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Accostati o lettore con reverenza e rispetto, 

rendi limpido il tuo occhio 

e disponiti ad ascoltare con cuore puro quanto ti dirò, 

perché infinite e misteriose sono le vie di Dio 

e chi le ricerca con cuore sincero non mancherà alla meta.

 

Benedetto sia colui 

che nelle mie parole 

non troverà scandalo.

 

 

 

DIOSCORO ALESSANDRINO

 

 

LIBRO DELLA REGOLA

 

 

 

  1. La santa Regola è una Regola spirituale che non ha bisogno di parole né di inchiostro ed è scritta nel profondo di ciascuna anima.

  2. Questo libro della Regola che il monaco può tenere fra le sue mani non è che l'ombra della santa Regola spirituale.

  3. In questi fogli non si trovano precetti ma consigli perché ciascun monaco possa più facilmente ritrovare la Regola spirituale nel profondo della propria anima.

  4. Quando il monaco avrà ritrovato la Regola spirituale nel profondo della propria anima getti via questo libro perché esso nulla potrebbe aggiungere a ciò che vive nel profondo.

  5. La santa Regola è la regola dell'amore e il monaco vi si conforma con purezza di cuore.

  6. Coloro che amano non possono peccare.

  7. Alla santa Regola non esiste alternativa, essa è l'unica roccia sicura nella tempesta.

  8. La fedeltà alla santa Regola non è la fedeltà verso un libro, essa è piuttosto fedeltà verso la propria anima.

  9. Il monaco è chiamato a rispettare la santa Regola anche prima di averla conosciuta, perché essa è scritta nel suo cuore.

  10. Ceda il monaco davanti alla santa Regola ogni volta che si sente in contrasto con essa perché essa è la voce più profonda della sua anima.

  11. Il monaco è soggetto soltanto alla santa Regola, che sola può condurlo sulla via della pace.

  12. Il monaco esiste solo per servire con amore e dedizione, egli si dimentica di sé stesso perché servire è il suo compito.

  13. Il monaco esiste solo nella misura in cui sceglie di non esistere, la via dell'amore è la via dell'annullamento.

  14. Sia il monaco come un servo, guai al monaco le cui opere tendono a conquistare l'amore e la comprensione di quelli che egli ama, perché egli lavora per una mercede che non gli spetta.

  15. Quando il monaco sarà giunto esausto alla sera dopo avere servito per l'intera giornata dica a se stesso: servo inutile io sono.

  16. Il monaco non può rifugiarsi nella propria anima perché egli non ha più un'anima, egli è uscito da se stesso.

  17. Quando il monaco cerca se stesso egli tradisce la santa Regola, sta scritto infatti: chi cerca di salvare l'anima propria la perderà.

  18. La perfezione della vita consiste nell'accettare la solitudine il deserto e il silenzio della propria anima.

  19. Nessuna azione è preclusa al monaco, nessuna azione per sé è buona o cattiva, ogni azione diventa buona o cattiva secondo lo spirito di colui che la riceve.

  20. Quando il monaco ha compiuto un’azione conforme alla santa Regola si dimentichi ciò che ha fatto e si ponga all'opera per compiere ciò che gli manca.

  21. Non vi è altra verità per il monaco che quella che allieta il suo prossimo. Il monaco frenerà quindi la sua lingua e il suo silenzio sarà il suo modo di servire.

  22. Il monaco gioirà con quelli cui giova gioire, piangerà con quelli cui giova piangere, amerà quelli cui giova essere amati.         

  23. Guai al monaco che gioisce perché è distratto e sereno, piange perché crede di essere triste, ama perché la sua anima lo spinge all'amore.

  24. Guai al monaco che si lasci andare all'austerità con quelli cui giova la leggerezza, alla gioia fra quelli cui giova piangere, all'aridità fra quelli cui giova essere amati.

  25. La santa Regola basta a guidare il monaco sulla via dell'amore: non chieda mai il monaco  il perché delle cose che accadono, gli basti sapere che nulla accade in vano, ma se la riflessione giova al suo servire, vegli la notte e cerchi con zelo e premura ciò che gli manca; non domandi mai il monaco ciò che la sua anima desidera sapere, gli basti accettare ciò che non comprende, ma se la conoscenza giova al suo servire, non si dia pace finché non avrà ritrovato ciò che gli manca.

  26. Comprendere non è un atto dell'intelletto ma un atto d'amore, ami il monaco tutto ciò che non comprende e allora lo comprenderà.

  27. Sia il monaco come il seminatore, sparga un seme d'amore ovunque senta d'essere chiamato e non attenda mai i frutti poiché essi non sono cosa sua. Parli d'amore quando il suo cuore lo spingerà a parlare così, ma faccia altrettanto quando sentirà dentro di sé l'aridità perché l'amore è il dovere più grande.

  28. Quando il monaco è incerto rifletta e comprenderà quale sia la scelta conforme alla santa Regola perché ciò che è conforme alla Regola produce buoni frutti, ciò che è contro la Regola conduce alla rovina, ciò che è secondo la Regola è un atto d'amore, ciò che è contro la Regola viene dalla pigrizia e dall'amore di sé, interroghi allora il monaco il suo cuore e nelle profondità del suo cuore comprenderà quale sia il contenuto della santa Regola.

  29. Nessuna felicità e nessuna tristezza spetta al monaco se non come parte della felicità o della tristezza di coloro che gli è dato di amare.

  30. Non c'è altra mercede né altra felicità che nell'amore senza possesso.

  31. Non osi il monaco pronunciare alcun giudizio né alcuna condanna perché queste cose spettano solo a Dio che vede nel profondo, il monaco giudichi piuttosto se stesso davanti al tribunale della santa Regola e comprenderà di non avere amato abbastanza.

  32. Il monaco tema tutto ciò che potrà distoglierlo dal suo servire e da quelle cose si tenga lontano, questo è il principio della scelta, il monaco comprenderà  quali cose temere e quali ricercare secondo lo spirito della santa Regola interrogando il profondo del suo cuore, l'errore è sempre perdonabile, ma guai al monaco che tradisce la Regola comprendendo di tradirla, possa Dio avere pietà della sua anima.

  33. Nelle mani del monaco è un grande potere, a lui compete di essere sereno perché coloro che gli è concesso di amare possano essere sereni, quando il monaco coglierà la serenità sul volto di coloro che gli è dato di amare non si insuperbisca ma sappia che la soddisfazione del suo cuore è una soddisfazione sovrabbondante che gli è concessa per grazia e non per merito. La serenità del monaco viene dalla Regola perché la Regola dell'amore rende lieto il servire anche quando dall'amore sembra non derivare alcun frutto, perché spesso il cuore dell'uomo ama la riservatezza.

  34. Operi il monaco sempre conformemente alla santa Regola, ma sappia che chi la infrange per amore ne coglie l'essenza e chi la segue per timore la tradisce nel profondo. Quando dunque il monaco è assalito dal timore lasci che quelli che gli è dato di amare gli porgano la mano e lo conducano nella via della santa Regola, ma se ciò non dovesse accadere, vinca il monaco la sua ritrosia ed egli per primo tenda la mano.

  35. Quando il monaco avrà imparato a dominare i propri atti e le proprie parole sappia che nulla ancora egli ha compiuto, perché l'amore è una Regola più difficile che consiste nel morire e nel rinascere.

  36. Vinca il monaco la labilità dei suoi stati d'animo: egli è depresso quando non ama abbastanza, è triste quando non ama abbastanza, è timoroso del domani o della morte quando non ama abbastanza, l'amore è la medicina dell'anima che cura solo quanti non gli resistono.

  37. Guai al monaco che non serve con letizia e partecipazione.

  38. Guai al monaco cui la santa Regola pesa come un macigno, egli non è degno di essere servo.

  39. Guai al monaco che rifiuta di essere servo e stima il valore della sua anima fuori della santa Regola.

  40. Guai al monaco che  per amore di sé lascia la santa Regola e torna nelle vie del mondo. Beato il monaco che per amore di coloro che gli è dato di amare segue le vie del mondo perché egli ha adempiuto la Regola nel più profondo del suo cuore e l'ha custodita nel più alto dei suoi significati.

  41. Guai al monaco che presume di meritare ciò che gli è concesso solo per grazia.

  42. Guai al monaco che è esitante di fronte alla Regola, e dice: la mia anima è incerta. Il monaco non ha anima, la sua anima è la Regola.

  43. Guai al monaco che presume di essere chiamato ad una scelta, sua unica eredità non è la scelta ma l'obbedienza.

  44. Guai al monaco pigro che tenta di conciliare il suo servire con i desideri della sua anima, egli non ha compreso che ciò che egli crede essere la sua anima è un fantasma suscitato dal demonio.

  45. Guai al monaco che presume di essere un uomo giusto e di aver osservato la santa Regola, Satana si nasconde nel suo cuore.

  46. Guai al monaco che presume di avere merito o diritto, questi concetti sono generati dal demonio.

  47. Guai al monaco che dalla sua fedeltà alla Regola spera altro, egli non ha compiuto il suo obbligo e già ha tradito la santa Regola.

  48. Guai al monaco che serve con solerzia ma vede dietro il suo servizio altro che l'annullamento della sua anima.

  49. La santa Regola deve rimanere nascosta.

  50. Guai al monaco che dice davanti agli uomini: io seguo la santa Regola, egli l'ha già tradita e si è fatto un merito che non ha.

  51. La santa Regola è fine e non strumento, essa non è un mantello sotto il quale ci si ripara, non è un contratto per l'acquisto della santità, è piuttosto il tormento dei falsi monaci che non la felicità dei monaci fedeli, la sua osservanza non crea merito, quelli che non la osservano vanno in rovina.

  52. Impari innanzitutto il monaco a parlare d'amore o a tacere, ma questo è ancora poco, si proponga una meta più ardita e impari soltanto a parlare d'amore, ma anche questo è ancora poco, impari allora il monaco ad amare, perché questa è la via più difficile.

  53. L'amore è il dovere più difficile da compiere e la sua via è rischiarata dalla volontà e non dal desiderio.

  54. Il monaco chini sempre il capo e accetti quanto Dio gli manda perché Egli non fa nulla in vano.

  55. Sia il monaco il primo a dichiararsi debole e a chiedere aiuto, in questo non c'è virtù di umiltà perché nel fare così egli non fa che cercare ciò di cui ha veramente bisogno.

  56. Se il monaco sente nella sua anima il disamore e non vive profondamente la santa Regola, ponga un macigno sulla porta della propria anima e la chiuda come con una pietra sepolcrale pesantissima, perché nulla di ciò che egli porta con sé possa nuocere a quelli che egli è chiamato ad amare. Muoia la sua anima in quel sepolcro ed egli rinascerà uomo nuovo.

  57. Sappia comprendere il monaco in ogni creatura il limite della fragilità e del dolore e la riconoscerà simile a sé e per questo l'amerà di più.

  58. Il monaco risponda sì ad ogni richiesta d'amore, ma lo faccia solo senza nulla desiderare per se stesso.

  59. Non desideri il monaco per sé le anime di coloro che è chiamato ad amare poiché le anime appartengono solo a Dio. Ami piuttosto il monaco quelle anime e così facendo null'altro desidererà che compiere il proprio servizio.

  60. Il monaco non dovrà chiedere ascolto né lamentarsi, non dovrà fare parola a nessuno di ciò che egli porta nel suo cuore, a meno che non si tratti di ciò che può giovare.

  61. La delusione e il desiderio non hanno posto nell'anima del monaco che sa qual è la via e la segue con volontà, ma se egli prova delusione o desiderio sappia che anche questa è una via per essere messi alla prova, ma il fine dell'essere messi alla prova non è l'essere migliori ma il servire meglio.

  62. Si fermi spesso il monaco a riflettere sui propri insuccessi poiché egli certo non ha rispettato la santa Regola.

  63. Non si fermi mai il monaco a riflettere sui suoi successi perché così facendo violerebbe la santa Regola, attribuisca piuttosto a sé tutto ciò che non è ben riuscito e non si arroghi meriti che non ha.

  64. La durezza di cuore è il peggiore dei mali, colui che ha il cuore sensibile, se sbaglia, corregge i propri errori e chiede perdono, colui che non sa chiedere perdono non sa neppure perdonare.

  65. Se il cuore del monaco è triste perché egli non comprende il significato di ciò che fa, esca da se stesso e si ritroverà.

  66. La pigrizia, lo scoraggiamento e la paura sono tre belve rintanate nel cuore del monaco, incendi dunque il monaco il suo cuore e queste belve fuggiranno via da lui.

  67. Quando il monaco si sentirà estraneo a coloro che gli è dato di amare esca da se stesso e nasca una seconda volta.

  68. Quando il monaco sentirà nella sua carne e nello spirito la ribellione alla santa Regola si fermi a riflettere sulla fragilità della sua vita e comprenderà che è meglio attendere la morte in silenzio portando la propria croce piuttosto che fuggire dinanzi alla santa Regola.

  69. Il monaco non parli mai di sé, se questo non giova, ma ascolti e risponda come la sua coscienza gli detta.

  70. Adempia il monaco come può al suo dovere di amare e per ciò che gli mancherà si affidi nelle mani di quelli che gli è dato di amare.

  71. Non giudichi mai il monaco del bene e del male che sono nella coscienza degli uomini, ma quando egli dovrà decidere quale via sia secondo la santa Regola esca da sé stesso ed entri nell'anima di colui cui il suo gesto è diretto.

  72. Non si senta mai il monaco diverso da quelli che gli è dato di amare ma se questo accadesse esca da se stesso e scelga di morire per rinascere come loro.

  73. Non dia mai il monaco altra ragione del suo operare se non la peggiore che la sua coscienza saprà riconoscere e in ciò almeno non avrà commesso errore.

  74. Guai al monaco che spererà dalla santa Regola la sua salvezza, la vita del monaco nulla vale e nulla vale il suo desiderio di salvarsi, perché coloro che si perderanno si saranno salvati e coloro che crederanno di essersi salvati si perderanno.

  75. Preghi il monaco che la sua vita sia piena d'amore e di altro non si curi.

  76. Infinite e misteriose sono le vie di Dio, non si chieda mai il monaco il perché del suo destino perché questo è un atto di ribellione.

  77. Sia il monaco fedele anche contro se stesso, ami come sa e senza fuggire, se la sua anima vorrà fuggire la inchiodi ad una roccia, domi la sua ribellione che viene dal demonio, ma se ciò è troppo difficile strappi via da sé la sua anima e accetti l'angoscia della obbedienza cieca, perché certo egli non è ancora in grado di comprendere.

  78. Non è dato al monaco fuggire di fronte alla doppiezza della propria anima. L'accetti come un dono di Dio e obbedisca fino in fondo alla santa Regola, percorra la via dell'angoscia e della contraddizione e si ricordi che in tutto ciò non c'è merito alcuno perché sta scritto: beati saranno quelli cui sarà dato di avere un'anima semplice e ancora è scritto che a ciascuno è data la sua croce.

  79. Quando il monaco ritroverà nella sua anima altre motivazioni del suo agire che non sono secondo la santa Regola non si chieda se esse sono buone o cattive, gli basti sapere che non sono conformi alla santa Regola.

  80. Quando il monaco si ferma a riflettere sulle proprie motivazioni sappia che l'azione deve essere misurata sul metro di colui che la riceve, esca dunque il monaco da se stesso e non dica mai "io penso" perché pensare non è il suo compito e nell'atto stesso di pensare egli si è sottratto al suo servire.

  81. Se il monaco avrà negato il suo sorriso a chi lo attendeva vada da colui che egli ha deluso e stringa la sua mano chiedendo perdono. Se il monaco ha negato una stretta di mano a chi l'attendeva, vada da colui che egli ha deluso e lo abbracci chiedendo perdono. Se il monaco ha negato il suo abbraccio a chi lo attendeva vada da colui che egli ha deluso e supplichi di essere abbracciato e non si allontani finché non sarà stato perdonato.

  82. La disperazione è la tentazione più grave perché si nasconde nel profondo del cuore, per colui che segue la via della disperazione si confondono le vie della pace e della speranza.

  83. La via della disperazione conduce a ricordarsi del proprio essere e a chiedere per sé la salvezza, conduce a temere per la propria anima, conduce ad amare per essere amati, a non amare ciò che non si comprende, a rifiutare di obbedire e a presumere di avere capacità di giudicare. Colui che agisce così è lontano dalla santa Regola, abbia Dio pietà della sua anima.

  84. La disperazione è subdola e fraudolenta, si presenta sotto l'apparenza dell'amore e della ragione.

  85. Si guardi il monaco dall'accusare chiunque della sua disperazione e avrà compiuto un dovere di giustizia.

  86. La disperazione è una pianta che ha radici profonde, colui che ne strappa le foglie o i rami o il fusto la vedrà rinascere più forte di prima, colui che le avrà dato fuoco la vedrà risorgere dalle ceneri, colui che avrà tentato di estirparla con tutte le sue forze, sappia che le sue radici sono tenaci e numerose e non si glori mai d'averla distrutta.

  87. La disperazione assale il monaco alla sera di un giorno operoso quando egli si chiede conto della sua fatica.

  88. La disperazione assale il monaco al termine di un'attesa infruttuosa quando egli si chiede il senso della sua speranza.

  89. La disperazione assale il monaco fra coloro che gli è dato di amare quando attende per sé una risposta.

  90. La disperazione assale il monaco quando egli, che pure cerca di annullare se stesso, sente il peso della solitudine, quando non sa essere semplice, quando crede che la giovinezza si viva una seconda volta, quando perde il senso della sua fedeltà, quando un sorriso diviene un atto di volontà, quando una parola accende nel suo cuore tante interpretazioni, quando non sa comprendere la fragilità di coloro che gli è dato di amare e di essi ha paura, quando confonde l'amore con il desiderio, la pace con il rifiuto dell'angoscia, la speranza col sapersi dare una spiegazione.

  91. Chini il monaco il suo capo davanti alla disperazione e accetti la santa Regola che insegna a vivere nella disperazione, perché la disperazione è la speranza.

  92. Qualsiasi sia la ribellione che il monaco prova nella sua anima continui con tutte le sue forze ad essere fedele alla Regola, annulli se stesso e si ricordi che la speranza è oltre la disperazione e che coloro che rifiuteranno la disperazione non incontreranno la speranza.

  93. Comprenda il monaco di essere solo un istante dell'eternità, di essere mezzo e non fine, di vivere una vita che non gli appartiene.

  94. La disperazione assale il monaco quando egli sente di essere abbandonato, ma la disperazione non viene dall'abbandono ma dal non essere capace di amare abbastanza perché la sensazione di abbandono deriva dal desiderio che impedisce al monaco di comprendere quanto gli è invece donato con larghezza.

  95. La disperazione assale il monaco quando egli è deluso nelle sue attese, ma non dalla delusione viene la disperazione ma dal non essere capace di amare abbastanza perché nella delusione vi è un desiderio che oscura l'anima del monaco e gli impedisce di capire quanto gli è invece donato con larghezza.

  96. La disperazione assale il monaco quando egli è accecato dal desiderio d'amore e il suo desiderio gli impedisce di comprendere quanto profondamente egli sia amato.

  97. Quando il monaco si sarà ribellato alla santa Regola non consideri mai definitiva la sua ribellione perché colui che non si conforma alla Regola non ha compreso bene ciò che è scritto nel suo cuore.

  98. Il monaco ribelle non cesserà di essere monaco ma continuerà la sua obbedienza alla santa Regola nella misura in cui ciò gli sarà possibile.

  99. Il monaco non agisca d'istinto e soprattutto non agisca senza pensare al male che può provocare a coloro che gli è dato di amare, ma se gli accadrà di agire in modo impulsivo compatisca se stesso, chini il capo e riconosca di non essere perfetto.

  100. Quando il monaco sentirà dentro di sé lo spirito della ribellione dia sfogo a ciò che porta dentro la sua anima, se la sua ribellione è un atto d'amore egli non farà che comprendere la santa Regola ad un livello più profondo, ma se la sua ribellione è dovuta all'amore di sé prenda da se medesimo una lezione di debolezza, chini il capo dinanzi a quelli che gli è dato di amare e dica: servo inutile io sono.

  101. La santa Regola non è la regola della perfezione perché la ricerca della perfezione non è un atto d'amore ma di superbia.

  102. Guai al monaco che cerca la perfezione e si compiace unicamente della ricerca della virtù, perché egli ha scelto per sé un fine vano, ha rinnegato la propria debolezza, ha posto davanti ai suoi occhi i fantasmi del suo intelletto, ed ha amato le idee più che il suo prossimo. Il massimo dei comandamenti non dice “sii perfetto e persegui ogni virtù”, dice invece “ama Dio con tutto la tua anima e il tuo prossimo come te stesso”, e sta anche scritto che “Nel regno di Dio i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi”.

  103. La massima punizione che la santa Regola prevede è la consapevolezza della propria incapacità di amare, ma l'incapacità di amare non è mai definitiva né stabile, colui che l'avverte sappia che questo è un sintomo vitale e non un segno di sconfitta, si ponga dunque subito all'opera e non si curi della propria incapacità.

  104. Il monaco non cerchi per sé nessuna virtù se non l'accettazione della propria debolezza.

  105. Quando l’angustia e il senso di abbandono assaliranno il monaco e lo condurranno a disperare e a chiudersi nelle sue malinconie, ricordi egli che il suo dovere  consiste nell’amare coloro che gli è dato di amare, non perché essi sono la consolazione del monaco ma perché essi devono essere amati, pecche, anch’essi, come il monaco, sono creature disperse nel mare della vita cui nulla è più necessario del percepire di essere amati.

  106. L’amore del monaco per coloro che gli è dato di amare non deve cercare alcun contraccambio, perché quello che egli ha già ricevuto è sovrabbondante. Quando accadrà al monaco di doversi allontanare da coloro che gli è dato di amare e che lo hanno amato, non si rammarichi di perdere la sua consolazione ma accetti il suo mettersi da parte come un atto d’amore dovuto, continui ad amare anche quanti non sono più vicino a lui, non renda mai gravoso un distacco ma ricordi sempre che se la presenza può mancare l’amore non può venire meno.

  107. Beato colui che saprà diffondere un seme d’amore perché quell’amore crescerà come una spiga e renderà il cento per uno, beato colui che sarà come la buona terra e permetterà a quel seme di divenire spiga, perché a nulla vale il buon seme se non cade in terra fertile e a nulla giova la buona terra se in essa non è sparso il seme della gioia.

  108. Non sopravvaluti mai il monaco il suo travaglio e le sue ansie perché non vi è limite alla sofferenza e al solo girare lo sguardo il monaco potrà comprendere che le sue sofferenze sono ben misera cosa se poste a paragone di quelle cui milioni di creature vanno incontro ogni giorno, non maledica mai il monaco i suoi affanni, le sue sconfitte e i suoi dolori, perché essi lo avvicinano a comprendere la vita di coloro che gli è dato di amare.

  109. Ricordi il monaco che la sua vita non gli appartiene e che per questo non gli è permesso di distruggerla o di disprezzarla, volga la sua tristezza e il suo scoraggiamento in consapevolezza e si sforzi di amare di più.

  110. Se il monaco non sarà capace di un amore senza possesso e senza desiderio ami possessivamente e con desiderio perché è meglio amare in modo difettoso che chiudersi nella propria aridità.

  111. Si ricordi il monaco che essere presenti è bene, ma meglio è essere presenti ed amare, ma il monaco che avvertirà l'incapacità di amare si ricordi che la presenza è migliore dell'assenza, la presenza può consentire di vivere un amore difettoso, l'assenza, se non è essa stessa un atto d'amore, rende impossibile amare.

  112. Se il monaco sentirà dentro di sé la ribellione al suo amare senza condizioni e senza compromessi con la propria coscienza accetti le condizioni e i compromessi e continui ad amare.

  113. Se il monaco non riuscirà ad amare senza desiderio di essere corrisposto cerchi di essere corrisposto e continui ad amare.

  114. Se l'anima del monaco è inquieta e non ha pace nella sua ricerca d'amore non cerchi mai la pace perché essa sarebbe il suo sepolcro, perché è meglio l'angoscia dell'amore che la quiete derivante dal rifiutare di amare.

  115. Se il monaco avrà consumato il peggiore atto di ribellione contro la santa Regola vada sereno a riposare e l'indomani si levi dal letto con la volontà di ricominciare tutto da capo.

  116. Se il monaco avrà amato con profondità e senza desiderio per molti e molti anni vada a riposare con l'angoscia nel cuore, perché nel levarsi dal letto l'indomani potrebbe scoprire l'aridità del proprio cuore.

  117. Non si domandi mai il monaco dove sono diretti i suoi passi o che cosa lo attende nel futuro, il monaco non ha futuro né progetti né finalità, il suo tempo è il tempo presente perché per amare il passato non giova e il futuro distoglie dall'oggi.

  118. Ami il monaco la libertà di coloro che gli è dato di amare, ponga rose sul loro cammino, perché esso sia più semplice e più sereno.

  119. Ricordi il monaco che la sua vista è corta e più corta è la sua capacità di comprendere, non proietti mai la propria esperienza sulla vita di coloro che gli è dato di amare perché ogni vita è un mistero.

  120. Non chieda mai il monaco la prova d'essere amato perché questo è una mancanza di fede.

  121. Quando il monaco si sente incapace di amare sappia che può almeno comportarsi come se egli ardesse d'amore, perché già in questo c'è una volontà di amare.

  122. Là dove non c'è l'amore supplisca la tenerezza e il rispetto, rammenti il monaco che amare è spesso un dovere difficile e non si meravigli di sentire in sé la ribellione perché amare senza sofferenza significa amare solo quando l'amore è un atto di desiderio. Tenti con tutte le sue forze il monaco di amare contro la ribellione della propria anima e di fronte ad ogni sconfitta riconosca la propria debolezza e si sforzi di ricominciare da capo.

  123. Quando il monaco non saprà resistere al suo rifiuto e opererà violentemente contro se stesso e contro coloro che gli è dato di amare respingendo l'obbedienza alla santa Regola, lo faccia con rispetto di ciò che non sa comprendere e nel negare il suo amore adduca sempre a motivo la propria debolezza, anche nel rifiuto e nella disobbedienza alla Regola rammenti il monaco che la creatura umana è fragile e che egli stesso è fragile e a nulla giova aggiungere altro male a quello che già si commette non amando.

  124. Quando il monaco sentirà la felicità vibrare nel suo petto e giungerà ad amare con profondità e partecipazione non tema che gli sia tolta la sua consolazione perché non è la sua felicità ad avere un valore ma la realizzazione di un amore più grande di cui egli è parte e non fine.

  125. Quando il monaco esulta e vede la terra fiorire sotto i suoi piedi dica nel suo cuore: "oggi sono felice" e renda grazie di ciò che gli è concesso e più non si fermi a riflettere ma subito si rimetta al lavoro.

  126. Quando il monaco esulta e comprende di essere amato sappia che la felicità è la consapevolezza dell'amore, da questo solo deriverà la sua forza e l'amore porrà dentro il suo cuore radici profonde.

  127. Rammenti il monaco che la vita si conclude nella morte e la felicità nella tristezza, la comunicazione nella solitudine, gioisca di ciò che gli è concesso e pensi che egli partecipa di una gioia che non gli appartiene.

  128. Non chieda mai il monaco per sé la gioia o la letizia, queste cose non gli appartengono, si rallegri quando ciò gli sarà concesso, ma non sia triste quando nel suo cuore non c'è né gioia né letizia, perché sua unica eredità è l'obbedienza.

  129. La gioia del monaco consiste nell'accettare di obbedire con gioia.

  130. Impari il monaco a sorridere anche quando ha l'angoscia nel cuore, ma faccia in modo che nel suo sorriso non ci sia falsità o idea di merito, nessuna altra ragione c'è nel servire se non il fatto che servire è secondo la santa Regola che è la Regola dell'amore.

  131. Ricordi il monaco che quando il suo cuore lo conduce lontano dalla santa Regola egli deve seguire la Regola e non il suo cuore perché la santa Regola è la Regola dell'amore e sovente il cuore si lascia condurre lontano dall'amore, alla ricerca di sé, alla ricerca di una salvezza o di una speranza che non giova ma inganna, non c'è altra salvezza che nel seguire la Regola, se il monaco si sarà abbandonato alle speranze del suo cuore non si senta mai deluso perché nulla gli è stato tolto e nulla in fondo gli è mai stato promesso, rammenti che amare è il suo compito e cominci ad amare senza condizioni e senza esitare.

  132. Si affidi il monaco totalmente nelle mani di coloro che gli è dato di amare, sappia stare vicino a loro con amore quando essi desiderano la sua presenza e sappia stare lontano da loro con amore quando essi non hanno bisogno di lui, perché il monaco non è al servizio di sé ma di coloro che gli è dato di amare.

  133. Non individui mai il monaco coloro che gli è dato di amare secondo il loro modo di corrispondere al suo affetto, né secondo la loro gradevolezza o secondo le affinità, questi criteri vengono dalla ricerca di sé e non dalla santa Regola.

  134. Due soli criteri soccorreranno il monaco in primo luogo egli amerà coloro che avranno desiderato di essere amati da lui, quindi coloro cui il suo amore giova di più.

  135. Non è dato al monaco disconoscere quelli che gli è concesso di amare, né abbandonarli per nessuna causa, salvo che ciò per essi non sia la cosa migliore. La Regola dell'amore non ammette errori né ripensamenti, perché essa non comporta scelte ma solo accettazione, essa non crea diritti ma obbliga a servire. Tuttavia nessuno troverà condanna nelle parole della Regola perché la via della Regola è una via molto aspra e difficile.

  136. Quando il monaco sentirà dentro di sé il conflitto tra l'amore e il desiderio, o tra l'amore e la spontaneità, o tra l'amore e la ricerca di sé, scelga l'amore perché il desiderio conduce a cercare ciò che non esiste, la spontaneità conduce alla ricerca di una risposta e l'amore di sé conduce lontano dalla santa Regola.

  137. Quando il monaco si sentirà abbattuto e stanco, senza desideri e incapace di amare, si faccia forza e ponga la massima attenzione a coloro che gli è dato di amare, se essi cercheranno la sua presenza corra da loro senza indugiare e chiuda nel suo cuore la perplessità e lo scoraggiamento, se essi non cercheranno la sua presenza sappia mettersi da parte e servire se giova con una presenza discreta e fedele, ma se giova ancora di più sappia sparire perché questo può essere la massima forma d'amore.

  138. Il monaco potrà sentirsi amato ed essere felice più di tutti gli uomini della terra, egli potrà avere i piedi sulla terra e il capo nel paradiso, potrà avere il cuore colmo di felicità, ma in tutte queste cose rammenti che la sua fedeltà a coloro che lo amano deve essere assoluta e totale ed egli dovrà sforzarsi in ogni attimo della sua felicità di dimenticarsi di sé e di ricordarsi di coloro che hanno scelto di amarlo.

  139. Non desideri mai il monaco l'anima di coloro che gli è dato di amare, ma se essi gli doneranno la loro anima cerchi di essere degno del dono altissimo che ha ricevuto e si ricordi che gli è dato ricevere quel dono al fine di un bene più grande perché le anime appartengono a Dio soltanto.

  140. Nella felicità non dimentichi mai il monaco che colui che ama non cerca la propria felicità, egli sia quindi felice solo se la sua felicità coincide con la felicità di coloro che gli è dato di amare, e se così non fosse scelga la strada dell'amore piuttosto che quella della felicità e  la felicità di coloro che gli è dato di amare piuttosto che la propria.

  141. Ricordi il monaco che la fedeltà è un dovere e la fedeltà verso coloro che ci hanno donato il loro amore è il più sacro dei doveri, sia dunque il monaco uomo della felicità finché questo sarà un atto d'amore, e in ogni caso non receda dal suo dovere di amare con fedeltà, si sforzi di rendere il suo amore semplice e senza difetto, cerchi con l'impegno fervente di tutta la sua anima e di tutte le sue forze e di tutto il suo essere di non deludere coloro che gli hanno donato il loro amore, perché se amare è difficile, corrispondere all'amore è difficilissimo e richiede l'impegno totale della vita, dimentichi dunque il monaco che la notte segue al giorno, dimentichi ogni suo dovere, finanche il più sacro, ma si ricordi prima di ogni altra cosa di corrispondere all'amore con l'amore, al dono dell'anima con la propria anima, senza riserve e senza esitazioni. Beati quelli che avranno saputo rispondere senza tentennamento.

  142. Non ecceda mai il monaco rispetto a ciò che la Regola comanda, non si lasci guidare né dall'intuizione né dalla sua presunta capacità di comprendere e ricordi che sempre e soltanto dal punto di vista di colui che riceve un atto d'amore tale atto deve essere giudicato, si sforzi quindi il monaco di uscire da se stesso e di identificarsi con quelli che gli è dato di amare e si renderà conto che la Regola è la misura di prudenza oltre la quale l'amore diviene aggressione e conquista.

  143. Sia il monaco perseverante nel servire e prodigo di quanto gli viene richiesto, impari prima di ogni altra cosa il senso del rispetto e della misura e si ricordi che la fragilità di una creatura ne rende infinito il valore.

  144. Quando il monaco avrà perduto la speranza conservi almeno la fede in coloro che gli è dato di amare perché la sua speranza è riposta nelle loro mani come in uno scrigno sicuro ed essi la conserveranno per non farla morire.

  145. Non abbia mai il monaco fiducia in sé medesimo e non cerchi in sé la ragione della sua forza, perché solo in coloro che gli è dato di amare egli potrà riconoscere il vero motivo della sua vita.

  146. Riconosca il monaco l'esitazione di coloro che gli è concesso di amare e da quella esitazione comprenderà quanto è amato, risponda a quell'esitazione con una certezza anche se egli non ha dentro di sé alcuna certezza e quella certezza diventerà la ragione stessa della sua vita.

  147. La luce del monaco risiede nel cuore di coloro che gli è dato di amare, non si affatichi dunque il monaco a cercare la sua luce dentro di sé perché la luce della sua anima è fuori della sua anima, esca quindi da se stesso e cerchi la sua luce nell'anima di coloro che gli è dato di amare.

  148. Accetti il monaco di essere amato perché questa è una altissima forma d'amore, non opponga mai resistenza, non proponga mai modelli né domandi spiegazioni, accetti di darsi completamente e senza condizioni, e comprenda che non è capace di amare colui che non accetta di essere amato.

  149. Guai al monaco che resiste all'amore perché in ciò stesso egli si condanna ad una vita senza significato, egli è come colui che in mezzo al deserto rifiuta l'acqua del refrigerio.  

  150. Sia il monaco paziente in ogni circostanza, chini il capo e riconosca che i giorni della sua vita non contano nulla e a nulla vale cercare di riempirli d'altro che d'amore e vi è più amore nell'attesa paziente che nel desiderio

  151. Quando il monaco vedrà il suo orizzonte oscurarsi e la tenebra invadere il suo cuore sappia che per chi sa attendere giungerà un'altra alba, in quell'alba si affretti a seminare una speranza perché un'altra notte seguirà, ma per quelli che hanno una speranza la notte è più breve.

  152. Confidi il monaco nel silenzio di quelli che gli è concesso di amare e sia la sua fiducia più forte di qualunque evidenza, non tenti di scrutare i segreti dei cuori, gli basti invece la sua speranza.

  153. Nelle parole di coloro che gli è concesso di amare ricerchi il monaco prima di ogni cosa un segno d'amore, sappia vederlo anche dove esso è debole e lasci che metta radici nel suo cuore, ma se troverà in quelle parole un segno di freddezza e di disaffezione non abbia timore, la sua fede vinca il suo timore, lasci al giorno che passa la fugacità delle impressioni e conservi per il futuro la sua certezza.

  154. Impari il monaco a servire con gioia e questa sarà la sua gioia.

  155. Impari il monaco a servire con affetto e rispetto e questa sarà la sua gioia.

  156. Impari il monaco a confidare nella Regola e in coloro che gli è dato di amare piuttosto che in se stesso e nella propria intelligenza perché questa sarà la sua gioia.

  157. Il monaco non abbia mai fretta di costruire e soprattutto non abbia mai fretta di demolire, perché la volontà di costruire in fretta è segno di desiderio e non d'amore ma la volontà di distruggere in fretta è segno di incomprensione profonda e cela il senso della sconfitta e del rifiuto.

  158. Quando il monaco è agitato da interrogativi cui non sa dare risposta e cerca in vano di dare ordine ai suoi pensieri vada piuttosto a riposare e si levi al mattino con l'intento di pensare di meno e di amare di più, da coloro che gli è dato di amare e non da se stesso riceverà il suo sollievo, ma non lo cerchi nelle loro parole ove pure potrebbe trovarlo, ma solo nella loro felicità che è l'unico valore.

  159. Valorizzi sempre il monaco le ragioni dell'amore e della speranza e dimentichi quelle del disamore e della sfiducia perché per amare ogni ragione è buona e nessun motivo potrà mai giustificare il rifiuto e il disamore.

  160. Di fronte alla gioia il monaco partecipi alla gioia, di fronte alla tristezza partecipi alla tristezza, se non ritroverà nel suo cuore una consonanza di sentimenti esca da se stesso e troverà la capacità di vivere la sua partecipazione.

  161. Non si affanni il monaco a parlare né a discutere cercando di fare prevalere ciò che ai suoi occhi appare la scelta migliore, rispetti piuttosto tutto ciò che non è suo, si sforzi di comprenderlo e di entrarvi con tutta la propria anima, perché sforzarsi di comprendere è un atto d'amore, quando il monaco non saprà che cosa dire resti in silenzio e mantenga la sua fedeltà, il destino di coloro che gli è dato di amare non è nelle sue mani ma nelle mani di Dio il cui disegno è imperscrutabile, basti al monaco sapere che Dio non opera mai in vano, ciò che il monaco non comprende sia dunque oggetto di un atto di fede.

  162. Non creda mai il monaco che il bene e il male siano nelle sue mani o che gli sia concesso di rendere felice colui che è afflitto, suo compito è servire con amore e fedeltà, non mutare l'amarezza in gioia o il pianto in consolazione.

  163. Non ardisca mai il monaco credere di comprendere ciò che non si può comprendere o credere di dare certezze a chi non le ritrova da se stesso, non faccia mai il monaco domande e non esiga risposte, perché le parole obbligano chi le pronuncia ed è un atto doveroso di rispetto accettare il silenzio di colui che non risponde.

  164. Muti il monaco il suo volto da istante a istante secondo ciò che sarà migliore senza che in ciò vi sia falsità e non cerchi la propria gratificazione al di fuori di quello che gli sarà concesso.

  165. Il monaco esca da sé prontamente e senza esitare ma questo uscire da sé sia un atto d'amore e non di superbia.

  166. Non ardisca il monaco credere di essere guida o riferimento di coloro che gli è dato di amare né di essere per essi in alcun modo necessario.

  167. Riconosca il monaco che come la sua speranza è posta nelle mani di coloro che gli è dato di amare così la speranza di coloro che gli è dato di amare è posta nelle sue mani, la custodisca dunque come in uno scrigno sicuro per non farla morire e l'alimenti di tutto se stesso.

  168. Confidi il monaco in coloro che gli è dato di amare perché essi saranno per lui l'unica ancora di salvezza, non si attenda da loro nulla come dovuto, ma abbia fiducia nella loro capacità di amare, perché non confidare nell'amore di coloro che è concesso al monaco di amare è atto di superbia di chi cerca in sé la propria motivazione e non sa che la sua luce è altrove.

  169. Quando il monaco vedrà che altri uomini conducono diversamente la loro vita e diversamente giudicano sappia che nella diversità delle loro azioni e della loro vita essi seguono la santa Regola che non è mai la medesima per tutti né è immutabile nel tempo perché a ciascuno è data la sua legge e ad ogni giorno basta la sua pena, non resti mai il monaco sconcertato da ciò che non comprende e rammenti che al di là di ogni diversità c'è una unità più profonda, che l'amore è al di là del rifiuto, che la comprensione è al di là delle parole.

  170. Quando il monaco comprenderà che un altro uomo secondo la propria Regola si sforza di amare e in quella Regola il monaco non  ritroverà se stesso sappia che quella Regola non è meno santa ma appare solo diversa a colui che non comprende che essa è una Regola d'amore, si sforzi dunque il monaco di farla propria e di accettare quanto gli pare giusto perché la sua capacità di amare sia sempre maggiore.

  171. Obbedisca il monaco e sia fedele a coloro che gli è dato di amare, non si allontani mai da loro, e finché ciò possa essere loro di giovamento, sia come la loro ombra.

  172. Rammenti il monaco che la fedeltà e la dedizione permettono all'amore di porre radici profonde, beato colui che resterà fedele e servirà con dedizione coloro che gli è dato di amare.

  173. Talora accadrà al monaco di non trovare risposta, di sentire nelle parole che gli vengono rivolte il senso della disillusione e dell'indifferenza, talora avrà l'impressione che coloro che gli è dato di amare non ripongano più in lui la loro fiducia o che non lo ascoltino o lo tengano al margine dalla loro vita, rammenti allora il monaco che colui che ama veramente non pensa, non attende, non desidera, non si ricorda di se stesso e non si rammarica che per la propria debolezza e per la tristezza di coloro che gli è dato di amare e in ogni istante non cessa di servire con amore e fedeltà.

  174. Quando il monaco percepisce dentro di sé il fermento del disamore, il senso della freddezza e dell'indifferenza, non si fermi a scrivere di queste cose per non rendere stabili e duraturi i vizi della propria anima, tenti in ogni modo di uscire da se stesso e se anche questo gli sarà difficile cerchi comunque e con tutte le sue forze di soffocare dentro di sé i propri sentimenti, perché l'amore più viziato e più distorto è comunque amore ma l'aridità ha il senso dell'indifferenza e del vuoto, guai al monaco nelle cui parole e nei cui gesti e soprattutto nelle cui omissioni si troverà traccia di aridità o di rifiuto perché egli sta dissipando la ricchezza della sua vita e sta seminando la morte nei cuori di coloro che gli è dato di amare, si ravveda dunque di fronte alla sua debolezza, chiuda dentro di sé la propria amarezza e la propria incapacità di amare e cerchi in ogni modo di non spargere il proprio veleno.

  175. Rammenti sempre il monaco che su un solo punto egli sarà giudicato, nell'ultimo giorno egli sarà chiamato a rispondere solo dell'amore.

  176. Guai al monaco che cerca in coloro che gli è dato di amare un pretesto per poterli odiare o per potere giustificare la propria infedeltà e la propria indifferenza, guai al monaco ipocrita che non si sforza di amare con tutto se stesso e invoca l'assenza di una corrispondenza come motivo a giustificazione della propria aridità.

  177. Guai al monaco che non governa la propria anima e non la riconduce alla obbedienza alla Regola, egli non cerca la propria libertà ma la propria rovina.

  178. Non si fermi mai il monaco a riflettere sulla propria amarezza, gli basti la fiducia nel futuro e la certezza che viene dalla Regola, si fermi invece a riflettere sulla tristezza di coloro che gli è dato di amare e si domandi se essa non dipenda anche da lui, si ponga quindi per quanto è in lui col massimo impegno a rimuovere le cause di quella tristezza, qualsiasi sia la sua immediata reazione, esca da se stesso e si ritroverà capace di amare.

  179. Il senso dell'amore è nell'amore, guai al monaco che avrà un altro fine o non ne troverà alcuno, egli si è condannato non solo a vivere una vita di solitudine, ma una vita senza pace. Il senso della fedeltà è nell'amore, guai al monaco che esita e cerca conferme perché la fedeltà è anch'essa una forma d'amore.

  180. Guai al monaco che crede di bastare a se stesso e si allontana dalla fedeltà e dall'amore, egli ha perso il senso della propria vita.

  181. Sia il monaco fedele nell'amore anche contro se stesso, perché colui che non è fedele è come colui che posta mano all'aratro si volge a guardare indietro perché non è capace di servire se non quando ha dentro di sé l'entusiasmo del neofita, beato colui che sarà perseverante e accetterà di servire con amore fino a distruggere se stesso, perché egli sarà capace di uscire da se stesso e si ritroverà capace di amare.

  182. Beato colui che domina i pensieri del suo cuore e in tutto si conforma alla Regola, egli non conoscerà dubbio né incertezza e i suoi passi saranno condotti sulla via dell'amore, se non gli sarà concesso di vedere i frutti del suo servire gli basti la certezza di avere amato.

  183. Guai al monaco che indaga il comportamento altrui per cercare i motivi del proprio disamore e della propria ribellione alla Regola, guai al monaco che si compiange o che valuta il suo servire come cosa preziosa, guai al monaco che, accecato dalla freddezza del proprio cuore, tenta di attribuire la sua infedeltà ad altro che alla sua debolezza, guai al monaco che non respinge la tentazione della ribellione e anzi di essa si compiace come se fosse un modo per salvare la propria anima, guai al monaco che si abbandona a pensieri di solitudine, guai al monaco che medita l'abbandono come mezzo per salvare se stesso, guai al monaco che misura la sua dedizione e pesa le parole di coloro che gli è dato di amare, guai al monaco che fa del proprio amore un oggetto di scambio, guai al monaco che resta in silenzio quando dovrebbe parlare, guai al monaco che parla quando dovrebbe restare silenzioso, guai al monaco le cui parole non sono un atto d'amore, guai al monaco il cui silenzio non è un atto d'amore, guai al monaco che frena il suo slancio o misura il suo impegno, guai al monaco che quando è stanco o sfiduciato presume di trovare il suo riposo in altro che nel continuare ad amare contro ogni evidenza.

  184. Rammenti il monaco che la debolezza si cela spesso sotto le vesti dell'aggressività e l'amore si cela sotto le vesti della riservatezza e del silenzio, che spesso l'amore esiste anche quando mancano le parole e che un momento di amarezza non è una mancanza d'amore. Rammenti il monaco che  servire è il suo compito e che a lui non spetta creare i presupposti della gioia di coloro che gli è dato di amare perché questo non è in suo potere, al monaco spetta solo servire senza comprendere e amare con fedeltà e impegno. Dove l'amore viene meno subentri la volontà che è un impegno d'amore.

  185. La vita del monaco è intessuta di attese, ma guai al monaco che attende qualcosa per sé oltre ciò che gli sarà concesso per grazia, sia sempre la sua attesa un doveroso atto d'amore. Attendere è il primo atto di comprensione e di fiducia.

  186. Guai al monaco che ha scelto di ragionare d'altro che d'amore e di fedeltà, egli crede di avere operato una scelta, ma la sua falsa scelta non è che un tradimento, se il tradimento è un atto grave di debolezza, peggiore è premeditare il tradimento e farsi vanto della propria incapacità di amare, godendo dei pensieri di odio e di abbandono, covando il senso della vendetta e meditando pensieri di morte. Guai al monaco che si tratterrà a riflettere su altro che non sia il modo migliore di servire. Beato colui che nell'angustia soffoca se stesso e con maggiore zelo si pone all'opera per costruire un amore più grande.

  187. Quando l'idea di abbandonare coloro che gli è dato di amare e di distinguere dal loro il suo destino si fa strada nell'anima del monaco, non esiti egli ad agire con ogni mezzo contro la propria anima e la riconduca alla Regola perché giova più una correzione spietata del proprio errore che l'abbandonarsi alla meditazione di un destino di morte. Non si affatichi il monaco a fuggire altre tentazioni che quella unica che può condurlo alla rovina e sappia che resistere alla Regola dell'amore, rifiutare di servire con solerzia e con gioia, negare anche una parte minima di sé a coloro che gli è dato di amare è per il monaco la colpa più grave, l'unica colpa che può avviarlo su un sentiero di rovina, l'unica colpa della quale gli sarà domandato conto nel giorno del giudizio.

  188. Vesta il monaco l'abito della gioia quando sarà chiamato a incontrare coloro che gli è dato di amare, offra ciò che ha di più prezioso, accenda dentro di sé l'entusiasmo dell'amore, non resista in nessun modo all'entusiasmo che ritrova in sé, cerchi anzi di migliorarsi e di essere fedele nell'amore e sereno nella sua fiducia nel futuro, sia il monaco un portatore di gioia e un annunciatore di letizia, allontani la tenebra se essa avvolge il suo cuore e agisca da uomo libero perché così facendo egli si riscoprirà capace di amare.

  189. Rammenti il monaco che in ogni giorno si può incontrare la morte ma ogni giorno si può spargere un seme di vita, guai al monaco che si rinchiude nella solitudine della sua disperazione e nasconde sotto i buoni sentimenti l'odio o il disamore. La doppiezza è un male che si insinua nel cuore del monaco e lo conduce all'ipocrisia, all'incapacità di giudicarsi e di migliorarsi, sia il monaco capace della verità con la dolcezza dell'amore, qualunque cosa egli dica o faccia mantenga innanzitutto il rispetto che è la misura minima dell'amore.

  190. Quando il monaco avvertirà di non essere stato perdonato per i suoi errori non covi risentimento e avversione per colui che non lo ha perdonato, pensi comunque che egli non è stato perdonato per una mancanza che pure ha commesso e che con quella mancanza  egli ha anche provocato nell'altro l'angoscia dell'incapacità di perdonare. Accetti dunque il monaco la condanna pronunciata contro di lui perché essa è giusta e maggiormente ami colui che non lo ha perdonato perché lo ha ferito due volte, si sforzi anzi di amarlo di più perché il suo errore possa essere dimenticato e l'altro ritrovi la gioia dell'amore senza risentimento.

  191. Quando il monaco dovrà incontrare coloro che gli è dato di amare si affatichi a cercare dentro di sé il meglio di se stesso, ma quando ciò gli sembrerà difficile non si arrovelli a cercare compromessi con la propria coscienza e meno ancora a costruire ragionamenti e discorsi ambigui perché tutto ciò è un segno di falsità e di ipocrisia, là dove l'amore si mescola ad altri sentimenti esso perde la sua genuinità e si avvelena, si sforzi dunque il monaco, quando non trova in sé motivazioni sufficienti, di sperare con fiducia di essere illuminato, smetta di ragionare ed abbia la forza di resistere alla parte peggiore della propria anima e quando sarà venuto il tempo ritroverà il senso dell'amore.

  192. Gioisca il monaco della sua fedeltà ma non desideri di essere amato per la sua fedeltà che non è un merito ma un dovere.

  193. Si allieti il cuore del monaco quando troverà anche il minimo segno di corrispondenza, ma in ogni caso non la ricerchi e non la desideri, dimentichi subito il monaco le incomprensioni di cui crede di essere stato oggetto perché certo egli le ha sopravvalutate e si domandi se esse non dipendano piuttosto da lui e dal suo sconsiderato modo di agire.

  194. Il monaco ceda sempre il passo  a coloro che gli è dato di amare, impari a tacere e a comprendere prima che a desiderare di essere compreso perché è scritto: colui che molto ama si fa servo di colui che egli ama.

  195. Rammenti il monaco che nulla è nelle sue mani ma tutto è nelle mani di Dio, si abbandoni totalmente alla Regola e non tenti di comprendere o di prevedere, non speri null'altro che la capacità di obbedire alla Regola anche quando essa lo conduce lontano da se stesso.

  196. Guai al monaco che promette fedeltà e non mantiene la sua promessa, non solo egli ha cessato di amare ma ha ingannato coloro che gli è dato di amare inducendo in loro una falsa speranza.

  197. Il monaco non giudichi mai disumano lo sforzo che la Regola gli richiede ma quando ciò accadrà si sforzi di essere padrone di se stesso e di non abbandonarsi alla debolezza della sua anima, ma comprenda che la via dell'amore è difficile non nell'astrattezza delle parole ma nella concretezza della vita vissuta, il monaco dunque non si compiaccia della parola della Regola se non ne ha compreso profondamente lo spirito.

  198. Ricordi sempre il monaco che la Regola è scritta nel suo cuore, allontani dunque dal suo cuore tutto ciò che lo rende pesante e sarà più vicino a comprendere lo spirito della Regola.

  199. Ricordi il monaco che la Regola dell'amore deve identificarsi con la stessa vita in ogni suo momento e che la Regola indica una strada difficile, quando dunque il monaco starà per smarrirsi ricordi che la via dell'amore richiede la distruzione e l'annullamento di sé e non si ribelli alla propria sofferenza ma l'accetti come dovere e la viva con letizia  come colui che dalla morte aspetta una vita nuova.

  200. Beato colui che avrà chinato la testa e avrà accettato di soffrire in silenzio perché la sua ribellione sarà chiusa dentro la sua anima e non potrà testimoniare contro di lui nel giorno del giudizio.

  201. Rammenti il monaco che essere servo di colui che si ama non è nè umiliante nè faticoso, colui che servendo prova umiliazione o fatica non ha compreso che cosa significhi amare.

  202. Sia il monaco fedele nell'amore, coltivi il suo entusiasmo con dedizione costante, partecipi con gioia alla vita di coloro che gli è dato di amare e non tema di essere importuno perché non ottiene risposta o la ottiene parzialmente, rammenti che la risposta è spesso molto difficile e dove mancano le parole l'affetto può essere più profondo e più sofferto.

  203. Ricordi sempre il monaco che la sua unica eredità consiste nell'accettare di servire e di amare senza possesso, non consideri mai la sua solitudine come un peso perché colui che è solo può spendere se stesso senza remore e senza riserve.

  204. Non tema il monaco la solitudine poiché essa non è una privazione, nè una mancanza, né un merito, né una sofferenza, è piuttosto una moneta da spendere per l'acquisto della serenità di coloro che ci è dato di amare, non ami il monaco la solitudine come se egli fosse destinato alla solitudine o ne avesse fatto oggetto di scelta, l'accetti e la viva con gioia quando essa coincide con la via segnata dalla Regola, ma sappia abbandonarla senza alcuna esitazione quando la Regola lo condurrà per altre vie. Non la solitudine né la sua negazione sono valori, solo la Regola condurrà i passi del monaco sulla via della pace.

  205. Ricordi il monaco che la speranza consiste non nello sperare ma nel fare nascere la speranza, la felicità consiste non nell'essere felici ma nel fare nascere la felicità, l'amore consiste non nell'essere amati ma nell'amare.

  206. Rifletta il monaco sulla brevità della sua vita, ma non si chieda cose che il suo intelletto non può comprendere, si fermi invece a domandarsi quale sia l'uso migliore del tempo che gli è concesso, ma non sottragga mai tempo al suo servire per attardarsi nella meditazione perché servire e non meditare  è il suo unico compito.

  207. Né la morte né la fragilità saranno per il monaco oggetto di meditazione se non al fine di rendere migliore la vita di coloro che gli è dato di amare.

  208. Il mondo delle creature è fragile, e breve è la vita, sappia dunque il monaco dedicarsi a ciò che più giova a coloro che gli è dato di amare, perché la loro consolazione sarà la sua consolazione, perché, fra creature deboli e mortali, solo l'amore ha un valore  perché esso rende piena e felice quella debolezza e quella mortalità.

  209. Non passi un giorno senza che il monaco abbia tentato con tutte le sue forze di uscire da se stesso, perché altrimenti egli avrebbe perduto la sua giornata e il patrimonio dei suoi giorni è limitato.

  210. Non abbia il monaco l'ossessione della morte, perché colui che tenta di riempire d'amore la sua vita compie un'opera che la morte non potrà distruggere e semina nei cuori di coloro che gli è dato di amare una pianta di cui  egli non vedrà i frutti, gli basti dunque la certezza che il suo amore non si estinguerà con lui ma potrà rendere migliore la vita di coloro che egli ama.

  211. Accetti il monaco la propria debolezza e parli di essa e dei suoi timori senza esitazione e senza vergogna ma quando la sua debolezza potrà creare smarrimento in coloro che lo ascoltano perché essi hanno bisogno di certezza e di speranza, non muti il suo atteggiamento come se essi non potessero comprenderlo ma si ricordi che oltre la sua debolezza c'è la sua forza e oltre la sua esitazione c'è la fiducia nel futuro e la certezza dell'amore, sappia vivere la sua debolezza come un mezzo necessario per conquistare una certezza più grande e quanti saranno intorno a lui comprenderanno che la debolezza del monaco non lo conduce alla disperazione e che la sua esitazione non è che un segno d'amore.

  212. Quando anche il monaco avesse rinvenuto in sé colpa, incertezza od omissione, non si affligga per tutto questo ma consideri che anche per il monaco la via della Regola è difficile e faticosa, si fermi dunque a riflettere sul modo migliore per porre rimedio a ciò che ha compiuto o per compiere ciò che ha omesso di compiere.

  213. Ricordi il monaco che egli dovrà essere il primo a cedere in ogni questione di orgoglio e l'ultimo in ogni questione di amore o di speranza, ma se il monaco non si sarà comportato in questo modo non si affligga di ciò ma cerchi secondo le proprie forze di seguire la Regola.

  214. Ricordi sempre il monaco che la Regola è la via della vita e che per chi si sforza di seguirla con purezza di cuore non c'è né ricompensa né merito, essa non avvicina al monaco coloro che già non gli sono vicini né allontana coloro che già non gli sono lontani, essa non rende migliore la vita perché non è dato al monaco di influire sulla vita di alcuno e neppure sulla sua vita, perché essa non gli appartiene, tuttavia la Regola deve essere seguita senza esitazione, con la prontezza di colui che confida in essa, ma essa nulla promette.  

  215. Si sforzi il monaco di essere un esempio di fede e di speranza anche se nel suo cuore non c'è né fede né speranza perché per colui che è smarrito la speranza è migliore della disperazione e il monaco spesso si smarrisce, ma guai al monaco che attende un frutto dalla sua vita o dalla sua parola, si accontenti di essere strumento di quanto non può comprendere e questo sarà il suo atto di fede, non proietti mai il monaco la sua fantasia ad esplorare il futuro o a costruire speranze, queste cose non fanno che creare illusioni perché la fede vera è cieca.

  216. Accetti il monaco la propria debolezza e impari a convivere con essa, non per farsene un vanto o un motivo di soddisfazione ma per non crearsi eccessive preoccupazioni che lo impegnerebbero in una ricerca di falsa perfezione e lo condurrebbero a confidare in sé stesso più che nella Regola.

  217. Guai al monaco che pone mano all'aratro e si volta a guardare indietro, egli si è allontanato dalla Regola, ritorni al più presto alla sua opera, se l'aveva abbandonata perché in essa non aveva riposto speranza rifletta e comprenderà che per il monaco la speranza è un dovere anche contro l'evidenza perché l'evidenza della disperazione si basa su speranze che proiettano il monaco lontano dalla Regola e gli fanno presumere di avere diritto o dovere di giudicare.

  218. Quando il monaco chiude la sua giornata esamini se stesso, se non avrà trovato motivo di biasimo circa la propria condotta esamini meglio la propria coscienza e soprattutto le proprie azioni, non si attardi a fare della Regola in nessun caso un metro per valutare la propria coscienza perché nulla vale scrutare la propria coscienza o riflettere troppo sulle motivazioni delle proprie azioni, né creda che il bene e il male siano atteggiamenti della coscienza, perché il bene e il male sono nelle azioni, la buona intenzione può scusare il monaco che ha agito male ma in ogni caso egli ha agito male, il monaco si riconosca dunque debole e si volga a riflettere sul passato solo se ciò può giovare per l'avvenire a costruire nei fatti propositi migliori.

  219. A ciascuno sono dati diversi doni, così è dunque anche del monaco, ma egli spesso non riconoscerà i suoi doni e li crederà causa di afflizione e di sconforto perché misurerà la sua ricchezza sulla utilità che egli crederà di poterne trarre per sé o per coloro che gli è dato di amare e così facendo disperderà gran parte del suo tesoro perché non ciò che il monaco crede virtù ha valore, ma ciò che anche senza che il monaco lo comprenda giova a coloro che gli è dato di amare. Vi può essere infatti una grandissima virtù anche nella debolezza, così come nessuna utilità può derivare da ciò che il monaco considera la parte migliore di sé, si allontani dunque il monaco dal riflettere sui propri meriti come sui propri demeriti perché egli giudica secondo le sue supposizioni mentre il valore delle cose è secondo un disegno più grande.

  220. Non creda il monaco di avere merito ma sappia riconoscere che gli è data una singolare facoltà perché egli, che pure nulla vale, è unico e non è sostituibile, ma ciò non lo induca alla superbia ma lo renda più umile perché egli non può comprendere il significato di ciò che gli è concesso di operare.

  221. Ceda il monaco senza resistere di fronte ad ogni richiesta d'amore, ma in questo non ceda a se stesso ma a coloro che gli è dato di amare, guai al monaco che indurisce il suo cuore e non ascolta la voce che lo chiama perché egli sta sperperando il suo tesoro.

  222. Quando sarà concesso al monaco di vivere qualche momento di felicità si guardi egli dal distruggerlo meditando sulla sua brevità o su simili cose, si soffermi invece a riflettere sul fatto che quella felicità potrà renderlo più capace di capire e di amare, perché il monaco anche nel suo distacco dovrà cercare di vivere una partecipazione profonda alla vita di coloro che gli è dato di amare, non preferisca mai il monaco la solitudine o il distacco, li accetti quando saranno il suo unico rifugio ma ne sappia fare a meno quando gli sarà dato di intuire più profondamente quale sia il suo compito.

  223. Legga il monaco nella debolezza di coloro che gli è dato di amare non un atto di debolezza ma un atto d'amore perché colui che ama è esitante, sappia il monaco prendere esempio da tutto ciò e non si ritragga dal corrispondere come meglio può a quanto gli viene richiesto ma impari a sua volta ad essere esitante come colui che ama.

  224. Quando verrà per il monaco il tempo dell'angustia e della tribolazione, il tempo in cui l'agitazione gli invaderà il cuore e lo terrà sveglio nella notte, in cui vedrà la sua vita correre verso la morte e la sua volontà di vivere affievolirsi di giorno in giorno, si ricordi allora che è proprio in quei momenti che il cuore del monaco è messo alla prova e non cerchi nella sua tribolazione alcun merito ma non si abbandoni neppure all'angoscia perché la morte è inevitabile ma essa non è né un bene né un male, perché tutto il bene e tutto il male sono contenuti nella vita, ogni forma d'amore è bene, ogni mancanza d'amore è male.

  225. L'ansia del nulla e la tentazione di sminuire il valore della propria vita si annideranno nel profondo dell'anima del monaco, quando tali sentimenti torneranno però alla sua coscienza, il monaco non si abbandoni ad essi ma se non riesce a ritrovare nulla di migliore, si fermi a meditare sulla Regola e cerchi di comprendere che il valore della propria vita consiste nel non concentrarsi sulla propria persona e che perciò anche riflettere sulla propria incapacità di amare significa essere ancora incapaci di uscire da sé. Né si angusti poi il monaco della propria incapacità cercando di ragionare di vane perfezioni, cerchi piuttosto le persone che gli è dato di amare perché solo presso di loro potrà trovare la sua serenità, ma se anche qui non gli riuscirà di ritrovarla accetti con pazienza la sua debolezza e cerchi di uscire da sé per quanto gli riesce.

  226. E' difficile amare senza entusiasmo, contro i propri desideri di morte, è difficile amare quando l'amore si proietta in una speranza che non coinvolge personalmente, è difficile uscire da sé, abbandonare i propri pensieri di morte e protendersi verso un amore che sia l'incarnazione concreta della Regola perché il monaco persevera in ogni forma d'amore nel porre se stesso in una posizione privilegiata, ma il monaco che conosce la propria debolezza cerchi con tutto se stesso di realizzare attraverso qualsiasi forma d'amore non un desiderio della sua anima ma il bene di coloro che gli è dato di amare, esca dunque da se stesso e si ritroverà.

  227. L'amore non è per se stesso nessuna delle sue possibili incarnazioni, spetterà al monaco, nel caso concreto e secondo ciò che la sua coscienza gli indicherà, ritrovare caso per caso ciò che la Regola gli richiede.

  228. Alla sera di un giorno operoso accadrà spesso al monaco di rimanere solo con se stesso, in quei momenti lo assalirà un senso si smarrimento e di sconforto, cerchi allora di non pensare a se stesso e se non gli riuscirà di uscire da se stesso si abbandoni piuttosto al sonno nell'attesa di un risveglio più sereno, se anche questo gli sarà difficile si metta al lavoro finché la stanchezza non lo avrà sfinito e così si abbandoni al sonno, ma se non riuscirà ad addormentarsi perché continuerà ad essere angosciato da una vana ricerca di motivazioni consideri che non vi è mai una risposta per gli interrogativi vani e che il vano ricercare allontana dalla Regola, ricordi il monaco che avrà smarrito la sua pace che potrà ritrovarla solo uscendo da se stesso, poiché il significato della sua vita consiste nel seguire la Regola, e beato è colui che nella sua angustia saprà riflettere su ciò che più giova a coloro che gli è dato di amare.

  229. Non si affanni il monaco a chiedersi che cosa sia per lui il meglio, né ove la sua vita sia diretta, né creda mai di essere chiamato ad una scelta, perché nulla vi è mai da decidere ma tutto è da accettare, poiché la vita non deve essere un esercizio di intelligenza ma un esercizio di amore e di fedeltà.

  230. Rammenti il monaco che dietro le parole della Regola c'è la profondità della Regola e dietro la profondità della Regola c'è la fragilità delle creature. Non metta mai il monaco a rischio la fragilità delle persone per mantenersi fedele alla parola della Regola o peggio per tenersi coerente al suo spirito più profondo, quando infatti il preteso rispetto della Regola fa prevalere le parole o i precetti sulle anime comprenda il monaco che la sua anima è in preda alla confusione perché egli confonde il mezzo col fine. Il mezzo a nulla giova se non a conseguire il fine e il fine dell'amore deve essere conseguito con ogni mezzo.

  231. Non scorra una giornata senza che il monaco abbia costruito una speranza o senza che egli abbia quanto meno provato a costruire una speranza ma non cerchi il monaco di costruire la propria speranza, perché essa non è nelle sue mani. Esca il monaco dalla prigione del sè e si ritroverà.

  232. Il monaco sia contento di ciò che gli è concesso e non si abbandoni allo sconforto o alla delusione né mediti di abbandonare ciò che è suo dovere compiere perché non ne vede il frutto o non lo vede conforme ai suoi desideri, perché l'albero che fruttifica non lo fa per l'agricoltore ma secondo la sua natura né crescono le messi per colui che le ha seminate ma secondo il loro fine, e ogni cosa ha il suo fine oltre colui che la compie. Accetti il monaco di coltivare la terra e non pretenda di vederne il frutto, si adoperi con ogni zelo per il futuro che egli non vedrà e non segua mai la Regola in funzione di un tornaconto, ma sia come il vecchio che pianta l'olivo che egli non  vedrà fruttificare.

  233. Quando il monaco vedrà che la sua riflessione lo porta alla delusione smetta di riflettere e si dedichi a servire con maggiore zelo. Ma quando la sua riflessione lo porterà alla gioia smetta egli ugualmente di riflettere, perché il fine del monaco non è ricercare le risposte del suo cuore, eredità del monaco è solo servire la Regola che egli porta nel profondo del suo cuore e che non ha bisogno di riflessione ma di semplicità. Molti uomini si perdono per motivo della loro intelligenza che li allontana dalla Regola e li spinge a consumare il loro tempo alla ricerca della consolazione e così accadrà anche al monaco di perdersi per aver dato troppo valore ai pensieri della sua mente, non si fermi allora a pensare al pentimento o al tempo che ha consumato in vane riflessioni, ma si adoperi senza indugio a servire col massimo zelo.

  234. Guai al monaco che veglia in attesa e si compiace dell'ansia di un desiderio o della ricerca di ciò che egli si è prefigurato come conseguenza delle sue azioni, guai al monaco che pretende di comprendere ciò che egli stesso fa o di trovare un perché al di là della sua fedeltà alla Regola.

  235. Guai al monaco che confonde la fede con qualcosa che somigli alla logica e il totale affidamento alla Regola con qualcosa di simile a una scelta. Il monaco ama la Regola non perché la giudica migliore, ma perché la ritrova dentro di sé, non perché la sottopone al vaglio della sua intelligenza, ma perché la Regola è l'intelligenza stessa del monaco, qualora se ne allontani egli perderà l'intelligenza profonda della sua anima e cercherà di sostituirla con la logica e con i ragionamenti.

  236. Non si avventuri il monaco in sentieri impervi ove è possibile disperdersi senza portare tra le sue mani il lume della Regola, ma se è il lume della Regola a guidarlo vada ovunque lo condurranno i suoi passi e non si chieda dove o perché.

  237. L'angoscia del tempo che passa assalirà talvolta il monaco, beato colui che ne trarrà impulso per meglio servire, misero colui che si preoccuperà della sua fine perché egli non è uscito da sé stesso e non ha compreso la funzione dalla sua stessa vita. Ma sappia il monaco che molte volte gli capiterà di essere deluso di se stesso, di non trovare la sua luce e di non sentirsi alla altezza della Regola, sappia che in ciò è una grande verità, se invece egli si sentisse soddisfatto della sua fedeltà alla Regola in ciò sarebbe un grave inganno, perché colui che si sente inadeguato cerca di essere più fedele mentre colui che si sente realizzato ha perso la dimensione di se stesso.

  238. Ricordi il monaco che un sorriso è una forma d'amore, non neghi mai il monaco il suo sorriso perché esso è un modo di servire con dolcezza che parla al profondo del cuore.

  239. Quando il monaco dovrà incontrare coloro che gli è dato di amare si animi nei loro confronti dei migliori sentimenti, non perché la sua volontà deve portarlo a fare ciò che non è conforme alla verità e a dimostrare sentimenti che gli sono estranei ma perché nel profondo del suo cuore il monaco conserva i suoi affetti più profondi per coloro che gli è dato di amare, tolga dunque dal suo cuore tutto ciò che non giova e che confonde e lo ritroverà pieno d’amore, allora il suo sorriso e la sua gioia saranno spontanei.

  240. Il monaco non sia mai possessivo ma meno che mai sia distaccato, perché la possessività è un difetto ma il distacco è una mancanza d’amore. Sia dunque il monaco caloroso nel suo parlare e non nasconda i suoi sentimenti ma dimostri la sua partecipazione. Il sorriso e l’abbraccio siano per lui cosa usuale, quando sente dentro di sè un entusiasmo lo comunichi con ogni mezzo, scintillino i suoi occhi e parlino di felicità a tutti coloro che egli ama.

  241. Sappia il monaco che la sua parola e il suo amore, che pure  nulla valgono, sono uno strumento nelle mani di Dio, sia dunque il monaco strumento docile nelle Sue mani e non si ritragga da ciò che egli sente nel profondo del suo cuore perché questo è secondo la Regola.

  242. Allontani il monaco da sé tutto ciò che lo distoglie dal suo servire e in primo luogo renda leggero il suo cuore di quanto lo appesantisce, dimentichi sé stesso, si dedichi con tutta la sua anima al servizio della Regola e in questo troverà il senso profondo della sua vita e ciò che lo lega a coloro che gli è dato di amare.

  243. La morte non è lo scopo della vita ma la sua conclusione, non sulla meditazione della morte, ma sulla meditazione della vita si basi ogni pensiero del monaco ma non confonda egli questi pensieri con la meditazione sulla propria vita. Sgomberi il monaco il suo animo da ogni timore e non dia valore al suo tempo per il fatto che esso è limitato, perché chi fa così cerca di dare un valore alla morte, si sforzi invece di spendere ogni istante della sua vita non nel meditare ma nel servire con zelo.

  244. Quando il monaco, a sera, si troverà solo con se stesso, non si proietti a pensare ciò che potrà fare tra un anno o tra un mese, rifletta invece sul modo migliore di impiegare il giorno successivo.

  245. Capiterà al monaco di essere talora soddisfatto e quasi stupefatto di ciò che gli accade, si ricordi allora che egli non è fine ma soltanto mezzo, e che molte volte la soddisfazione è frutto di una proiezione dei desideri che mette il monaco al centro del mondo e legge in funzione di lui tutto ciò che gli accade. Si distacchi il monaco da tutto ciò, esca da se stesso e veda ogni cosa con gli occhi di coloro che gli è dato di amare e gioisca solo se da quel punto di vista vi è ancora motivo di soddisfazione o di stupore.

  246. Il monaco ha vero motivo di gioia solo quando la sua gioia è la gioia di coloro che gli è dato di amare, ricordi il monaco che colui che veramente ama vede con gli occhi di colui che egli ama.

  247. La via della Regola talora è angosciosa, talaltra può essere piena di soddisfazione, non si abbatta il monaco quando incontrerà le difficoltà né si esalti nei momenti di soddisfazione, perché ciò che conta non è l'angoscia o l'esaltazione del cuore ma la fedeltà alla Regola.

  248. Si allontani il monaco dalla vanità per meglio seguire la Regola, e sappia che vanità è anche preoccuparsi troppo e vivere di angustie per cose che appaiono fondamentali e non lo sono, vanità è il timore del giudizio altrui, vanità è la paura della legge degli uomini, vanità è disperdere il proprio tempo riflettendo sui propri timori e sulle proprie angustie.

  249. Il monaco non misuri il suo tempo e in esso non abbia una regola poiché sarebbe una regola esteriore. Il monaco non si obblighi ad alcuna osservanza né ad alcun precetto che non sia l'obbedienza alla Regola che non consta di osservanze né di precetti. Non confonda mai il monaco le regole esteriori con la Regola spirituale e dove gli è dato di cercare la luce non si accontenti dell'ombra.

  250. Il monaco non differisca in nulla da quanti sono intorno a lui, né esteriormente, perché sarebbe una vanità, né interiormente perché egli non presuma di essere migliore, si sforzi invece di essere come coloro che gli è dato di amare, li aiuti a seguire la Regola secondo il loro cuore e lasci che essi facciano con lui altrettanto e lo aiutino nella sua ricerca della Regola interiore. Non presuma il monaco di avere una via speciale da seguire né di essere uno che ha un particolare compito da svolgere o qualcosa da insegnare o di essere un eletto. La Regola non è per una speciale categoria di persone, essa è la via della vita e vive dentro ciascuna anima.

  251. La stanchezza sia il premio del monaco e sia anche la sua soddisfazione quando essa deriva dalla volontà di seguire la Regola.

  252. Non attenda mai il monaco che gli venga porta una domanda, ma la prevenga rispondendo secondo il suo cuore.

  253. Rammenti il monaco che i figli non appartengono a colui che li ha generati né l'amore concede mai alcun diritto, nessuna azione rende legittima una aspettativa, nessuna parola è mai definitiva, nessuna certezza si ottiene dalla Regola che nulla promette e nessun merito deriva dal ricercarla il giorno e la notte.

  254. Dimentichi il monaco la sua persona e quanto egli è abituato a considerare come sua caratteristica, si svesta di sé stesso e si renda simile a coloro che gli è dato di amare, non la distinzione ma l'assimilazione sia la regola del monaco, a lui, come a tutti gli uomini, non spetta altra missione che quella di seguire la Regola secondo il proprio cuore.

  255. La Regola non è una dottrina, essa non può essere né appresa né insegnata, gioisca il monaco cui sarà dato di seguirne la via secondo il suo cuore, ma non creda per questo di essere migliore perché la Regola è molteplice e al monaco non è dato che di conoscerne qualche aspetto; quando il monaco sarà giunto ad amare profondamente coloro che gli è dato di amare allora comprenderà come la Regola possa essere molteplice, uscirà da se stesso ed entrerà nel cuore di coloro che gli è dato di amare e in questo modo scoprirà che la Regola è più grande e non può essere ridotta al pensiero né alla profondità del cuore di un uomo solo.

  256. Quando la malattia e la stanchezza invincibile assaliranno il monaco, si sforzi egli di seguire la Regola con l'energia che gli rimane, non si preoccupi della propria impossibilità di fare ciò che è abituato a sentire come proprio dovere, si adegui piuttosto al suo nuovo stato e rammenti che la serenità resta in ogni caso suo dovere perché coloro che gli sono vicini non abbiano a soffrire di più e soprattutto non si abbandoni al pensiero della morte ma confermi nella fiducia nella vita coloro che gli è dato di amare. E anche quando andrà incontro alla prova più difficile e al momento supremo non creda per questo di essere messo alla prova più duramente perché a ciascun vivente al suo tempo è riservata quella medesima prova.

  257. Allontani il monaco da sé la riflessione sulla propria fine se gliene viene malinconia ma non la allontani se riuscirà a trarne un impulso e a vivere la Regola con maggiore intensità.

  258. La Regola non accompagna il monaco solo nella sua vita ordinaria, ma lo guida soprattutto nei momenti più difficili perché in quei momenti gli è chiesto il massimo sforzo di fedeltà.

  259. Nella vita del monaco non vi sono altre certezze che quelle che derivano dalla Regola, i suoi momenti di sconforto non gli forniranno indirizzo alcuno nelle sue scelte né potranno guidarlo le gioie del cuore, non lo turbi alcun timore né la gioia gli sia di impedimento nel suo vivere la Regola, ma se ciò dovesse accadere ritorni al più presto alla Regola e non sia dia pensiero d'altro che di seguirla con animo semplice.

  260. Sia il monaco come colui che gli sta accanto, non se ne distingua né per l'abito né per la parola, sia lo specchio in cui ciascuno possa ritrovare l'immagine di se stesso, sia come una spiga in mezzo al campo che non si distingue dalle altre spighe o come la goccia che dispersa nel mare non si può più separare.

  261. Il monaco sia come colui che non è monaco o che tale non appare perché la Regola non è un principio di apparenza ma di profondità, non cerchi mai il monaco chi sia suo simile perché chiunque nel profondo gli è simile.

 

Explicit Regula Dioscori

 

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