Home ] [ MARCO ] MACARIO ] TIMOTEO ] ATANASIO ] PIETRO ] MASSIMO ] ILARIONE E CIRILLO ] POLICARPO ] DIOSCORO ] REGOLA ]

 

IL LETTORE MARCO

Nel quarto anno del patriarcato di Paolo il Venerabile, Vescovo alessandrino, quando il tempo della quaresima volgeva ormai al termine e si avvicinava il giubilo della Pasqua, un giovane di venti anni, di nome Marco, fu accolto nella casa del clero di Alessandria. Marco era versato nelle cose ecclesiastiche e conoscitore delle Sacre Scritture e la fama della sua virtù non era minore di quella della sua dottrina; il Patriarca Paolo decise dunque di ordinarlo Lettore perché potesse predicare nelle chiese, lo chiamò presso di sè e gli domandò: “Perché sei venuto presso la casa del clero di Alessandria? Che cosa domandi al tuo Patriarca?” e Marco, volgendo gli occhi a terra, gli rispose: “Nulla altro io domando che servire Dio e il prossimo con tutte le mie forze”, e Paolo continuò: ”E’ bene per la Chiesa di questa città che tu sia ordinato Lettore per diffondere la parola di Dio con la prudenza e il vigore che Egli vorrà ispirarti” e Marco, non osando alzare gli occhi verso il Patriarca, gli rispose: “Avrei piuttosto desiderato ritirarmi nel deserto e vivere la vita dei monaci, ma sarà non ciò che io voglio ma ciò che vuoi tu”. Il Patriarca si accorse che Marco non lo guardava in viso ma preferì concludere il colloquio e proseguì: “Ritirati dunque e prega perché Dio ti conceda di servirlo come si conviene, perché nella veglia di Pasqua sarai ordinato Lettore”, e Marco si ritirò e rimase chiuso nella sua cella in digiuno e preghiera fino alla fine della quaresima.

Ora ecco, nella notte di Pasqua, il Patriarca così parlò al suo popolo: “Popolo di Alessandria, in questa notte santa il giovane Marco sarà unto Lettore per la diffusione della parola di Dio e quanti lo ascolteranno riceveranno una grande ricchezza di doni spirituali poiché Dio lo ha mandato a noi perché sia l’annunziatore della pace”, Marco si recò quindi davanti al Patriarca ed egli unse col crisma le sue mani e la sua fronte e in quel momento Marco guardò in volto il Patriarca con un accenno di sorriso e Paolo notò che Marco era di straordinaria bellezza e che il suo sorriso aveva l’innocenza della virtù, Marco fu quindi chiamato a cantare il Vangelo della resurrezione e il Patriarca Paolo, udendo la sua voce, si rivolse verso di lui e, nuovamente colpito dalla sua bellezza, lo amò in cuor suo, ma poi si impose di non voltarsi più verso il Lettore Marco e di non rivolgergli mai la parola, e si comportò anche nei giorni seguenti secondo i suoi propositi. Ma ecco, il Lettore Marco aveva notato che il Patriarca lo teneva lontano da sè e non trattava con lui come era solito fare con gli altri del clero di Alessandria e di ciò molto si era rammaricato. Imputando a se stesso e alle proprie mancanze questo comportamento del Vescovo, Marco aveva quindi cercato di ben figurare davanti agli occhi del suo Patriarca per la solerzia nel santo ministero, per la cura nel servizio dei poveri e per uno speciale zelo nell’obbedienza, ma il Patriarca Paolo non solo aveva continuato ad ignorarlo e ad evitare con cura ogni occasione di incontrarlo, ma anzi, dopo la Pasqua, aveva preso l’abitudine di recarsi a pregare in solitudine presso l’orto di Marpior, fuori della città, molto prima della luce dell’alba, e di tornare in San Michele solo più tardi, quando ormai tutti i chierici si erano allontanati dalla chiesa patriarcale per recarsi ciascuno a compiere il suo ministero. Ora ecco, trenta giorni dopo la Pasqua, il Lettore Marco si trovò a passare, alla guida di un carro, per la porta  orientale poco dopo l’alba, proprio quando il Patriarca Paolo tornava dalla sua veglia nell’orto di Marpior, il Lettore Marco riconobbe il Patriarca e lo invitò a salire con lui sul carro e Paolo, temendo che un diverso comportamento potesse turbare il Lettore Marco, montò con lui sul carro e conversò con lui durante il tragitto. Da quel colloquio il Patriarca rimase profondamente turbato, egli aveva compreso con quanta semplicità e con quanta purezza di cuore il Lettore Marco amasse Dio e il prossimo e come la sua anima fosse limpida e perfetta davanti al Signore. Il Patriarca Paolo, dopo avere a lungo riflettuto ed avere impegnato tutte le sue forze per non essere travolto dall’amore per il Lettore Marco, che egli sentiva crescere dentro di sè, era giunto ad una conclusione e aveva detto a se stesso: “Il Lettore Marco ama il Cristo con un ardore e una fedeltà che io stesso non ho mai conosciuto, come potrei io, che sono l’ultimo dei servi di Dio, contendere al mio Signore l’anima perfetta del Lettore Marco, gli amanti perfetti appartengono soltanto a Cristo perché Egli soltanto può non lasciarli delusi, Marco è come l’Angelo del Signore che viene nel mondo per guidare i peccatori verso la salvezza, ecco, io non fuggirò più davanti a lui, perchè non vi è ragione di fuggire alla vista di un Angelo di Dio, ma cercherò piuttosto di prendere esempio dalla sua santità e dalla semplicità della sua vita, perché egli potrà mostrarmi la via della perfezione”. E da allora il Patriarca Paolo non si recò più a pregare in solitudine nell’orto di Marpior ma ancora di più amò il lettore Marco e si trattenne più volte a parlare con lui e da quei colloqui Marco usciva confortato per l’affetto del Patriarca, mentre il Vescovo Paolo, che viveva l’amore per il Lettore Marco con la solerzia e la cura di un padre, non ne riportava ormai alcun turbamento, e rimaneva stupito non tanto per la felicità di vivere lietamente l’amore per il lettore Marco, quanto per la semplicità e la perfezione dell’anima di lui, e il Patriarca moltiplicò i digiuni e le penitenze per cercare di rendere perfetta la sua vita e di adeguarla a quella di colui che ormai aveva preso come esempio e soleva spesso paragonare la propria imperfezione alla santità della giovinezza del Lettore Marco e diceva tra sé: “Possa Dio concedere al suo servo Paolo di seguire sempre le orme del Lettore Marco, perché egli è una guida sicura nel cammino verso la semplicità evangelica, e veramente Dio ha mandato il suo Angelo al suo servo Paolo perché lo conduca al pascolo della pace”.

E accadde che nel quinto anno del patriarcato di Paolo, il venerato presbitero Eustazio, vecchio di quasi novanta anni, fu accolto nel seno di Abramo e poiché egli era Vicario del Patriarca, il clero fu chiamato, insieme con il Vescovo Paolo, a designare il nuovo Vicario.

Fra gli anziani si trovava il Presbitero Eusebio, uomo venerato, versato negli studi di retorica e di filosofia e buon conoscitore del greco, il Patriarca Paolo designò quindi Eusebio come Vicario.

Eusebio era uomo prudente e il Patriarca, che molto apprezzava il suo consiglio, si confidava spesso con lui e gli affidava il compito di dirimere questioni importanti.

Ora ecco, in quei medesimi giorni, venne presso la Chiesa di Alessandria una giovane di nome Marzia, in età di diciotto anni e Satana entrò nel cuore di Eusebio che molto aveva lottato in gioventù per reprimere la propria lussuria e gli disse: "Eusebio, Presbitero sciocco, tu eserciti con prudenza il tuo ministero in Alessandria e per questo hai fama di uomo giusto e hai ormai cinquanta anni e non hai conosciuto donna, chi sarebbe più felice di te se tu potessi trascorrere con lei una notte?"

Eusebio venne dunque a colloquio con Marzia e tanto nelle sue parole fu potente l'opera del demonio che in quella stessa notte egli sedusse l'innocenza di lei e ancora più volte si incontrarono, finché un giorno Marzia venne nella Chiesa patriarcale e così gli disse: "Ecco, io sono incinta, che cosa farai dunque di me? Allontanerai forse da Alessandria il frutto del tuo seme o mi accoglierai come sposa provocando scandalo tra il popolo?"

E il Presbitero Eusebio disse in cuor suo: "Darò io scandalo al popolo di Alessandria e uscirò dal clero di questa città e sposerò io, vecchio, quella donna giovanissima? O piuttosto allontanerò dalla città lei e il frutto del mio seme? Oppure dovrò far spegnere in lei ciò che vi è stato concepito, ponendo a rischio la sua stessa vita?" e fra queste angustie non sapeva prendere risoluzione, pensò quindi di attendere qualche giorno, ma Satana era presso di lui e non lo abbandonava e gli ripeteva: "Ecco l'uomo giusto e prudente che il Patriarca ha scelto come suo Vicario!" ed Eusebio non riusciva a trovare pace e la sua anima era angustiata.

E poiché il suo tormento cresceva di giorno in giorno egli pensò tra sé: "Andrò dal Patriarca e gli confesserò il mio peccato poiché egli conosce le vie di Dio e saprà indicarmi ciò che devo fare".

Uscì dunque dalla casa del clero e si avviò verso la chiesa di San Michele, ma ecco, quando egli era sulle scale della Chiesa e il pensiero della vicina penitenza gli aveva restituito ormai la pace del cuore, venne per lui l'Angelo della morte e per il suo buon proposito Dio perdonò il suo peccato ed egli fu accolto nel seno di Abramo.

Quanti lo videro accasciarsi a terra corsero subito ad avvisare il Patriarca Paolo ma quando questi arrivò Eusebio era già spirato. Il suo corpo venne deposto ai piedi dell'altare e quando una grande folla si fu radunata nella Chiesa il Vescovo Paolo salì all'ambone e così parlò: "E' morto oggi nella nostra città un uomo giusto e pio sul quale Dio ha posto un segno" e lodò la santità della vita di Eusebio.

Il giorno stesso delle esequie di Eusebio, Paolo si ritirò nella sua cella e gli apparve l'Arcangelo Michele e così gli disse: "Venerato padre Paolo, strumento docile nelle mani di Dio, il Lettore Marco è caro al tuo cuore, egli cerca la vita perfetta e nell'anima sua non alberga falsità, ecco ti annuncio che egli dovrà essere tentato sopra tutti gli altri uomini e Satana lo percuoterà e lo tormenterà con tale violenza che egli si avvierà sul sentiero della disperazione."

E il Patriarca scoppiò in pianto dirotto poiché molto lo amava e disse: "Venga piuttosto su di me la tenebra dell'inferno e possa perdersi la mia anima perché in me alberga ogni imperfezione mentre Marco non conosce lo spirito di falsità e io leggo nei suoi occhi la semplicità della sua anima", e il Patriarca cadde a terra in preda alla disperazione.

E l'Arcangelo così gli rispose: "Rallegrati Paolo poiché Dio non permetterà che il giusto veda la corruzione del sepolcro e per la sua perseveranza Marco otterrà la corona."

Al mattino del giorno seguente il Patriarca fece chiamare il Lettore Marco e così gli disse: "Figlio amatissimo, il Vescovo Paolo ti chiede di pregare per l'anima sua poiché sa che Dio ascolta la tua voce e ti ammonisce affinché tu sia forte e perseverante perché sta per venire Satana a tentare il tuo spirito fino a condurti sulla via della disperazione, ma io ti dico: tu non perderai la tua corona", ciò detto lo congedò e il Lettore Marco rimase turbato delle parole del suo Patriarca.

Ed ecco, in quello stesso giorno Marzia venne alla Chiesa di San Michele e udì che il Presbitero Eusebio si era accasciato sugli scalini della Chiesa e il Patriarca era giunto presso di lui quando egli era già spirato e molto il Vescovo Paolo aveva lodato la sua virtù.

E Satana entrò nel cuore di Marzia e così le disse: "Tu hai desiderato segretamente in cuor tuo il Lettore Marco ma sei stata sedotta dal vecchio presbitero Eusebio, ma ora egli è morto e nessuno conosce il segreto del tuo cuore: ecco, è giunta l'ora di compiere il tuo desiderio". E Marzia, che aveva amato in cuor suo il Lettore Marco ma non aveva mai osato accostarsi a lui per timore e rispetto del suo stato ecclesiastico e per non turbare in nessun modo la vita di lui, venne l'indomani di buon'ora alla Chiesa di San Michele e, angosciata e vinta dal timore dello scandalo, cercando più una via di salvezza per sé e per la sua creatura che non l’appagamento di una passione che in altro tempo aveva saputo controllare, ispirata dal Demonio, così parlò al Vescovo Paolo: "Venerato Padre Paolo, tu che sei uomo giusto ed eletto da Dio rendi giustizia a me che ti supplico: sappi che il tuo Lettore Marco da molto tempo mi desiderava ed ecco, egli mi ha fatto violenza ed io sono rimasta incinta e porto dentro di me il frutto del suo seme". E nel dire queste parole le si raggelava il sangue perché sapeva di dire il falso, ma ella sperava che il Lettore Marco avrebbe potuto comprenderla ugualmente e avrebbe finito per perdonarla.

E il Vescovo Paolo rimase turbato ed egli anziché seguire la voce del suo cuore prestò fede alle accuse che Marzia rivolgeva al Lettore Marco e si fece trasportare dalla gelosia fino a sentirsi tradito ed offeso e Satana entrò allora nel cuore del Vescovo Paolo e così gli diceva: "Il Lettore Marco ha peccato contro quella donna ed ha offuscato con lo spirito della falsità la retta coscienza del suo santo Patriarca, ma tu sei uomo giusto e pio e a te sono state date le chiavi del regno, tutto ciò che avrai legato in terra sarà legato in cielo e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto in cielo: rendi dunque giustizia a questa donna."

E il Vescovo Paolo così rispose a Marzia: "Io ti renderò giustizia, chiamerò il Lettore Marco e lo inviterò a confessare il suo peccato e se rifiuterà sederò in tribunale contro di lui e lo condannerò per la sua falsità." Marzia ascoltò quelle parole e provò l’angoscia di dover trascinare anche il Lettore Marco nella sua stessa rovina, ma la paura dello scandalo e il terrore di non essere creduta se anche avesse detto il vero finirono per prevalere ed ella si allontanò e tornò nella sua casa e qui scoppiò in pianto dirotto.

Il giorno seguente il Patriarca convocò Marco e, abbandonandosi alla collera e al rigore, contro ogni suo costume, così gli disse: "Uomo falso e indegno, tu hai reso violenza alla giovane Marzia, hai lordato di impurità e di fango il nome santo della Chiesa di Alessandria ed hai ingannato la fiducia del tuo Patriarca, ecco, io ti allontano per sempre dal clero di questa città, riconosci quindi il tuo peccato e sii pronto alla penitenza che io ti imporrò."

E il Lettore Marco, non credendo a ciò che aveva udito con le sue orecchie e non comprendendo il tono di risentito rimprovero che il Patriarca usava verso di lui, rispose: "Santissimo Patriarca, io sono innocente anche nel pensiero riguardo a quella donna", e il Vescovo Paolo, che ormai si rifiutava di ragionare e seguiva solo ciò che il demonio gli ispirava, gridò contro di lui: "Satana offusca il tuo cuore e tu sei suo schiavo e sei il più falso degli uomini", ordinò quindi che fosse condotto in una cella detta della custodia e volle che il tribunale dei Presbiteri fosse convocato per la mattina seguente.

Nella sala del tribunale, intorno al trono del Vescovo, erano disposti dodici scanni per i giudici, sei alla destra e sei alla sinistra.

Quando il Lettore Marco entrò nella sala del tribunale vide i giudici sui loro scanni e il Vescovo in trono e sul seggio più prossimo a quello del Patriarca erano disposte quattro rose in forma di croce e nessuno vi era seduto. Il Vescovo disse che quello era il seggio di Eusebio e ricordò la giustizia e la pietà del vecchio Presbitero. All’udienza Marzia non fu presente perché non avrebbe sopportato lo sguardo del Lettore Marco, ma la sua assenza fu interpretata come un segno di modestia.

Il Patriarca si volse al Lettore Marco e così gli disse: "Marzia è venuta da noi per chiedere giustizia poiché tu le hai usato violenza ed ella è incinta. Ora ecco, io ti ho cacciato dalla casa del clero di Alessandria poiché tu non sei degno di sedere tra i santi padri, riconosci dunque la tua colpa?"

E il Lettore Marco rispose: "Santissimo Patriarca, io sono innocente anche nel pensiero riguardo a quella donna."

E Satana indurì il cuore del Patriarca e questi, che ormai non era più padrone di se stesso, alzatosi per pronunciare la sentenza disse così: "Marco, perché sia ricomposta la trama della giustizia che tu hai lacerato, io ti impongo nel nome di Dio e sotto pena della scomunica di prendere questa donna come tua sposa".

E Marco rispose: "Ascoltami, ti supplico, santissimo Patriarca, non imporre a un monaco una vita che egli non chiede, liberami, ti prego, da questo gravissimo peso".

Ma il Vescovo Paolo così sentenziò: "Non osi l'uomo opporsi alla giustizia di Dio perché essa è limpida e trasparente, accoglierai dunque questa donna come tua sposa e nel nome di Cristo la onorerai e l'amerai per tutta la vita".

E Marco uscì dalla sala del tribunale e in quello stesso giorno fecero venire nascostamente Marzia ma essa non osò pronunciare parola davanti al Lettore Marco quantunque desiderasse profondamente parlare ed essere compresa, né fu lasciato loro tempo di discorsi e di spiegazioni e per ordine del Patriarca uno dei Presbiteri di Alessandria consacrò il vincolo di quelle nozze e Marco diceva nel suo cuore: "Mi asterrò da ogni rapporto con questa donna che sposo perché non ci sia scandalo nel popolo, poiché ciò che è nato in lei non è opera mia e il mio cuore è lontano da lei".

Ed ecco, in quella stessa notte, Marzia, che si trovava ormai al colmo dell’afflizione, credendo di far bene, si accostò al Lettore Marco e tentò di sedurlo perché pensava che in quel modo almeno avrebbe forse potuto essere accettata, ma il lettore Marco interpretò il comportamento di Marzia come una violenza ed ella invece di parlare con lui e di aprirgli tutto il suo animo cercò di conquistarlo usando con lui come aveva imparato a fare con il Presbitero Eusebio, e il Lettore Marco, frastornato dal succedersi degli eventi di quella giornata si lasciò andare tra le braccia di Marzia che in quel momento provò un attimo di sollievo, ma poi si ritrasse e cominciò a piangere come non potesse trovare consolazione ed ella non sapeva come comportarsi ma Satana le diceva: "Rallegrati, il tuo desiderio è compiuto, come potrà costui resistere alla tua seduzione? Ora piange, ma domani tornerà da te per il desiderio che tu hai acceso in lui".

E Marco uscì dalla casa di Marzia in preda alla disperazione e presa con sè una corda si avviò verso l'oliveto di Marpior per attuare il disegno della sua disperazione.

Ma Dio non volle che il giusto perisse nella sua disperazione ed ecco, sulla strada di Marpior, Marco incontrò alcuni Oremiti seguaci del Patriarca Proterio e poiché essi lo avevano visto più volte presso la casa del clero di Alessandria gli dissero: "Lettore Marco, sappiamo che molto hai parlato contro di noi nella chiesa di San Michele ed hai contraddetto le parole del nostro santo Patriarca Proterio: ecco, Dio ti ha posto nelle nostre mani perché noi possiamo emendare i tuoi errori ed insegnarti la vera fede, recita dunque il simbolo della fede Oremita che Proterio ci ha insegnato".

E Marco rispose: "Io non rinnegherò la mia fede", ed essi così gli dissero: "Se non vorrai convertirti, pagherai con la vita l'affronto che fai a noi, messaggeri della verità".

E Marco rispose: "Non rinnegherò la mia fede", ed essi lo impiccarono ad un albero di olivo e quella stessa corda che egli aveva condotta con sé per attuare il disegno della sua disperazione divenne per lui strumento di salvezza e a Dio piacque che egli ricevesse così la corona perfetta del martirio.

Il mattino seguente alcuni lavoranti dell'oliveto trovarono l'impiccato e poiché lo riconobbero per il Lettore Marco, corsero alla Chiesa di San Michele per avvertire il Patriarca e così gli dissero: "Il Lettore Marco si è impiccato ad uno degli olivi di Marpior e noi ti portiamo il suo corpo perché tu possa seppellirlo come si conviene".

E il Vescovo Paolo non volle neppure vedere il corpo di Marco e ordinò che non fosse sepolto in terra benedetta e ricordatosi della visione che aveva avuto nella notte dopo le esequie del Presbitero Eusebio disse nel suo cuore: "Colui che mi apparve non era l'Arcangelo Michele ma Satana che veniva a seminare zizzania".

E il giorno seguente biasimò molto il lettore Marco per la sua lussuria e per il suo suicidio che egli attribuì all'incapacità di sopportare la riprovazione degli uomini giusti e Marzia, che era quel giorno nella Chiesa, fu indicata come esempio di pazienza e di virtù e Satana così le diceva: "Chi potrà accusarti della tua colpa? Nessuno conosce il segreto del tuo cuore". E Marzia, che nulla sapeva della vera morte del Lettore Marco fu invasa da una terribile angoscia e certo si sarebbe gettata nel Nilo con una pietra al collo perché per salvare se stessa aveva condotto ad una morte atroce il Lettore Marco, che pure ella aveva amato, credeva infatti che Marco si fosse impiccato, come aveva detto il Patriarca, ma poiché portava in sè la vita di suo figlio, si astenne dal suicidio ma tenne chiuso nel suo cuore il suo terribile segreto perché pensava che se avesse detto la verità nessuno l’avrebbe creduta e, per cercare di sfuggire all’angoscia che la divorava, si dedicò ad una vita di penitenza e di umiliazioni e andò a servire negli ospizi dei malati fino a mettere in pericolo la sua stessa vita ma aveva sempre dinanzi agli occhi l’immagine del Lettore Marco che piangeva di disperazione e fuggiva dalla sua casa portando con sé la corda per impiccarsi. E nessuno riuscì a darle conforto o consolazione. 

Trascorsi alcuni mesi, quando si compirono i tempi del parto, Marzia venne a ritirarsi presso il monastero femminile e molto la diaconessa di quel monastero la confortava dicendo: "Dio allevierà per te i dolori del parto perché tu hai già sopportato molto nella tua vita".

E cominciarono le doglie e i dolori erano acutissimi e Marzia non mangiò, non bevve e a stento poteva respirare e molto sudava e proseguì così tutta la notte ma ecco, il bambino non nasceva e i dolori si prolungarono ancora due giorni e due notti e al terzo giorno Marzia volle che fosse chiamato il Patriarca Paolo e così gli disse: "Ho i dolori del parto da tre giorni e il bambino non nasce, ecco, io confesserò la mia colpa non perché io abbia timore della morte o della sofferenza, che anzi è per me quasi un sollievo e un mezzo di purificazione, ma certo non vorrei presentarmi al tribunale di Dio portando con me un segreto terribile, perché se venisse per me in quest’ora l'Angelo della morte resterebbe per sempre offuscata la santissima memoria del Lettore Marco".

E raccontò quindi al Vescovo tutto ciò che le opprimeva il cuore poiché riteneva ormai vicina la morte e inutile per sé e per la sua creatura qualsiasi forma di silenzio, ma ella sperava nonostante la sua angoscia di morte, che il bambino nascesse e cessassero i dolori del parto, e il Patriarca ascoltò la confessione di Marzia e comprese che ella aveva veramente amato il Lettore Marco e che aveva cercato in cuor suo di agire bene ed egli, che nei confronti di lei aveva provato sentimenti di gelosia, prese a confortarla paternamente e Marzia provò la sensazione di essere di nuovo compresa e amata, il Patriarca Paolo cui le parole di Marzia avevano strappato il cuore dal petto, cercò anche in quei momenti di dominare con tutte le sue forze la sua rinnovata e violentissima angoscia poiché egli ormai si rendeva conto che la morte del Lettore Marco poteva essere imputata a lui soltanto e alla sua stolta gelosia e pensò di non avere mai amato veramente il Lettore Marco, perchè dall’amore non deriva mai la morte, ma di averlo condotto invece, egli stesso, sulle vie della morte e della dannazione e quando non riuscì più a contenere l’angoscia che aveva dentro di sé disse a Marzia: "Pregherò per te e tu sarai liberata dalle doglie" e fuggi via ed ella non comprese il perché.

Ritornato in San Michele il Vescovo Paolo venne nel chiostro nel mezzo della notte, si denudò e si getto tra le spine, consumò la sua pelle strofinandosi sulle pietre dei muri fino ad essere ridotto un cencio di sangue, piangeva le lacrime della disperazione, bestemmiava Dio e diceva: "Perché, Signore, perché ho fatto scempio di colui che più ho amato? Due volte l'ho assassinato, gli ho strappato la vita ed egli è dannato in eterno".

Il Vescovo Paolo si sentiva come Giuda e stava per prendere una corda ed avviarsi all'oliveto di Marpior, ma ecco, quando si appressavano ormai le luci dell'alba, venne da lui il Diacono e lo trovò nudo e coperto di sangue e pensò che il Vescovo avesse scelto quella via di penitenza e così gli disse: "Santissimo Patriarca, perdonami se vengo da te e interrompo così il tuo esercizio di pietà che ti fa colare sangue come se tu fossi appeso alla tua croce, ma alcuni soldati hanno preso dei Oremiti che si sono resi colpevoli di delitti capitali e noi abbiamo allestito il tribunale perché tu possa sedere contro di loro per fare trionfare la giustizia di Dio".

E Paolo si deterse il sangue dal volto e dalle mani e per non dare scandalo al suo popolo risolse in cuor suo che in quello stesso giorno sarebbe andato alla riva del Nilo e si sarebbe gettato nel fiume con una pietra al collo, ma di questo non fece parola ad alcuno, rivestì i suoi paramenti e si avviò per sedere in tribunale.

Quando gli Oremiti gli furono condotti dinanzi egli disse: "Ecco, voi siete caduti nelle nostre mani perché risplenda su di voi la nostra giustizia", ed essi, poiché pensavano che sarebbero stati condannati a morte, oltre ai delitti dei quali erano accusati confessarono al Patriarca di aver ucciso il Lettore Marco poiché sapevano che egli lo amava e ritenevano quindi di affliggere maggiormente il cuore del Vescovo ed egli li interrogò sulle circostanze della morte del Lettore Marco e quelli gli dissero che lo avevano impiccato perché aveva rifiutato di rinnegare la sua fede.

Ed ecco, il Patriarca cominciò a piangere dirottamente, le lacrime rigavano il suo volto e si fermavano sui suoi paramenti, ma il suo volto era radioso ed egli provava in cuor suo il senso di una profonda consolazione. E gli Oremiti gli chiesero: "Perché piangi, Vescovo?" ed egli disse loro: "Avevo perduto un figlio e l'ho ritrovato, era morto ed è resuscitato", ed essi non capirono, ma Paolo si alzò per pronunziare la sentenza e disse loro: "Gli uomini giudicano che ciò che è male è male, ma Dio sa trarre dal male il bene, io vi rimando liberi, andate e ricordatevi che Dio ha detto: Io voglio la misericordia".

E Paolo ripensò alle parole che l'Arcangelo Michele gli aveva detto: "Il giusto non vedrà la corruzione del sepolcro" e volle andare subito al campo dove avevano sepolto il Lettore Marco e quelli che erano con lui non comprendevano il motivo della sua agitazione.

Vennero quindi al campo e Paolo ordinò che Marco fosse esumato e trovarono che, a distanza di mesi, il suo corpo era incorrotto e sembrava un uomo addormentato, lo posarono su un carro aperto e Paolo volle tirare da solo quel carro a piedi nudi per tutte le quattro miglia che lo separavano dalla Chiesa di San Michele e lo deposero a terra davanti all'altare e molti mormorarono dicendo: "Perché il nostro Patriarca rende tanto onore ad un uomo che non ha voluto neppure che fosse sepolto in terra benedetta?"

Quando si fu radunata una gran folla di popolo per vedere il miracolo, Paolo salì all'ambone e disse agli uomini di Alessandria della vera vita e della vera morte di Marco e disse che il Patriarca era caduto nelle mani di Satana ed era stato liberato per intervento del Santo Lettore Marco, mise la cenere sul suo capo e scese a baciare il piede di San Marco che fu così canonizzato e Paolo, che profondamente lo aveva amato, per potergli rimanere vicino in morte più di quanto non avesse fatto in vita, volle che il Lettore Marco fosse sepolto nel chiostro di San Michele, ove nessuno prima era mai stato sepolto, e sulla sua tomba fu scritto “Il Signore mandò il suo santo Angelo perché fosse guida a coloro che camminavano nella via della morte” e il Patriarca Paolo ordinò che il Lettore Marco fosse venerato tra i Santi Padri della Chiesa di Alessandria.

Andò quindi di corsa al monastero femminile e seppe che il bambino era nato e la madre aveva superato le doglie del parto. E Marzia, informata della canonizzazione del Lettore Marco, si fece portare un tratto della corda con la quale Marco aveva ricevuto il martirio e lo mise in una teca d’argento ed ogni giorno della sua vita, piangendo, vi versò lacrime ed ebbe una cella presso il monastero femminile e crebbe il suo bambino nella ortodossia della fede e nella santità della dottrina portando sempre ad esempio la vita venerabile del Santo Lettore Marco, e quando il bambino, cui fu imposto il nome di Mosè, compì il diciottesimo anno e volle ritirarsi a vita eremitica ai confini del grande deserto, Marzia divenne diaconessa del monastero femminile e visse santamente fino al termine dei suoi giorni.

Ed ecco, dal giorno in cui il Lettore Marco fu sepolto nel chiostro di San Michele, il Patriarca Paolo vegliò ogni notte presso la sua tomba e quando aveva il cuore angustiato si inginocchiava e parlava con lui e piangeva ed al mattino le sue parole erano più dolci del miele ed egli dispensava i tesori del suo cuore.

Dopo undici anni il Patriarca Paolo fu accolto nel seno di Abramo e, secondo la sua volontà, fu sepolto nel chiostro di San Michele al fianco della tomba del Lettore Marco e sulla sua tomba fu scritto “L’Angelo del Signore è alla mia destra”.

 

Home ] [ MARCO ] MACARIO ] TIMOTEO ] ATANASIO ] PIETRO ] MASSIMO ] ILARIONE E CIRILLO ] POLICARPO ] DIOSCORO ] REGOLA ]

_______________________________________