della
propria anima.
Quando
il monaco avrà ritrovato la Regola spirituale nel profondo della propria
anima getti via questo libro perché esso nulla potrebbe aggiungere a ciò
che vive nel profondo.
La
santa Regola è la regola dell'amore e il monaco vi si conforma con purezza
di cuore.
Il
monaco esiste solo nella misura in cui sceglie di non esistere, la via
dell'amore è la via dell'annullamento.
Sia
il monaco come un servo, guai al monaco le cui opere tendono a conquistare
l'amore e la comprensione di quelli che egli ama, perché egli lavora per
una mercede che non gli spetta.
Il
monaco non può rifugiarsi nella propria anima perché egli non ha più
un'anima, egli è uscito da se stesso.
Quando
il monaco ha compiuto un’azione conforme alla santa Regola si dimentichi
ciò che ha fatto e si ponga all'opera per compiere ciò che gli manca.
Non
vi è altra verità per il monaco che quella che allieta il suo prossimo. Il
monaco frenerà quindi la sua lingua e il suo silenzio sarà il suo modo di
servire.
Guai
al monaco che gioisce perché è distratto e sereno, piange perché crede di
essere triste, ama perché la sua anima lo spinge all'amore.
Guai
al monaco che si lasci andare all'austerità con quelli cui giova la
leggerezza, alla gioia fra quelli cui giova piangere, all'aridità fra
quelli cui giova essere amati.
La
santa Regola basta a guidare il monaco sulla via dell'amore: non chieda mai
il monaco il perché delle cose
che accadono, gli basti sapere che nulla accade in vano, ma se la
riflessione giova al suo servire, vegli la notte e cerchi con zelo e premura
ciò che gli manca; non domandi mai il monaco ciò che la sua anima desidera
sapere, gli basti accettare ciò che non comprende, ma se la conoscenza
giova al suo servire, non si dia pace finché non avrà ritrovato ciò che
gli manca.
Comprendere
non è un atto dell'intelletto ma un atto d'amore, ami il monaco tutto ciò
che non comprende e allora lo comprenderà.
Sia
il monaco come il seminatore, sparga un seme d'amore ovunque senta d'essere
chiamato e non attenda mai i frutti poiché essi non sono cosa sua. Parli
d'amore quando il suo cuore lo spingerà a parlare così, ma faccia
altrettanto quando sentirà dentro di sé l'aridità perché l'amore è il
dovere più grande.
Quando
il monaco è incerto rifletta e comprenderà quale sia la scelta conforme
alla santa Regola perché ciò che è conforme alla Regola produce buoni
frutti, ciò che è contro la Regola conduce alla rovina, ciò che è
secondo la Regola è un atto d'amore, ciò che è contro la Regola viene
dalla pigrizia e dall'amore di sé, interroghi allora il monaco il suo cuore
e nelle profondità del suo cuore comprenderà quale sia il contenuto della
santa Regola.
Nessuna
felicità e nessuna tristezza spetta al monaco se non come parte della
felicità o della tristezza di coloro che gli è dato di amare.
Non
c'è altra mercede né altra felicità che nell'amore senza possesso.
Non
osi il monaco pronunciare alcun giudizio né alcuna condanna perché queste
cose spettano solo a Dio che vede nel profondo, il monaco giudichi piuttosto
se stesso davanti al tribunale della santa Regola e comprenderà di non
avere amato abbastanza.
Il
monaco tema tutto ciò che potrà distoglierlo dal suo servire e da quelle
cose si tenga lontano, questo è il principio della scelta, il monaco
comprenderà quali cose temere
e quali ricercare secondo lo spirito della santa Regola interrogando il
profondo del suo cuore, l'errore è sempre perdonabile, ma guai al monaco
che tradisce la Regola comprendendo di tradirla, possa Dio avere pietà
della sua anima.
Nelle
mani del monaco è un grande potere, a lui compete di essere sereno perché
coloro che gli è concesso di amare possano essere sereni, quando il monaco
coglierà la serenità sul volto di coloro che gli è dato di amare non si
insuperbisca ma sappia che la soddisfazione del suo cuore è una
soddisfazione sovrabbondante che gli è concessa per grazia e non per
merito. La serenità del monaco viene dalla Regola perché la Regola
dell'amore rende lieto il servire anche quando dall'amore sembra non
derivare alcun frutto, perché spesso il cuore dell'uomo ama la
riservatezza.
Operi
il monaco sempre conformemente alla santa Regola, ma sappia che chi la
infrange per amore ne coglie l'essenza e chi la segue per timore la tradisce
nel profondo. Quando dunque il monaco è assalito dal timore lasci che
quelli che gli è dato di amare gli porgano la mano e lo conducano nella via
della santa Regola, ma se ciò non dovesse accadere, vinca il monaco la sua
ritrosia ed egli per primo tenda la mano.
Quando
il monaco avrà imparato a dominare i propri atti e le proprie parole sappia
che nulla ancora egli ha compiuto, perché l'amore è una Regola più
difficile che consiste nel morire e nel rinascere.
Guai
al monaco che non serve con letizia e partecipazione.
Guai
al monaco cui la santa Regola pesa come un macigno, egli non è degno di
essere servo.
Guai
al monaco che rifiuta di essere servo e stima il valore della sua anima
fuori della santa Regola.
Guai
al monaco che per amore di sé
lascia la santa Regola e torna nelle vie del mondo. Beato il monaco che per
amore di coloro che gli è dato di amare segue le vie del mondo perché egli
ha adempiuto la Regola nel più profondo del suo cuore e l'ha custodita nel
più alto dei suoi significati.
Guai
al monaco che presume di meritare ciò che gli è concesso solo per grazia.
Guai
al monaco che è esitante di fronte alla Regola, e dice: la mia anima è
incerta. Il monaco non ha anima, la sua anima è la Regola.
Guai
al monaco che presume di essere chiamato ad una scelta, sua unica eredità
non è la scelta ma l'obbedienza.
Guai
al monaco pigro che tenta di conciliare il suo servire con i desideri della
sua anima, egli non ha compreso che ciò che egli crede essere la sua anima
è un fantasma suscitato dal demonio.
Guai
al monaco che presume di essere un uomo giusto e di aver osservato la santa
Regola, Satana si nasconde nel suo cuore.
Guai
al monaco che presume di avere merito o diritto, questi concetti sono
generati dal demonio.
Guai
al monaco che dalla sua fedeltà alla Regola spera altro, egli non ha
compiuto il suo obbligo e già ha tradito la santa Regola.
Guai
al monaco che serve con solerzia ma vede dietro il suo servizio altro che
l'annullamento della sua anima.
La
santa Regola deve rimanere nascosta.
Guai
al monaco che dice davanti agli uomini: io seguo la santa Regola, egli l'ha
già tradita e si è fatto un merito che non ha.
La
santa Regola è fine e non strumento, essa non è un mantello sotto il quale
ci si ripara, non è un contratto per l'acquisto della santità, è
piuttosto il tormento dei falsi monaci che non la felicità dei monaci
fedeli, la sua osservanza non crea merito, quelli che non la osservano vanno
in rovina.
Impari
innanzitutto il monaco a parlare d'amore o a tacere, ma questo è ancora
poco, si proponga una meta più ardita e impari soltanto a parlare d'amore,
ma anche questo è ancora poco, impari allora il monaco ad amare, perché
questa è la via più difficile.
L'amore
è il dovere più difficile da compiere e la sua via è rischiarata dalla
volontà e non dal desiderio.
Il
monaco chini sempre il capo e accetti quanto Dio gli manda perché Egli non
fa nulla in vano.
Sia
il monaco il primo a dichiararsi debole e a chiedere aiuto, in questo non c'è
virtù di umiltà perché nel fare così egli non fa che cercare ciò di cui
ha veramente bisogno.
Se
il monaco sente nella sua anima il disamore e non vive profondamente la
santa Regola, ponga un macigno sulla porta della propria anima e la chiuda
come con una pietra sepolcrale pesantissima, perché nulla di ciò che egli
porta con sé possa nuocere a quelli che egli è chiamato ad amare. Muoia la
sua anima in quel sepolcro ed egli rinascerà uomo nuovo.
Sappia
comprendere il monaco in ogni creatura il limite della fragilità e del
dolore e la riconoscerà simile a sé e per questo l'amerà di più.
Il
monaco risponda sì ad ogni richiesta d'amore, ma lo faccia solo senza nulla
desiderare per se stesso.
Non
desideri il monaco per sé le anime di coloro che è chiamato ad amare poiché
le anime appartengono solo a Dio. Ami piuttosto il monaco quelle anime e così
facendo null'altro desidererà che compiere il proprio servizio.
Il
monaco non dovrà chiedere ascolto né lamentarsi, non dovrà fare parola a
nessuno di ciò che egli porta nel suo cuore, a meno che non si tratti di ciò
che può giovare.
La
delusione e il desiderio non hanno posto nell'anima del monaco che sa qual
è la via e la segue con volontà, ma se egli prova delusione o desiderio
sappia che anche questa è una via per essere messi alla prova, ma il fine
dell'essere messi alla prova non è l'essere migliori ma il servire meglio.
Si
fermi spesso il monaco a riflettere sui propri insuccessi poiché egli certo
non ha rispettato la santa Regola.
Non
si fermi mai il monaco a riflettere sui suoi successi perché così facendo
violerebbe la santa Regola, attribuisca piuttosto a sé tutto ciò che non
è ben riuscito e non si arroghi meriti che non ha.
La
durezza di cuore è il peggiore dei mali, colui che ha il cuore sensibile,
se sbaglia, corregge i propri errori e chiede perdono, colui che non sa
chiedere perdono non sa neppure perdonare.
Se
il cuore del monaco è triste perché egli non comprende il significato di
ciò che fa, esca da se stesso e si ritroverà.
La
pigrizia, lo scoraggiamento e la paura sono tre belve rintanate nel cuore
del monaco, incendi dunque il monaco il suo cuore e queste belve fuggiranno
via da lui.
Quando
il monaco si sentirà estraneo a coloro che gli è dato di amare esca da se
stesso e nasca una seconda volta.
Quando
il monaco sentirà nella sua carne e nello spirito la ribellione alla santa
Regola si fermi a riflettere sulla fragilità della sua vita e comprenderà
che è meglio attendere la morte in silenzio portando la propria croce
piuttosto che fuggire dinanzi alla santa Regola.
Il
monaco non parli mai di sé, se questo non giova, ma ascolti e risponda come
la sua coscienza gli detta.
Adempia
il monaco come può al suo dovere di amare e per ciò che gli mancherà si
affidi nelle mani di quelli che gli è dato di amare.
Non
giudichi mai il monaco del bene e del male che sono nella coscienza degli
uomini, ma quando egli dovrà decidere quale via sia secondo la santa Regola
esca da sé stesso ed entri nell'anima di colui cui il suo gesto è diretto.
Non
si senta mai il monaco diverso da quelli che gli è dato di amare ma se
questo accadesse esca da se stesso e scelga di morire per rinascere come
loro.
Non
dia mai il monaco altra ragione del suo operare se non la peggiore che la
sua coscienza saprà riconoscere e in ciò almeno non avrà commesso errore.
Guai
al monaco che spererà dalla santa Regola la sua salvezza, la vita del
monaco nulla vale e nulla vale il suo desiderio di salvarsi, perché coloro
che si perderanno si saranno salvati e coloro che crederanno di essersi
salvati si perderanno.
Preghi
il monaco che la sua vita sia piena d'amore e di altro non si curi.
Infinite
e misteriose sono le vie di Dio, non si chieda mai il monaco il perché del
suo destino perché questo è un atto di ribellione.
Sia
il monaco fedele anche contro se stesso, ami come sa e senza fuggire, se la
sua anima vorrà fuggire la inchiodi ad una roccia, domi la sua ribellione
che viene dal demonio, ma se ciò è troppo difficile strappi via da sé la
sua anima e accetti l'angoscia della obbedienza cieca, perché certo egli
non è ancora in grado di comprendere.
Non
è dato al monaco fuggire di fronte alla doppiezza della propria anima.
L'accetti come un dono di Dio e obbedisca fino in fondo alla santa Regola,
percorra la via dell'angoscia e della contraddizione e si ricordi che in
tutto ciò non c'è merito alcuno perché sta scritto: beati saranno quelli
cui sarà dato di avere un'anima semplice e ancora è scritto che a ciascuno
è data la sua croce.
Quando
il monaco ritroverà nella sua anima altre motivazioni del suo agire che non
sono secondo la santa Regola non si chieda se esse sono buone o cattive, gli
basti sapere che non sono conformi alla santa Regola.
Quando
il monaco si ferma a riflettere sulle proprie motivazioni sappia che
l'azione deve essere misurata sul metro di colui che la riceve, esca dunque
il monaco da se stesso e non dica mai "io penso" perché pensare
non è il suo compito e nell'atto stesso di pensare egli si è sottratto al
suo servire.
Se
il monaco avrà negato il suo sorriso a chi lo attendeva vada da colui che
egli ha deluso e stringa la sua mano chiedendo perdono. Se il monaco ha
negato una stretta di mano a chi l'attendeva, vada da colui che egli ha
deluso e lo abbracci chiedendo perdono. Se il monaco ha negato il suo
abbraccio a chi lo attendeva vada da colui che egli ha deluso e supplichi di
essere abbracciato e non si allontani finché non sarà stato perdonato.
La
disperazione è la tentazione più grave perché si nasconde nel profondo
del cuore, per colui che segue la via della disperazione si confondono le
vie della pace e della speranza.
La
via della disperazione conduce a ricordarsi del proprio essere e a chiedere
per sé la salvezza, conduce a temere per la propria anima, conduce ad amare
per essere amati, a non amare ciò che non si comprende, a rifiutare di
obbedire e a presumere di avere capacità di giudicare. Colui che agisce così
è lontano dalla santa Regola, abbia Dio pietà della sua anima.
La
disperazione è subdola e fraudolenta, si presenta sotto l'apparenza
dell'amore e della ragione.
Si
guardi il monaco dall'accusare chiunque della sua disperazione e avrà
compiuto un dovere di giustizia.
La
disperazione è una pianta che ha radici profonde, colui che ne strappa le
foglie o i rami o il fusto la vedrà rinascere più forte di prima, colui
che le avrà dato fuoco la vedrà risorgere dalle ceneri, colui che avrà
tentato di estirparla con tutte le sue forze, sappia che le sue radici sono
tenaci e numerose e non si glori mai d'averla distrutta.
La
disperazione assale il monaco alla sera di un giorno operoso quando egli si
chiede conto della sua fatica.
La
disperazione assale il monaco al termine di un'attesa infruttuosa quando
egli si chiede il senso della sua speranza.
La
disperazione assale il monaco fra coloro che gli è dato di amare quando
attende per sé una risposta.
La
disperazione assale il monaco quando egli, che pure cerca di annullare se
stesso, sente il peso della solitudine, quando non sa essere semplice,
quando crede che la giovinezza si viva una seconda volta, quando perde il
senso della sua fedeltà, quando un sorriso diviene un atto di volontà,
quando una parola accende nel suo cuore tante interpretazioni, quando non sa
comprendere la fragilità di coloro che gli è dato di amare e di essi ha
paura, quando confonde l'amore con il desiderio, la pace con il rifiuto
dell'angoscia, la speranza col sapersi dare una spiegazione.
Chini
il monaco il suo capo davanti alla disperazione e accetti la santa Regola
che insegna a vivere nella disperazione, perché la disperazione è la
speranza.
Qualsiasi
sia la ribellione che il monaco prova nella sua anima continui con tutte le
sue forze ad essere fedele alla Regola, annulli se stesso e si ricordi che
la speranza è oltre la disperazione e che coloro che rifiuteranno la
disperazione non incontreranno la speranza.
Comprenda
il monaco di essere solo un istante dell'eternità, di essere mezzo e non
fine, di vivere una vita che non gli appartiene.
La
disperazione assale il monaco quando egli sente di essere abbandonato, ma la
disperazione non viene dall'abbandono ma dal non essere capace di amare
abbastanza perché la sensazione di abbandono deriva dal desiderio che
impedisce al monaco di comprendere quanto gli è invece donato con
larghezza.
La
disperazione assale il monaco quando egli è deluso nelle sue attese, ma non
dalla delusione viene la disperazione ma dal non essere capace di amare
abbastanza perché nella delusione vi è un desiderio che oscura l'anima del
monaco e gli impedisce di capire quanto gli è invece donato con larghezza.
La
disperazione assale il monaco quando egli è accecato dal desiderio d'amore
e il suo desiderio gli impedisce di comprendere quanto profondamente egli
sia amato.
Quando
il monaco si sarà ribellato alla santa Regola non consideri mai definitiva
la sua ribellione perché colui che non si conforma alla Regola non ha
compreso bene ciò che è scritto nel suo cuore.
Il
monaco ribelle non cesserà di essere monaco ma continuerà la sua
obbedienza alla santa Regola nella misura in cui ciò gli sarà possibile.
Il
monaco non agisca d'istinto e soprattutto non agisca senza pensare al male
che può provocare a coloro che gli è dato di amare, ma se gli accadrà di
agire in modo impulsivo compatisca se stesso, chini il capo e riconosca di
non essere perfetto.
Quando
il monaco sentirà dentro di sé lo spirito della ribellione dia sfogo a ciò
che porta dentro la sua anima, se la sua ribellione è un atto d'amore egli
non farà che comprendere la santa Regola ad un livello più profondo, ma se
la sua ribellione è dovuta all'amore di sé prenda da se medesimo una
lezione di debolezza, chini il capo dinanzi a quelli che gli è dato di
amare e dica: servo inutile io sono.
La
santa Regola non è la regola della perfezione perché la ricerca della
perfezione non è un atto d'amore ma di superbia.
Guai
al monaco che cerca la perfezione e si compiace unicamente della ricerca
della virtù, perché egli ha scelto per sé un fine vano, ha rinnegato la
propria debolezza, ha posto davanti ai suoi occhi i fantasmi del suo
intelletto, ed ha amato le idee più che il suo prossimo. Il massimo dei
comandamenti non dice “sii perfetto e persegui ogni virtù”, dice invece
“ama Dio con tutto la tua anima e il tuo prossimo come te stesso”, e sta
anche scritto che “Nel regno di Dio i primi saranno gli ultimi e gli
ultimi i primi”.
La
massima punizione che la santa Regola prevede è la consapevolezza della
propria incapacità di amare, ma l'incapacità di amare non è mai
definitiva né stabile, colui che l'avverte sappia che questo è un sintomo
vitale e non un segno di sconfitta, si ponga dunque subito all'opera e non
si curi della propria incapacità.
Il
monaco non cerchi per sé nessuna virtù se non l'accettazione della propria
debolezza.
Quando
l’angustia e il senso di abbandono assaliranno il monaco e lo condurranno
a disperare e a chiudersi nelle sue malinconie, ricordi egli che il suo
dovere consiste nell’amare
coloro che gli è dato di amare, non perché essi sono la consolazione del
monaco ma perché essi devono essere amati, pecche, anch’essi, come il
monaco, sono creature disperse nel mare della vita cui nulla è più
necessario del percepire di essere amati.
L’amore
del monaco per coloro che gli è dato di amare non deve cercare alcun
contraccambio, perché quello che egli ha già ricevuto è sovrabbondante.
Quando accadrà al monaco di doversi allontanare da coloro che gli è dato
di amare e che lo hanno amato, non si rammarichi di perdere la sua
consolazione ma accetti il suo mettersi da parte come un atto d’amore
dovuto, continui ad amare anche quanti non sono più vicino a lui, non renda
mai gravoso un distacco ma ricordi sempre che se la presenza può mancare
l’amore non può venire meno.
Beato
colui che saprà diffondere un seme d’amore perché quell’amore crescerà
come una spiga e renderà il cento per uno, beato colui che sarà come la
buona terra e permetterà a quel seme di divenire spiga, perché a nulla
vale il buon seme se non cade in terra fertile e a nulla giova la buona
terra se in essa non è sparso il seme della gioia.
Non
sopravvaluti mai il monaco il suo travaglio e le sue ansie perché non vi è
limite alla sofferenza e al solo girare lo sguardo il monaco potrà
comprendere che le sue sofferenze sono ben misera cosa se poste a paragone
di quelle cui milioni di creature vanno incontro ogni giorno, non maledica
mai il monaco i suoi affanni, le sue sconfitte e i suoi dolori, perché essi
lo avvicinano a comprendere la vita di coloro che gli è dato di amare.
Ricordi
il monaco che la sua vita non gli appartiene e che per questo non gli è
permesso di distruggerla o di disprezzarla, volga la sua tristezza e il suo
scoraggiamento in consapevolezza e si sforzi di amare di più.
Se
il monaco non sarà capace di un amore senza possesso e senza desiderio ami
possessivamente e con desiderio perché è meglio amare in modo difettoso
che chiudersi nella propria aridità.
Si
ricordi il monaco che essere presenti è bene, ma meglio è essere presenti
ed amare, ma il monaco che avvertirà l'incapacità di amare si ricordi che
la presenza è migliore dell'assenza, la presenza può consentire di vivere
un amore difettoso, l'assenza, se non è essa stessa un atto d'amore, rende
impossibile amare.
Se
il monaco sentirà dentro di sé la ribellione al suo amare senza condizioni
e senza compromessi con la propria coscienza accetti le condizioni e i
compromessi e continui ad amare.
Se
il monaco non riuscirà ad amare senza desiderio di essere corrisposto
cerchi di essere corrisposto e continui ad amare.
Se
l'anima del monaco è inquieta e non ha pace nella sua ricerca d'amore non
cerchi mai la pace perché essa sarebbe il suo sepolcro, perché è meglio
l'angoscia dell'amore che la quiete derivante dal rifiutare di amare.
Se
il monaco avrà consumato il peggiore atto di ribellione contro la santa
Regola vada sereno a riposare e l'indomani si levi dal letto con la volontà
di ricominciare tutto da capo.
Se
il monaco avrà amato con profondità e senza desiderio per molti e molti
anni vada a riposare con l'angoscia nel cuore, perché nel levarsi dal letto
l'indomani potrebbe scoprire l'aridità del proprio cuore.
Non
si domandi mai il monaco dove sono diretti i suoi passi o che cosa lo
attende nel futuro, il monaco non ha futuro né progetti né finalità, il
suo tempo è il tempo presente perché per amare il passato non giova e il
futuro distoglie dall'oggi.
Ami
il monaco la libertà di coloro che gli è dato di amare, ponga rose sul
loro cammino, perché esso sia più semplice e più sereno.
Ricordi
il monaco che la sua vista è corta e più corta è la sua capacità di
comprendere, non proietti mai la propria esperienza sulla vita di coloro che
gli è dato di amare perché ogni vita è un mistero.
Non
chieda mai il monaco la prova d'essere amato perché questo è una mancanza
di fede.
Quando
il monaco si sente incapace di amare sappia che può almeno comportarsi come
se egli ardesse d'amore, perché già in questo c'è una volontà di amare.
Là
dove non c'è l'amore supplisca la tenerezza e il rispetto, rammenti il
monaco che amare è spesso un dovere difficile e non si meravigli di sentire
in sé la ribellione perché amare senza sofferenza significa amare solo
quando l'amore è un atto di desiderio. Tenti con tutte le sue forze il
monaco di amare contro la ribellione della propria anima e di fronte ad ogni
sconfitta riconosca la propria debolezza e si sforzi di ricominciare da
capo.
Quando
il monaco non saprà resistere al suo rifiuto e opererà violentemente
contro se stesso e contro coloro che gli è dato di amare respingendo
l'obbedienza alla santa Regola, lo faccia con rispetto di ciò che non sa
comprendere e nel negare il suo amore adduca sempre a motivo la propria
debolezza, anche nel rifiuto e nella disobbedienza alla Regola rammenti il
monaco che la creatura umana è fragile e che egli stesso è fragile e a
nulla giova aggiungere altro male a quello che già si commette non amando.
Quando
il monaco sentirà la felicità vibrare nel suo petto e giungerà ad amare
con profondità e partecipazione non tema che gli sia tolta la sua
consolazione perché non è la sua felicità ad avere un valore ma la
realizzazione di un amore più grande di cui egli è parte e non fine.
Quando
il monaco esulta e vede la terra fiorire sotto i suoi piedi dica nel suo
cuore: "oggi sono felice" e renda grazie di ciò che gli è
concesso e più non si fermi a riflettere ma subito si rimetta al lavoro.
Quando
il monaco esulta e comprende di essere amato sappia che la felicità è la
consapevolezza dell'amore, da questo solo deriverà la sua forza e l'amore
porrà dentro il suo cuore radici profonde.
Rammenti
il monaco che la vita si conclude nella morte e la felicità nella
tristezza, la comunicazione nella solitudine, gioisca di ciò che gli è
concesso e pensi che egli partecipa di una gioia che non gli appartiene.
Non
chieda mai il monaco per sé la gioia o la letizia, queste cose non gli
appartengono, si rallegri quando ciò gli sarà concesso, ma non sia triste
quando nel suo cuore non c'è né gioia né letizia, perché sua unica
eredità è l'obbedienza.
La
gioia del monaco consiste nell'accettare di obbedire con gioia.
Impari
il monaco a sorridere anche quando ha l'angoscia nel cuore, ma faccia in
modo che nel suo sorriso non ci sia falsità o idea di merito, nessuna altra
ragione c'è nel servire se non il fatto che servire è secondo la santa
Regola che è la Regola dell'amore.
Ricordi
il monaco che quando il suo cuore lo conduce lontano dalla santa Regola egli
deve seguire la Regola e non il suo cuore perché la santa Regola è la
Regola dell'amore e sovente il cuore si lascia condurre lontano dall'amore,
alla ricerca di sé, alla ricerca di una salvezza o di una speranza che non
giova ma inganna, non c'è altra salvezza che nel seguire la Regola, se il
monaco si sarà abbandonato alle speranze del suo cuore non si senta mai
deluso perché nulla gli è stato tolto e nulla in fondo gli è mai stato
promesso, rammenti che amare è il suo compito e cominci ad amare senza
condizioni e senza esitare.
Si
affidi il monaco totalmente nelle mani di coloro che gli è dato di amare,
sappia stare vicino a loro con amore quando essi desiderano la sua presenza
e sappia stare lontano da loro con amore quando essi non hanno bisogno di
lui, perché il monaco non è al servizio di sé ma di coloro che gli è
dato di amare.
Non
individui mai il monaco coloro che gli è dato di amare secondo il loro modo
di corrispondere al suo affetto, né secondo la loro gradevolezza o secondo
le affinità, questi criteri vengono dalla ricerca di sé e non dalla santa
Regola.
Due
soli criteri soccorreranno il monaco in primo luogo egli amerà coloro che
avranno desiderato di essere amati da lui, quindi coloro cui il suo amore
giova di più.
Non
è dato al monaco disconoscere quelli che gli è concesso di amare, né
abbandonarli per nessuna causa, salvo che ciò per essi non sia la cosa
migliore. La Regola dell'amore non ammette errori né ripensamenti, perché
essa non comporta scelte ma solo accettazione, essa non crea diritti ma
obbliga a servire. Tuttavia nessuno troverà condanna nelle parole della
Regola perché la via della Regola è una via molto aspra e difficile.
Quando
il monaco sentirà dentro di sé il conflitto tra l'amore e il desiderio, o
tra l'amore e la spontaneità, o tra l'amore e la ricerca di sé, scelga
l'amore perché il desiderio conduce a cercare ciò che non esiste, la
spontaneità conduce alla ricerca di una risposta e l'amore di sé conduce
lontano dalla santa Regola.
Quando
il monaco si sentirà abbattuto e stanco, senza desideri e incapace di
amare, si faccia forza e ponga la massima attenzione a coloro che gli è
dato di amare, se essi cercheranno la sua presenza corra da loro senza
indugiare e chiuda nel suo cuore la perplessità e lo scoraggiamento, se
essi non cercheranno la sua presenza sappia mettersi da parte e servire se
giova con una presenza discreta e fedele, ma se giova ancora di più sappia
sparire perché questo può essere la massima forma d'amore.
Il
monaco potrà sentirsi amato ed essere felice più di tutti gli uomini della
terra, egli potrà avere i piedi sulla terra e il capo nel paradiso, potrà
avere il cuore colmo di felicità, ma in tutte queste cose rammenti che la
sua fedeltà a coloro che lo amano deve essere assoluta e totale ed egli
dovrà sforzarsi in ogni attimo della sua felicità di dimenticarsi di sé e
di ricordarsi di coloro che hanno scelto di amarlo.
Non
desideri mai il monaco l'anima di coloro che gli è dato di amare, ma se
essi gli doneranno la loro anima cerchi di essere degno del dono altissimo
che ha ricevuto e si ricordi che gli è dato ricevere quel dono al fine di
un bene più grande perché le anime appartengono a Dio soltanto.
Nella
felicità non dimentichi mai il monaco che colui che ama non cerca la
propria felicità, egli sia quindi felice solo se la sua felicità coincide
con la felicità di coloro che gli è dato di amare, e se così non fosse
scelga la strada dell'amore piuttosto che quella della felicità e
la felicità di coloro che gli è dato di amare piuttosto che la
propria.
Ricordi
il monaco che la fedeltà è un dovere e la fedeltà verso coloro che ci
hanno donato il loro amore è il più sacro dei doveri, sia dunque il monaco
uomo della felicità finché questo sarà un atto d'amore, e in ogni caso
non receda dal suo dovere di amare con fedeltà, si sforzi di rendere il suo
amore semplice e senza difetto, cerchi con l'impegno fervente di tutta la
sua anima e di tutte le sue forze e di tutto il suo essere di non deludere
coloro che gli hanno donato il loro amore, perché se amare è difficile,
corrispondere all'amore è difficilissimo e richiede l'impegno totale della
vita, dimentichi dunque il monaco che la notte segue al giorno, dimentichi
ogni suo dovere, finanche il più sacro, ma si ricordi prima di ogni altra
cosa di corrispondere all'amore con l'amore, al dono dell'anima con la
propria anima, senza riserve e senza esitazioni. Beati quelli che avranno
saputo rispondere senza tentennamento.
Non
ecceda mai il monaco rispetto a ciò che la Regola comanda, non si lasci
guidare né dall'intuizione né dalla sua presunta capacità di comprendere
e ricordi che sempre e soltanto dal punto di vista di colui che riceve un
atto d'amore tale atto deve essere giudicato, si sforzi quindi il monaco di
uscire da se stesso e di identificarsi con quelli che gli è dato di amare e
si renderà conto che la Regola è la misura di prudenza oltre la quale
l'amore diviene aggressione e conquista.
Sia
il monaco perseverante nel servire e prodigo di quanto gli viene richiesto,
impari prima di ogni altra cosa il senso del rispetto e della misura e si
ricordi che la fragilità di una creatura ne rende infinito il valore.
Quando
il monaco avrà perduto la speranza conservi almeno la fede in coloro che
gli è dato di amare perché la sua speranza è riposta nelle loro mani come
in uno scrigno sicuro ed essi la conserveranno per non farla morire.
Non
abbia mai il monaco fiducia in sé medesimo e non cerchi in sé la ragione
della sua forza, perché solo in coloro che gli è dato di amare egli potrà
riconoscere il vero motivo della sua vita.
Riconosca
il monaco l'esitazione di coloro che gli è concesso di amare e da quella
esitazione comprenderà quanto è amato, risponda a quell'esitazione con una
certezza anche se egli non ha dentro di sé alcuna certezza e quella
certezza diventerà la ragione stessa della sua vita.
La
luce del monaco risiede nel cuore di coloro che gli è dato di amare, non si
affatichi dunque il monaco a cercare la sua luce dentro di sé perché la
luce della sua anima è fuori della sua anima, esca quindi da se stesso e
cerchi la sua luce nell'anima di coloro che gli è dato di amare.
Accetti
il monaco di essere amato perché questa è una altissima forma d'amore, non
opponga mai resistenza, non proponga mai modelli né domandi spiegazioni,
accetti di darsi completamente e senza condizioni, e comprenda che non è
capace di amare colui che non accetta di essere amato.
Guai
al monaco che resiste all'amore perché in ciò stesso egli si condanna ad
una vita senza significato, egli è come colui che in mezzo al deserto
rifiuta l'acqua del refrigerio.
Sia il monaco paziente in ogni circostanza, chini il capo e riconosca che i giorni della sua vita non contano nulla e a nulla vale cercare di riempirli d'altro che d'amore e vi è più amore nell'attesa paziente che nel desiderio
Quando
il monaco vedrà il suo orizzonte oscurarsi e la tenebra invadere il suo
cuore sappia che per chi sa attendere giungerà un'altra alba, in quell'alba
si affretti a seminare una speranza perché un'altra notte seguirà, ma per
quelli che hanno una speranza la notte è più breve.
Confidi
il monaco nel silenzio di quelli che gli è concesso di amare e sia la sua
fiducia più forte di qualunque evidenza, non tenti di scrutare i segreti
dei cuori, gli basti invece la sua speranza.
Nelle
parole di coloro che gli è concesso di amare ricerchi il monaco prima di
ogni cosa un segno d'amore, sappia vederlo anche dove esso è debole e lasci
che metta radici nel suo cuore, ma se troverà in quelle parole un segno di
freddezza e di disaffezione non abbia timore, la sua fede vinca il suo
timore, lasci al giorno che passa la fugacità delle impressioni e conservi
per il futuro la sua certezza.
Impari
il monaco a servire con gioia e questa sarà la sua gioia.
Impari
il monaco a servire con affetto e rispetto e questa sarà la sua gioia.
Impari
il monaco a confidare nella Regola e in coloro che gli è dato di amare
piuttosto che in se stesso e nella propria intelligenza perché questa sarà
la sua gioia.
Il
monaco non abbia mai fretta di costruire e soprattutto non abbia mai fretta
di demolire, perché la volontà di costruire in fretta è segno di
desiderio e non d'amore ma la volontà di distruggere in fretta è segno di
incomprensione profonda e cela il senso della sconfitta e del rifiuto.
Quando
il monaco è agitato da interrogativi cui non sa dare risposta e cerca in
vano di dare ordine ai suoi pensieri vada piuttosto a riposare e si levi al
mattino con l'intento di pensare di meno e di amare di più, da coloro che
gli è dato di amare e non da se stesso riceverà il suo sollievo, ma non lo
cerchi nelle loro parole ove pure potrebbe trovarlo, ma solo nella loro
felicità che è l'unico valore.
Valorizzi
sempre il monaco le ragioni dell'amore e della speranza e dimentichi quelle
del disamore e della sfiducia perché per amare ogni ragione è buona e
nessun motivo potrà mai giustificare il rifiuto e il disamore.
Di
fronte alla gioia il monaco partecipi alla gioia, di fronte alla tristezza
partecipi alla tristezza, se non ritroverà nel suo cuore una consonanza di
sentimenti esca da se stesso e troverà la capacità di vivere la sua
partecipazione.
Non
si affanni il monaco a parlare né a discutere cercando di fare prevalere ciò
che ai suoi occhi appare la scelta migliore, rispetti piuttosto tutto ciò
che non è suo, si sforzi di comprenderlo e di entrarvi con tutta la propria
anima, perché sforzarsi di comprendere è un atto d'amore, quando il monaco
non saprà che cosa dire resti in silenzio e mantenga la sua fedeltà, il
destino di coloro che gli è dato di amare non è nelle sue mani ma nelle
mani di Dio il cui disegno è imperscrutabile, basti al monaco sapere che
Dio non opera mai in vano, ciò che il monaco non comprende sia dunque
oggetto di un atto di fede.
Non
creda mai il monaco che il bene e il male siano nelle sue mani o che gli sia
concesso di rendere felice colui che è afflitto, suo compito è servire con
amore e fedeltà, non mutare l'amarezza in gioia o il pianto in
consolazione.
Non
ardisca mai il monaco credere di comprendere ciò che non si può
comprendere o credere di dare certezze a chi non le ritrova da se stesso,
non faccia mai il monaco domande e non esiga risposte, perché le parole
obbligano chi le pronuncia ed è un atto doveroso di rispetto accettare il
silenzio di colui che non risponde.
Muti
il monaco il suo volto da istante a istante secondo ciò che sarà migliore
senza che in ciò vi sia falsità e non cerchi la propria gratificazione al
di fuori di quello che gli sarà concesso.
Il
monaco esca da sé prontamente e senza esitare ma questo uscire da sé sia
un atto d'amore e non di superbia.
Non
ardisca il monaco credere di essere guida o riferimento di coloro che gli è
dato di amare né di essere per essi in alcun modo necessario.
Riconosca
il monaco che come la sua speranza è posta nelle mani di coloro che gli è
dato di amare così la speranza di coloro che gli è dato di amare è posta
nelle sue mani, la custodisca dunque come in uno scrigno sicuro per non
farla morire e l'alimenti di tutto se stesso.
Confidi
il monaco in coloro che gli è dato di amare perché essi saranno per lui
l'unica ancora di salvezza, non si attenda da loro nulla come dovuto, ma
abbia fiducia nella loro capacità di amare, perché non confidare
nell'amore di coloro che è concesso al monaco di amare è atto di superbia
di chi cerca in sé la propria motivazione e non sa che la sua luce è
altrove.
Quando
il monaco vedrà che altri uomini conducono diversamente la loro vita e
diversamente giudicano sappia che nella diversità delle loro azioni e della
loro vita essi seguono la santa Regola che non è mai la medesima per tutti
né è immutabile nel tempo perché a ciascuno è data la sua legge e ad
ogni giorno basta la sua pena, non resti mai il monaco sconcertato da ciò
che non comprende e rammenti che al di là di ogni diversità c'è una unità
più profonda, che l'amore è al di là del rifiuto, che la comprensione è
al di là delle parole.
Quando
il monaco comprenderà che un altro uomo secondo la propria Regola si sforza
di amare e in quella Regola il monaco non
ritroverà se stesso sappia che quella Regola non è meno santa ma
appare solo diversa a colui che non comprende che essa è una Regola
d'amore, si sforzi dunque il monaco di farla propria e di accettare quanto
gli pare giusto perché la sua capacità di amare sia sempre maggiore.
Obbedisca
il monaco e sia fedele a coloro che gli è dato di amare, non si allontani
mai da loro, e finché ciò possa essere loro di giovamento, sia come la
loro ombra.
Rammenti
il monaco che la fedeltà e la dedizione permettono all'amore di porre
radici profonde, beato colui che resterà fedele e servirà con dedizione
coloro che gli è dato di amare.
Talora
accadrà al monaco di non trovare risposta, di sentire nelle parole che gli
vengono rivolte il senso della disillusione e dell'indifferenza, talora avrà
l'impressione che coloro che gli è dato di amare non ripongano più in lui
la loro fiducia o che non lo ascoltino o lo tengano al margine dalla loro
vita, rammenti allora il monaco che colui che ama veramente non pensa, non
attende, non desidera, non si ricorda di se stesso e non si rammarica che
per la propria debolezza e per la tristezza di coloro che gli è dato di
amare e in ogni istante non cessa di servire con amore e fedeltà.
Quando
il monaco percepisce dentro di sé il fermento del disamore, il senso della
freddezza e dell'indifferenza, non si fermi a scrivere di queste cose per
non rendere stabili e duraturi i vizi della propria anima, tenti in ogni
modo di uscire da se stesso e se anche questo gli sarà difficile cerchi
comunque e con tutte le sue forze di soffocare dentro di sé i propri
sentimenti, perché l'amore più viziato e più distorto è comunque amore
ma l'aridità ha il senso dell'indifferenza e del vuoto, guai al monaco
nelle cui parole e nei cui gesti e soprattutto nelle cui omissioni si troverà
traccia di aridità o di rifiuto perché egli sta dissipando la ricchezza
della sua vita e sta seminando la morte nei cuori di coloro che gli è dato
di amare, si ravveda dunque di fronte alla sua debolezza, chiuda dentro di sé
la propria amarezza e la propria incapacità di amare e cerchi in ogni modo
di non spargere il proprio veleno.
Rammenti
sempre il monaco che su un solo punto egli sarà giudicato, nell'ultimo
giorno egli sarà chiamato a rispondere solo dell'amore.
Guai
al monaco che cerca in coloro che gli è dato di amare un pretesto per
poterli odiare o per potere giustificare la propria infedeltà e la propria
indifferenza, guai al monaco ipocrita che non si sforza di amare con tutto
se stesso e invoca l'assenza di una corrispondenza come motivo a
giustificazione della propria aridità.
Guai
al monaco che non governa la propria anima e non la riconduce alla
obbedienza alla Regola, egli non cerca la propria libertà ma la propria
rovina.
Non
si fermi mai il monaco a riflettere sulla propria amarezza, gli basti la
fiducia nel futuro e la certezza che viene dalla Regola, si fermi invece a
riflettere sulla tristezza di coloro che gli è dato di amare e si domandi
se essa non dipenda anche da lui, si ponga quindi per quanto è in lui col
massimo impegno a rimuovere le cause di quella tristezza, qualsiasi sia la
sua immediata reazione, esca da se stesso e si ritroverà capace di amare.
Il
senso dell'amore è nell'amore, guai al monaco che avrà un altro fine o non
ne troverà alcuno, egli si è condannato non solo a vivere una vita di
solitudine, ma una vita senza pace. Il senso della fedeltà è nell'amore,
guai al monaco che esita e cerca conferme perché la fedeltà è anch'essa
una forma d'amore.
Guai
al monaco che crede di bastare a se stesso e si allontana dalla fedeltà e
dall'amore, egli ha perso il senso della propria vita.
Sia
il monaco fedele nell'amore anche contro se stesso, perché colui che non è
fedele è come colui che posta mano all'aratro si volge a guardare indietro
perché non è capace di servire se non quando ha dentro di sé l'entusiasmo
del neofita, beato colui che sarà perseverante e accetterà di servire con
amore fino a distruggere se stesso, perché egli sarà capace di uscire da
se stesso e si ritroverà capace di amare.
Beato
colui che domina i pensieri del suo cuore e in tutto si conforma alla
Regola, egli non conoscerà dubbio né incertezza e i suoi passi saranno
condotti sulla via dell'amore, se non gli sarà concesso di vedere i frutti
del suo servire gli basti la certezza di avere amato.
Guai
al monaco che indaga il comportamento altrui per cercare i motivi del
proprio disamore e della propria ribellione alla Regola, guai al monaco che
si compiange o che valuta il suo servire come cosa preziosa, guai al monaco
che, accecato dalla freddezza del proprio cuore, tenta di attribuire la sua
infedeltà ad altro che alla sua debolezza, guai al monaco che non respinge
la tentazione della ribellione e anzi di essa si compiace come se fosse un
modo per salvare la propria anima, guai al monaco che si abbandona a
pensieri di solitudine, guai al monaco che medita l'abbandono come mezzo per
salvare se stesso, guai al monaco che misura la sua dedizione e pesa le
parole di coloro che gli è dato di amare, guai al monaco che fa del proprio
amore un oggetto di scambio, guai al monaco che resta in silenzio quando
dovrebbe parlare, guai al monaco che parla quando dovrebbe restare
silenzioso, guai al monaco le cui parole non sono un atto d'amore, guai al
monaco il cui silenzio non è un atto d'amore, guai al monaco che frena il
suo slancio o misura il suo impegno, guai al monaco che quando è stanco o
sfiduciato presume di trovare il suo riposo in altro che nel continuare ad
amare contro ogni evidenza.
Rammenti
il monaco che la debolezza si cela spesso sotto le vesti dell'aggressività
e l'amore si cela sotto le vesti della riservatezza e del silenzio, che
spesso l'amore esiste anche quando mancano le parole e che un momento di
amarezza non è una mancanza d'amore. Rammenti il monaco che
servire è il suo compito e che a lui non spetta creare i presupposti
della gioia di coloro che gli è dato di amare perché questo non è in suo
potere, al monaco spetta solo servire senza comprendere e amare con fedeltà
e impegno. Dove l'amore viene meno subentri la volontà che è un impegno
d'amore.
La
vita del monaco è intessuta di attese, ma guai al monaco che attende
qualcosa per sé oltre ciò che gli sarà concesso per grazia, sia sempre la
sua attesa un doveroso atto d'amore. Attendere è il primo atto di
comprensione e di fiducia.
Guai
al monaco che ha scelto di ragionare d'altro che d'amore e di fedeltà, egli
crede di avere operato una scelta, ma la sua falsa scelta non è che un
tradimento, se il tradimento è un atto grave di debolezza, peggiore è
premeditare il tradimento e farsi vanto della propria incapacità di amare,
godendo dei pensieri di odio e di abbandono, covando il senso della vendetta
e meditando pensieri di morte. Guai al monaco che si tratterrà a riflettere
su altro che non sia il modo migliore di servire. Beato colui che
nell'angustia soffoca se stesso e con maggiore zelo si pone all'opera per
costruire un amore più grande.
Quando
l'idea di abbandonare coloro che gli è dato di amare e di distinguere dal
loro il suo destino si fa strada nell'anima del monaco, non esiti egli ad
agire con ogni mezzo contro la propria anima e la riconduca alla Regola
perché giova più una correzione spietata del proprio errore che
l'abbandonarsi alla meditazione di un destino di morte. Non si affatichi il
monaco a fuggire altre tentazioni che quella unica che può condurlo alla
rovina e sappia che resistere alla Regola dell'amore, rifiutare di servire
con solerzia e con gioia, negare anche una parte minima di sé a coloro che
gli è dato di amare è per il monaco la colpa più grave, l'unica colpa che
può avviarlo su un sentiero di rovina, l'unica colpa della quale gli sarà
domandato conto nel giorno del giudizio.
Vesta
il monaco l'abito della gioia quando sarà chiamato a incontrare coloro che
gli è dato di amare, offra ciò che ha di più prezioso, accenda dentro di
sé l'entusiasmo dell'amore, non resista in nessun modo all'entusiasmo che
ritrova in sé, cerchi anzi di migliorarsi e di essere fedele nell'amore e
sereno nella sua fiducia nel futuro, sia il monaco un portatore di gioia e
un annunciatore di letizia, allontani la tenebra se essa avvolge il suo
cuore e agisca da uomo libero perché così facendo egli si riscoprirà
capace di amare.
Rammenti
il monaco che in ogni giorno si può incontrare la morte ma ogni giorno si
può spargere un seme di vita, guai al monaco che si rinchiude nella
solitudine della sua disperazione e nasconde sotto i buoni sentimenti l'odio
o il disamore. La doppiezza è un male che si insinua nel cuore del monaco e
lo conduce all'ipocrisia, all'incapacità di giudicarsi e di migliorarsi,
sia il monaco capace della verità con la dolcezza dell'amore, qualunque
cosa egli dica o faccia mantenga innanzitutto il rispetto che è la misura
minima dell'amore.
Quando
il monaco avvertirà di non essere stato perdonato per i suoi errori non
covi risentimento e avversione per colui che non lo ha perdonato, pensi
comunque che egli non è stato perdonato per una mancanza che pure ha
commesso e che con quella mancanza
egli
ha anche provocato nell'altro l'angoscia dell'incapacità di perdonare.
Accetti dunque il monaco la condanna pronunciata contro di lui perché essa
è giusta e maggiormente ami colui che non lo ha perdonato perché lo ha
ferito due volte, si sforzi anzi di amarlo di più perché il suo errore
possa essere dimenticato e l'altro ritrovi la gioia dell'amore senza
risentimento.
Quando
il monaco dovrà incontrare coloro che gli è dato di amare si affatichi a
cercare dentro di sé il meglio di se stesso, ma quando ciò gli sembrerà
difficile non si arrovelli a cercare compromessi con la propria coscienza e
meno ancora a costruire ragionamenti e discorsi ambigui perché tutto ciò
è un segno di falsità e di ipocrisia, là dove l'amore si mescola ad altri
sentimenti esso perde la sua genuinità e si avvelena, si sforzi dunque il
monaco, quando non trova in sé motivazioni sufficienti, di sperare con
fiducia di essere illuminato, smetta di ragionare ed abbia la forza di
resistere alla parte peggiore della propria anima e quando sarà venuto il
tempo ritroverà il senso dell'amore.
Gioisca
il monaco della sua fedeltà ma non desideri di essere amato per la sua
fedeltà che non è un merito ma un dovere.
Si
allieti il cuore del monaco quando troverà anche il minimo segno di
corrispondenza, ma in ogni caso non la ricerchi e non la desideri,
dimentichi subito il monaco le incomprensioni di cui crede di essere stato
oggetto perché certo egli le ha sopravvalutate e si domandi se esse non
dipendano piuttosto da lui e dal suo sconsiderato modo di agire.
Il
monaco ceda sempre il passo a
coloro che gli è dato di amare, impari a tacere e a comprendere prima che a
desiderare di essere compreso perché è scritto: colui che molto ama si fa
servo di colui che egli ama.
Rammenti
il monaco che nulla è nelle sue mani ma tutto è nelle mani di Dio, si
abbandoni totalmente alla Regola e non tenti di comprendere o di prevedere,
non speri null'altro che la capacità di obbedire alla Regola anche quando
essa lo conduce lontano da se stesso.
Guai
al monaco che promette fedeltà e non mantiene la sua promessa, non solo
egli ha cessato di amare ma ha ingannato coloro che gli è dato di amare
inducendo in loro una falsa speranza.
Il
monaco non giudichi mai disumano lo sforzo che la Regola gli richiede ma
quando ciò accadrà si sforzi di essere padrone di se stesso e di non
abbandonarsi alla debolezza della sua anima, ma comprenda che la via
dell'amore è difficile non nell'astrattezza delle parole ma nella
concretezza della vita vissuta, il monaco dunque non si compiaccia della
parola della Regola se non ne ha compreso profondamente lo spirito.
Ricordi
sempre il monaco che la Regola è scritta nel suo cuore, allontani dunque
dal suo cuore tutto ciò che lo rende pesante e sarà più vicino a
comprendere lo spirito della Regola.
Ricordi
il monaco che la Regola dell'amore deve identificarsi con la stessa vita in
ogni suo momento e che la Regola indica una strada difficile, quando dunque
il monaco starà per smarrirsi ricordi che la via dell'amore richiede la
distruzione e l'annullamento di sé e non si ribelli alla propria sofferenza
ma l'accetti come dovere e la viva con letizia
come colui che dalla morte aspetta una vita nuova.
Beato
colui che avrà chinato la testa e avrà accettato di soffrire in silenzio
perché la sua ribellione sarà chiusa dentro la sua anima e non potrà
testimoniare contro di lui nel giorno del giudizio.
Rammenti
il monaco che essere servo di colui che si ama non è nè umiliante nè
faticoso, colui che servendo prova umiliazione o fatica non ha compreso che
cosa significhi amare.
Sia
il monaco fedele nell'amore, coltivi il suo entusiasmo con dedizione
costante, partecipi con gioia alla vita di coloro che gli è dato di amare e
non tema di essere importuno perché non ottiene risposta o la ottiene
parzialmente, rammenti che la risposta è spesso molto difficile e dove
mancano le parole l'affetto può essere più profondo e più sofferto.
Ricordi
sempre il monaco che la sua unica eredità consiste nell'accettare di
servire e di amare senza possesso, non consideri mai la sua solitudine come
un peso perché colui che è solo può spendere se stesso senza remore e
senza riserve.
Non
tema il monaco la solitudine poiché essa non è una privazione, nè una
mancanza, né un merito, né una sofferenza, è piuttosto una moneta da
spendere per l'acquisto della serenità di coloro che ci è dato di amare,
non ami il monaco la solitudine come se egli fosse destinato alla solitudine
o ne avesse fatto oggetto di scelta, l'accetti e la viva con gioia quando
essa coincide con la via segnata dalla Regola, ma sappia abbandonarla senza
alcuna esitazione quando la Regola lo condurrà per altre vie. Non la
solitudine né la sua negazione sono valori, solo la Regola condurrà i
passi del monaco sulla via della pace.
Ricordi
il monaco che la speranza consiste non nello sperare ma nel fare nascere la
speranza, la felicità consiste non nell'essere felici ma nel fare nascere
la felicità, l'amore consiste non nell'essere amati ma nell'amare.
Rifletta
il monaco sulla brevità della sua vita, ma non si chieda cose che il suo
intelletto non può comprendere, si fermi invece a domandarsi quale sia
l'uso migliore del tempo che gli è concesso, ma non sottragga mai tempo al
suo servire per attardarsi nella meditazione perché servire e non meditare
è il suo unico compito.
Né
la morte né la fragilità saranno per il monaco oggetto di meditazione se
non al fine di rendere migliore la vita di coloro che gli è dato di amare.
Il
mondo delle creature è fragile, e breve è la vita, sappia dunque il monaco
dedicarsi a ciò che più giova a coloro che gli è dato di amare, perché
la loro consolazione sarà la sua consolazione, perché, fra creature deboli
e mortali, solo l'amore ha un valore perché esso rende piena e felice quella debolezza e quella
mortalità.
Non
passi un giorno senza che il monaco abbia tentato con tutte le sue forze di
uscire da se stesso, perché altrimenti egli avrebbe perduto la sua giornata
e il patrimonio dei suoi giorni è limitato.
Non
abbia il monaco l'ossessione della morte, perché colui che tenta di
riempire d'amore la sua vita compie un'opera che la morte non potrà
distruggere e semina nei cuori di coloro che gli è dato di amare una pianta
di cui egli non vedrà i
frutti, gli basti dunque la certezza che il suo amore non si estinguerà con
lui ma potrà rendere migliore la vita di coloro che egli ama.
Accetti
il monaco la propria debolezza e parli di essa e dei suoi timori senza
esitazione e senza vergogna ma quando la sua debolezza potrà creare
smarrimento in coloro che lo ascoltano perché essi hanno bisogno di
certezza e di speranza, non muti il suo atteggiamento come se essi non
potessero comprenderlo ma si ricordi che oltre la sua debolezza c'è la sua
forza e oltre la sua esitazione c'è la fiducia nel futuro e la certezza
dell'amore, sappia vivere la sua debolezza come un mezzo necessario per
conquistare una certezza più grande e quanti saranno intorno a lui
comprenderanno che la debolezza del monaco non lo conduce alla disperazione
e che la sua esitazione non è che un segno d'amore.
Quando
anche il monaco avesse rinvenuto in sé colpa, incertezza od omissione, non
si affligga per tutto questo ma consideri che anche per il monaco la via
della Regola è difficile e faticosa, si fermi dunque a riflettere sul modo
migliore per porre rimedio a ciò che ha compiuto o per compiere ciò che ha
omesso di compiere.
Ricordi
il monaco che egli dovrà essere il primo a cedere in ogni questione di
orgoglio e l'ultimo in ogni questione di amore o di speranza, ma se il
monaco non si sarà comportato in questo modo non si affligga di ciò ma
cerchi secondo le proprie forze di seguire la Regola.
Ricordi
sempre il monaco che la Regola è la via della vita e che per chi si sforza
di seguirla con purezza di cuore non c'è né ricompensa né merito, essa
non avvicina al monaco coloro che già non gli sono vicini né allontana
coloro che già non gli sono lontani, essa non rende migliore la vita perché
non è dato al monaco di influire sulla vita di alcuno e neppure sulla sua
vita, perché essa non gli appartiene, tuttavia la Regola deve essere
seguita senza esitazione, con la prontezza di colui che confida in essa, ma
essa nulla promette.
Si sforzi il monaco di essere un esempio di fede e di speranza anche se nel suo cuore non c'è né fede né speranza perché per colui che è smarrito la speranza è migliore della disperazione e il monaco spesso si smarrisce, ma guai al monaco che attende un frutto dalla sua vita o dalla sua parola, si accontenti di essere strumento di quanto non può comprendere e questo sarà il suo atto di fede, non proietti mai il monaco la sua fantasia ad esplorare il futuro o a costruire speranze, queste cose non fanno che creare illusioni perché la fede vera è cieca.
Accetti
il monaco la propria debolezza e impari a convivere con essa, non per
farsene un vanto o un motivo di soddisfazione ma per non crearsi eccessive
preoccupazioni che lo impegnerebbero in una ricerca di falsa perfezione e lo
condurrebbero a confidare in sé stesso più che nella Regola.
Guai
al monaco che pone mano all'aratro e si volta a guardare indietro, egli si
è allontanato dalla Regola, ritorni al più presto alla sua opera, se
l'aveva abbandonata perché in essa non aveva riposto speranza rifletta e
comprenderà che per il monaco la speranza è un dovere anche contro
l'evidenza perché l'evidenza della disperazione si basa su speranze che
proiettano il monaco lontano dalla Regola e gli fanno presumere di avere
diritto o dovere di giudicare.
Quando
il monaco chiude la sua giornata esamini se stesso, se non avrà trovato
motivo di biasimo circa la propria condotta esamini meglio la propria
coscienza e soprattutto le proprie azioni, non si attardi a fare della
Regola in nessun caso un metro per valutare la propria coscienza perché
nulla vale scrutare la propria coscienza o riflettere troppo sulle
motivazioni delle proprie azioni, né creda che il bene e il male siano
atteggiamenti della coscienza, perché il bene e il male sono nelle azioni,
la buona intenzione può scusare il monaco che ha agito male ma in ogni caso
egli ha agito male, il monaco si riconosca dunque debole e si volga a
riflettere sul passato solo se ciò può giovare per l'avvenire a costruire
nei fatti propositi migliori.
A
ciascuno sono dati diversi doni, così è dunque anche del monaco, ma egli
spesso non riconoscerà i suoi doni e li crederà causa di afflizione e di
sconforto perché misurerà la sua ricchezza sulla utilità che egli crederà
di poterne trarre per sé o per coloro che gli è dato di amare e così
facendo disperderà gran parte del suo tesoro perché non ciò che il monaco
crede virtù ha valore, ma ciò che anche senza che il monaco lo comprenda
giova a coloro che gli è dato di amare. Vi può essere infatti una
grandissima virtù anche nella debolezza, così come nessuna utilità può
derivare da ciò che il monaco considera la parte migliore di sé, si
allontani dunque il monaco dal riflettere sui propri meriti come sui propri
demeriti perché egli giudica secondo le sue supposizioni mentre il valore
delle cose è secondo un disegno più grande.
Non
creda il monaco di avere merito ma sappia riconoscere che gli è data una
singolare facoltà perché egli, che pure nulla vale, è unico e non è
sostituibile, ma ciò non lo induca alla superbia ma lo renda più umile
perché egli non può comprendere il significato di ciò che gli è concesso
di operare.
Ceda
il monaco senza resistere di fronte ad ogni richiesta d'amore, ma in questo
non ceda a se stesso ma a coloro che gli è dato di amare, guai al monaco
che indurisce il suo cuore e non ascolta la voce che lo chiama perché egli
sta sperperando il suo tesoro.
Quando
sarà concesso al monaco di vivere qualche momento di felicità si guardi
egli dal distruggerlo meditando sulla sua brevità o su simili cose, si
soffermi invece a riflettere sul fatto che quella felicità potrà renderlo
più capace di capire e di amare, perché il monaco anche nel suo distacco
dovrà cercare di vivere una partecipazione profonda alla vita di coloro che
gli è dato di amare, non preferisca mai il monaco la solitudine o il
distacco, li accetti quando saranno il suo unico rifugio ma ne sappia fare a
meno quando gli sarà dato di intuire più profondamente quale sia il suo
compito.
Legga
il monaco nella debolezza di coloro che gli è dato di amare non un atto di
debolezza ma un atto d'amore perché colui che ama è esitante, sappia il
monaco prendere esempio da tutto ciò e non si ritragga dal corrispondere
come meglio può a quanto gli viene richiesto ma impari a sua volta ad
essere esitante come colui che ama.
Quando
verrà per il monaco il tempo dell'angustia e della tribolazione, il tempo
in cui l'agitazione gli invaderà il cuore e lo terrà sveglio nella notte,
in cui vedrà la sua vita correre verso la morte e la sua volontà di vivere
affievolirsi di giorno in giorno, si ricordi allora che è proprio in quei
momenti che il cuore del monaco è messo alla prova e non cerchi nella sua
tribolazione alcun merito ma non si abbandoni neppure all'angoscia perché
la morte è inevitabile ma essa non è né un bene né un male, perché
tutto il bene e tutto il male sono contenuti nella vita, ogni forma d'amore
è bene, ogni mancanza d'amore è male.
L'ansia
del nulla e la tentazione di sminuire il valore della propria vita si
annideranno nel profondo dell'anima del monaco, quando tali sentimenti
torneranno però alla sua coscienza, il monaco non si abbandoni ad essi ma
se non riesce a ritrovare nulla di migliore, si fermi a meditare sulla
Regola e cerchi di comprendere che il valore della propria vita consiste nel
non concentrarsi sulla propria persona e che perciò anche riflettere sulla
propria incapacità di amare significa essere ancora incapaci di uscire da sé.
Né si angusti poi il monaco della propria incapacità cercando di ragionare
di vane perfezioni, cerchi piuttosto le persone che gli è dato di amare
perché solo presso di loro potrà trovare la sua serenità, ma se anche qui
non gli riuscirà di ritrovarla accetti con pazienza la sua debolezza e
cerchi di uscire da sé per quanto gli riesce.
E'
difficile amare senza entusiasmo, contro i propri desideri di morte, è
difficile amare quando l'amore si proietta in una speranza che non coinvolge
personalmente, è difficile uscire da sé, abbandonare i propri pensieri di
morte e protendersi verso un amore che sia l'incarnazione concreta della
Regola perché il monaco persevera in ogni forma d'amore nel porre se stesso
in una posizione privilegiata, ma il monaco che conosce la propria debolezza
cerchi con tutto se stesso di realizzare attraverso qualsiasi forma d'amore
non un desiderio della sua anima ma il bene di coloro che gli è dato di
amare, esca dunque da se stesso e si ritroverà.
L'amore
non è per se stesso nessuna delle sue possibili incarnazioni, spetterà al
monaco, nel caso concreto e secondo ciò che la sua coscienza gli indicherà,
ritrovare caso per caso ciò che la Regola gli richiede.
Alla
sera di un giorno operoso accadrà spesso al monaco di rimanere solo con se
stesso, in quei momenti lo assalirà un senso si smarrimento e di sconforto,
cerchi allora di non pensare a se stesso e se non gli riuscirà di uscire da
se stesso si abbandoni piuttosto al sonno nell'attesa di un risveglio più
sereno, se anche questo gli sarà difficile si metta al lavoro finché la
stanchezza non lo avrà sfinito e così si abbandoni al sonno, ma se non
riuscirà ad addormentarsi perché continuerà ad essere angosciato da una
vana ricerca di motivazioni consideri che non vi è mai una risposta per gli
interrogativi vani e che il vano ricercare allontana dalla Regola, ricordi
il monaco che avrà smarrito la sua pace che potrà ritrovarla solo uscendo
da se stesso, poiché il significato della sua vita consiste nel seguire la
Regola, e beato è colui che nella sua angustia saprà riflettere su ciò
che più giova a coloro che gli è dato di amare.
Non
si affanni il monaco a chiedersi che cosa sia per lui il meglio, né ove la
sua vita sia diretta, né creda mai di essere chiamato ad una scelta, perché
nulla vi è mai da decidere ma tutto è da accettare, poiché la vita non
deve essere un esercizio di intelligenza ma un esercizio di amore e di
fedeltà.
Rammenti il monaco che dietro le parole della Regola
c'è la profondità della Regola e dietro la profondità della Regola c'è
la fragilità delle creature. Non metta mai il monaco a rischio la fragilità
delle persone per mantenersi fedele alla parola della Regola o peggio per
tenersi coerente al suo spirito più profondo, quando infatti il preteso
rispetto della Regola fa prevalere le parole o i precetti sulle anime
comprenda il monaco che la sua anima è in preda alla confusione perché
egli confonde il mezzo col fine. Il mezzo a nulla giova se non a conseguire
il fine e il fine dell'amore deve essere conseguito con ogni mezzo.
Non
scorra una giornata senza che il monaco abbia costruito una speranza o senza
che egli abbia quanto meno provato a costruire una speranza ma non cerchi il
monaco di costruire la propria speranza, perché essa non è nelle sue mani.
Esca il monaco dalla prigione del sè e si ritroverà.
Quando
il monaco vedrà che la sua riflessione lo porta alla delusione smetta di
riflettere e si dedichi a servire con maggiore zelo. Ma quando la sua
riflessione lo porterà alla gioia smetta egli ugualmente di riflettere,
perché il fine del monaco non è ricercare le risposte del suo cuore,
eredità del monaco è solo servire la Regola che egli porta nel profondo
del suo cuore e che non ha bisogno di riflessione ma di semplicità. Molti
uomini si perdono per motivo della loro intelligenza che li allontana dalla
Regola e li spinge a consumare il loro tempo alla ricerca della consolazione
e così accadrà anche al monaco di perdersi per aver dato troppo valore ai
pensieri della sua mente, non si fermi allora a pensare al pentimento o al
tempo che ha consumato in vane riflessioni, ma si adoperi senza indugio a
servire col massimo zelo.
Guai
al monaco che veglia in attesa e si compiace dell'ansia di un desiderio o
della ricerca di ciò che egli si è prefigurato come conseguenza delle sue
azioni, guai al monaco che pretende di comprendere ciò che egli stesso fa o
di trovare un perché al di là della sua fedeltà alla Regola.
Guai
al monaco che confonde la fede con qualcosa che somigli alla logica e il
totale affidamento alla Regola con qualcosa di simile a una scelta. Il
monaco ama la Regola non perché la giudica migliore, ma perché la ritrova
dentro di sé, non perché la sottopone al vaglio della sua intelligenza, ma
perché la Regola è l'intelligenza stessa del monaco, qualora se ne
allontani egli perderà l'intelligenza profonda della sua anima e cercherà
di sostituirla con la logica e con i ragionamenti.
Non
si avventuri il monaco in sentieri impervi ove è possibile disperdersi
senza portare tra le sue mani il lume della Regola, ma se è il lume della
Regola a guidarlo vada ovunque lo condurranno i suoi passi e non si chieda
dove o perché.
L'angoscia
del tempo che passa assalirà talvolta il monaco, beato colui che ne trarrà
impulso per meglio servire, misero colui che si preoccuperà della sua fine
perché egli non è uscito da sé stesso e non ha compreso la funzione dalla
sua stessa vita. Ma sappia il monaco che molte volte gli capiterà di essere
deluso di se stesso, di non trovare la sua luce e di non sentirsi alla
altezza della Regola, sappia che in ciò è una grande verità, se invece
egli si sentisse soddisfatto della sua fedeltà alla Regola in ciò sarebbe
un grave inganno, perché colui che si sente inadeguato cerca di essere più
fedele mentre colui che si sente realizzato ha perso la dimensione di se
stesso.
Ricordi
il monaco che un sorriso è una forma d'amore, non neghi mai il monaco il
suo sorriso perché esso è un modo di servire con dolcezza che parla al
profondo del cuore.
Quando
il monaco dovrà incontrare coloro che gli è dato di amare si animi nei
loro confronti dei migliori sentimenti, non perché la sua volontà deve
portarlo a fare ciò che non è conforme alla verità e a dimostrare
sentimenti che gli sono estranei ma perché nel profondo del suo cuore il
monaco conserva i suoi affetti più profondi per coloro che gli è dato di
amare, tolga dunque dal suo cuore tutto ciò che non giova e che confonde e
lo ritroverà pieno d’amore, allora il suo sorriso e la sua gioia saranno
spontanei.
Il
monaco non sia mai possessivo ma meno che mai sia distaccato, perché la
possessività è un difetto ma il distacco è una mancanza d’amore. Sia
dunque il monaco caloroso nel suo parlare e non nasconda i suoi sentimenti
ma dimostri la sua partecipazione. Il sorriso e l’abbraccio siano per lui
cosa usuale, quando sente dentro di sè un entusiasmo lo comunichi con ogni
mezzo, scintillino i suoi occhi e parlino di felicità a tutti coloro che
egli ama.
Sappia
il monaco che la sua parola e il suo amore, che pure
nulla valgono, sono uno strumento nelle mani di Dio, sia dunque il
monaco strumento docile nelle Sue mani e non si ritragga da ciò che egli
sente nel profondo del suo cuore perché questo è secondo la Regola.
Allontani
il monaco da sé tutto ciò che lo distoglie dal suo servire e in primo
luogo renda leggero il suo cuore di quanto lo appesantisce, dimentichi sé
stesso, si dedichi con tutta la sua anima al servizio della Regola e in
questo troverà il senso profondo della sua vita e ciò che lo lega a coloro
che gli è dato di amare.
La
morte non è lo scopo della vita ma la sua conclusione, non sulla
meditazione della morte, ma sulla meditazione della vita si basi ogni
pensiero del monaco ma non confonda egli questi pensieri con la meditazione
sulla propria vita. Sgomberi il monaco il suo animo da ogni timore e non dia
valore al suo tempo per il fatto che esso è limitato, perché chi fa così
cerca di dare un valore alla morte, si sforzi invece di spendere ogni
istante della sua vita non nel meditare ma nel servire con zelo.
Quando
il monaco, a sera, si troverà solo con se stesso, non si proietti a pensare
ciò che potrà fare tra un anno o tra un mese, rifletta invece sul modo
migliore di impiegare il giorno successivo.
Capiterà
al monaco di essere talora soddisfatto e quasi stupefatto di ciò che gli
accade, si ricordi allora che egli non è fine ma soltanto mezzo, e che
molte volte la soddisfazione è frutto di una proiezione dei desideri che
mette il monaco al centro del mondo e legge in funzione di lui tutto ciò
che gli accade. Si distacchi il monaco da tutto ciò, esca da se stesso e
veda ogni cosa con gli occhi di coloro che gli è dato di amare e gioisca
solo se da quel punto di vista vi è ancora motivo di soddisfazione o di
stupore.
Il
monaco ha vero motivo di gioia solo quando la sua gioia è la gioia di
coloro che gli è dato di amare, ricordi il monaco che colui che veramente
ama vede con gli occhi di colui che egli ama.
La
via della Regola talora è angosciosa, talaltra può essere piena di
soddisfazione, non si abbatta il monaco quando incontrerà le difficoltà né
si esalti nei momenti di soddisfazione, perché ciò che conta non è
l'angoscia o l'esaltazione del cuore ma la fedeltà alla Regola.
Si
allontani il monaco dalla vanità per meglio seguire la Regola, e sappia che
vanità è anche preoccuparsi troppo e vivere di angustie per cose che
appaiono fondamentali e non lo sono, vanità è il timore del giudizio
altrui, vanità è la paura della legge degli uomini, vanità è disperdere
il proprio tempo riflettendo sui propri timori e sulle proprie angustie.
Il
monaco non misuri il suo tempo e in esso non abbia una regola poiché
sarebbe una regola esteriore. Il monaco non si obblighi ad alcuna osservanza
né ad alcun precetto che non sia l'obbedienza alla Regola che non consta di
osservanze né di precetti. Non confonda mai il monaco le regole esteriori
con la Regola spirituale e dove gli è dato di cercare la luce non si
accontenti dell'ombra.
Il
monaco non differisca in nulla da quanti sono intorno a lui, né
esteriormente, perché sarebbe una vanità, né interiormente perché egli
non presuma di essere migliore, si sforzi invece di essere come coloro che
gli è dato di amare, li aiuti a seguire la Regola secondo il loro cuore e
lasci che essi facciano con lui altrettanto e lo aiutino nella sua ricerca
della Regola interiore. Non presuma il monaco di avere una via speciale da
seguire né di essere uno che ha un particolare compito da svolgere o
qualcosa da insegnare o di essere un eletto. La Regola non è per una
speciale categoria di persone, essa è la via della vita e vive dentro
ciascuna anima.
La
stanchezza sia il premio del monaco e sia anche la sua soddisfazione quando
essa deriva dalla volontà di seguire la Regola.
Non
attenda mai il monaco che gli venga porta una domanda, ma la prevenga
rispondendo secondo il suo cuore.
Rammenti
il monaco che i figli non appartengono a colui che li ha generati né
l'amore concede mai alcun diritto, nessuna azione rende legittima una
aspettativa, nessuna parola è mai definitiva, nessuna certezza si ottiene
dalla Regola che nulla promette e nessun merito deriva dal ricercarla il
giorno e la notte.
Dimentichi
il monaco la sua persona e quanto egli è abituato a considerare come sua
caratteristica, si svesta di sé stesso e si renda simile a coloro che gli
è dato di amare, non la distinzione ma l'assimilazione sia la regola del
monaco, a lui, come a tutti gli uomini, non spetta altra missione che quella
di seguire la Regola secondo il proprio cuore.
La
Regola non è una dottrina, essa non può essere né appresa né insegnata,
gioisca il monaco cui sarà dato di seguirne la via secondo il suo cuore, ma
non creda per questo di essere migliore perché la Regola è molteplice e al
monaco non è dato che di conoscerne qualche aspetto; quando il monaco sarà
giunto ad amare profondamente coloro che gli è dato di amare allora
comprenderà come la Regola possa essere molteplice, uscirà da se stesso ed
entrerà nel cuore di coloro che gli è dato di amare e in questo modo
scoprirà che la Regola è più grande e non può essere ridotta al pensiero
né alla profondità del cuore di un uomo solo.
Quando
la malattia e la stanchezza invincibile assaliranno il monaco, si sforzi
egli di seguire la Regola con l'energia che gli rimane, non si preoccupi
della propria impossibilità di fare ciò che è abituato a sentire come
proprio dovere, si adegui piuttosto al suo nuovo stato e rammenti che la
serenità resta in ogni caso suo dovere perché coloro che gli sono vicini
non abbiano a soffrire di più e soprattutto non si abbandoni al pensiero
della morte ma confermi nella fiducia nella vita coloro che gli è dato di
amare. E anche quando andrà incontro alla prova più difficile e al momento
supremo non creda per questo di essere messo alla prova più duramente perché
a ciascun vivente al suo tempo è riservata quella medesima prova.
Allontani
il monaco da sé la riflessione sulla propria fine se gliene viene
malinconia ma non la allontani se riuscirà a trarne un impulso e a vivere
la Regola con maggiore intensità.
La
Regola non accompagna il monaco solo nella sua vita ordinaria, ma lo guida
soprattutto nei momenti più difficili perché in quei momenti gli è
chiesto il massimo sforzo di fedeltà.
Nella
vita del monaco non vi sono altre certezze che quelle che derivano dalla
Regola, i suoi momenti di sconforto non gli forniranno indirizzo alcuno
nelle sue scelte né potranno guidarlo le gioie del cuore, non lo turbi
alcun timore né la gioia gli sia di impedimento nel suo vivere la Regola,
ma se ciò dovesse accadere ritorni al più presto alla Regola e non sia dia
pensiero d'altro che di seguirla con animo semplice.
Sia il monaco come colui che gli sta accanto, non se ne distingua né per l'abito né per la parola, sia lo specchio in cui ciascuno possa ritrovare l'immagine di se stesso, sia come una spiga in mezzo al campo che non si distingue dalle altre spighe o come la goccia che dispersa nel mare non si può più separare.
Il monaco sia come colui che non è monaco o che tale non appare perché la Regola non è un principio di apparenza ma di profondità, non cerchi mai il monaco chi sia suo simile perché chiunque nel profondo gli è simile.
Explicit
Regula Dioscori
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