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IL BEATO MACARIO

Partendo da Alessandria e attraversando il lago di Mari che si estende per settanta miglia, si viene in vista del monte della Nitria nella parte che guarda a mezzogiorno. Accanto a questo monte si apre il grande deserto che si estende fino all'Etiopia e alla Mauritania. Qui la calura del giorno è torrida e gelido è il rigore della notte, non vi cresce alcun albero ma solo qualche rovo e, ovunque tu volgessi lo sguardo, non troveresti che sabbia e desolazione.

In questo deserto si era ritirato fin dalla giovinezza il Beato Macario. Egli si riparava in una capanna tra i sassi, mangiava con gioia ciò che gli portavano i pellegrini e non si asteneva dal bere durante la giornata e spesso i viandanti gli offrivano l'acqua dei loro otri, così che egli, pur vivendo nel deserto, non aveva mai sofferto la sete.

Molti suoi confratelli erano più severi di lui e conducevano il loro digiuno al limite delle loro forze e rifiutavano di incontrare anima viva, ma Macario non era come loro, e quando dalla città qualcuno si spingeva fin nel deserto per interrogarlo, egli si dimostrava lieto e rispondeva con sollecitudine a quanto gli veniva domandato.

E il Beato Macario usciva ogni notte e riempiva di acqua le anfore degli altri eremiti poiché essi erano lontani dal pozzo chi un miglio, chi cinque miglia, chi dieci miglia, e questi al mattino si levavano e ringraziavano Dio per il miracolo dell'acqua che ogni notte si rinnovava nelle loro anfore e la fama di tanto prodigio giunse fino in Alessandria e il deserto di Nitria fu considerato terra benedetta da Dio.

Ed ecco venne presso Macario un uomo ricco e vecchio di nome Or che gli domandò quale fosse la via per divenire monaco e cercare la salvezza della propria anima, ed egli così gli rispose: "Non è per te le vita solitaria, ma se dispenserai tutto il tuo patrimonio alla prigioni, alle Chiese e alle mense dei poveri, io ti dico, non perderai l'anima tua".

E quello dispensò tutti i suoi averi alle prigioni, alle Chiese e alle mense dei poveri e visse del lavoro delle sue mani, benedicendo Macario davanti agli uomini di Alessandria e dicendo loro: "Avevo sulle mie spalle un fardello pesante ma il Beato Macario mi ha insegnato come renderlo leggero".

E quando l'anima di Or fu accolta nel seno di Abramo, gli uomini di Alessandria dissero: "Costui ha compiuto opera evangelica perché ha donato tutto ai poveri e ha portato ogni ora, di notte e di giorno, la propria croce" e altri dicevano: "Costui ha mostrato carità verso i bisognosi al punto di stare in attesa lungo le strade e raccogliere gli afflitti, non solo ha ristorato la propria anima ma quella di molti."

In quei medesimi giorni Satana venne presso la capanna di Macario ed altri settanta demoni uscirono dai sepolcri e si prostrarono dinanzi a lui dicendo: "Benedetto sei tu Macario, specchio di ogni santità, che operi prodigi e porti gli uomini alla conversione, dove sarebbe l'anima di Or se Macario non gli avesse mostrato la via?" E il Beato Macario rispose: "Allontanati, Satana, non tentare la mia superbia, io non contenderò con i demoni perché ho la pace nel cuore", ma Satana gli disse: "Non sai tu forse che il Signore digiunò quaranta giorni nel deserto e altrettanto fecero Mosè ed Elia? Ora come puoi tu, che indichi agli altri la via della salvezza, vivere come un eremita se tu mangi e bevi di ciò che i pellegrini portano per te dalla città?", e Macario gli rispose: "Vattene Satana, io non contenderò con te perché ho la pace nel cuore", e Satana e gli altri settanta demoni si allontanarono da lui e Macario non toccò né cibo né acqua per trentanove giorni ma al quarantesimo disse tra sé: "Interromperò oggi il mio digiuno affinché non cresca nel mio cuore la pianta della superbia e io non abbia a confrontare il mio digiuno con quello del Signore".

Il Demonio rese allora più acuto il suo intelletto, apparecchiò una mensa per Macario e lo serviva a tavola ed egli di buon grado si lasciava servire e il Demonio gli disse: "Venerabile Macario, Archimandrita del deserto, tu conosci gli inganni di Satana, hai seguito la via dell'ascesi e del digiuno e sei divenuto il monaco perfetto del quale è scritto: egli conosce la pienezza della vita", ma Macario lo scacciò dicendo: "Vattene Satana perché l'anima mia è salda come roccia e non temo gli assalti dell'inferno", e Satana lo abbandonò.

Ed ecco che, venuta la sera di quel medesimo giorno, un pellegrino giunse presso la capanna di Macario e così lo salutò: "Beato Macario, Archimandrita del deserto, la fama della tua santità è giunta alle mie orecchie e io sono venuto da te per chiederti a quale genere di vita devo rivolgermi per non perdere l'anima mia".

E Macario lo accolse di buon grado, divise con lui il suo pane e la sua acqua e dopo che ebbero alquanto conversato, gli domandò: "Dimmi dunque chi sei" e quello gli rispose: "Il mio nome è Timoteo e ho vissuto da monaco per quasi quarant'anni nel deserto di Cirene".

Macario si rallegrò in cuor suo e gli disse: "Da molti anni mi è giunta fama della tua santità, vennero dei pellegrini e mi dissero che un tale Timoteo di Cirene aveva operato straordinari prodigi e folle di penitenti andavano da lui perché egli li confortasse e indicasse loro il cammino verso la perfezione, e ora tu sei davanti a me" e si prostrò dinanzi a lui per baciargli il piede, ma Timoteo non volle.

E Timoteo gli disse: "Che cosa è mai la santità se non la peggiore delle tentazioni e il frutto dell'orgoglio che Satana ispira dentro di noi? Gli Angeli e gli Arcangeli veglieranno sopra di te perché nessun nemico ti assalga ma come potrai resistere a ciò che nasce dalla tua anima?" e così dicendo era triste in volto come colui che ha smarrito le sue certezze.

E Macario gli rispose: "Come puoi tu temere di perdere l'anima tua e venire presso di me perché io ti indichi le vie della salvezza? E come potrà un  uomo che fino ad oggi è stato nelle mani di Satana indicare la via al suo fratello pellegrino sul monte della Nitria? Venerato fratello Timoteo, io vedo sul tuo volto la perfezione della vita ascetica, ora ecco, io ho il dono di discernere gli spiriti e tu hai il medesimo dono, io mi uniformo volentieri alla regola santa come tu stesso la vivi, io sostengo tribolazione, penitenza e privazione come anche tu conosci privazione, penitenza e tribolazione, noi abbiamo ricercato di giorno e di notte le vie di Dio, abbi dunque fede e lascia che Egli conduca i tuoi passi e non affliggerti della tua imperfezione".

E Timoteo gli disse: "Vi sono uomini nella cui anima albergano virtù eccellenti: alcuni sono naturalmente indotti al pensiero profondo e all'acutezza dell'ingegno, altri spontaneamente dimostrano capacità di curare le malattie o di parlare le lingue, altri ancora sono propensi alla ascesi o a soccorrere i poveri e i bisognosi. Dio ha dato loro doni così grandi perché essi li usino in vista di un bene assoluto e ha posto il suo Angelo dietro di loro perché li aiuti nel retto agire.

Ma vi è chi  attribuisce i suoi privilegi non a Dio, che dona ogni bene, ma alla sua personale scelta, alla sua capacità o al suo merito. Un uomo simile è abbandonato da Dio.  

E Dio, che aborrisce il cuore gonfio di orgoglio, allontana da lui l'Angelo della Provvidenza. E quando l'Angelo gli ha voltato le spalle, colui che si esaltava viene assoggettato dal demonio e la gente pia schiva l'insegnamento che esce dalla sua bocca come fosse una fonte piena di sanguisughe e così si compie la scrittura che dice: chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.

Tu sai, Beato Macario, che la via della perfezione consiste nel portare ogni ora, di notte e di giorno, la propria croce, ora ecco io ho veduto il santissimo monaco Efrem che credette di essere abbandonato da Dio e, gettato in preda alle avversità e alle percosse e a diverse tribolazioni, diceva: "mi è stata data una spina nella carne, un Angelo di Satana mi è stato mandato perché mi percuota per non farmi insuperbire", ma io non sono come Efrem che era un'anima semplice, io temo per l'anima mia perché essa è debole e non comprendo più ove conduce la via della santità, per anni ho mangiato locuste nel deserto e ho cercato di accettare ogni forma di penitenza ma non vedo il frutto della mia solitudine e l'anima mia è ancora il ricovero di ogni imperfezione.”

E Macario gli rispose: "Quando cerchi dentro di te la via della perfezione ricordati del demonio che secondo la scrittura aveva fatto la sua tana sotto l'albero della conoscenza, egli promise ad Adamo di essere come Dio e con la sua parola suadente lo condusse alla rovina, e quando tu vedi che la tua intelligenza ti porta a interrogarti su cose che non sono concesse agli uomini, ricordati della testimonianza che dice: il serpente era la più scaltra di tutte le bestie della terra ma per il serpente la sottigliezza dell'ingegno si risolse piuttosto in danno poiché altre virtù non vennero in suo aiuto e il serpente per primo volle essere simile a Dio. La perfezione è la via del bene operare, a che serve la perfezione se essa ha per fine soltanto se stessa?

L'uomo fedele e buono pensa i pensieri di Dio, parla come pensa e agisce come parla, egli accetta tutto ciò che gli viene mandato. Secondo l'esempio di Giobbe la santità senza la pazienza è come il pane senza sale che non sarà mangiato o che, se è mangiato, condurrà coloro che lo mangiano ad uno stato di infermità.

Quando tu credi che Dio ti abbandoni ricordati di Giobbe, quando l'Altissimo tratta con lui e gli dice: tu eri noto a me che vedo nel segreto ma io ho fatto sopravvenire un mutamento perché tu manifestassi davanti agli uomini la tua giustizia.

Basta a ciascun giorno la sua pena, perché dunque ti affanni per voler essere perfetto, dì piuttosto: servo inutile io sono".

E quando il Beato Macario ebbe così parlato il venerabile Timoteo disse tra sé "Perché dovrò rinunciare a cercare la perfezione che ho desiderato per tutta la vita?" Ringraziò quindi Macario di avergli dato conforto, e partì subito dal monte della Nitria e si ritirò nella parte più remota del deserto di Sceti, dove nessun monaco si era mai spinto perché il pozzo più vicino distava più di trenta miglia.

E Timoteo prese dimora presso una spelonca e ogni mattina raccoglieva con una spugna la rugiada posata sui sassi, la versava nell'anfora e così vinceva la sete e pregava ogni giorno restando per molte ore sotto la vampa del sole del deserto dicendo: "Mostrami, Signore, la via della perfezione" e ogni giorno veniva tentato nella superbia e il demonio si fermava presso di lui e gli diceva: "Benedetto sei tu, Timoteo, uomo timorato di Dio, perché risiedi in un luogo come questo e cerchi con tutto il tuo cuore le vie della perfezione".

Ora ecco, nel decimo anno del ritiro del venerabile Timoteo nel deserto di Sceti, il santissimo Patriarca Paolo si addormentò nella pace di Dio e giunsero in Alessandria per rendergli onore i vescovi di Menfi, di Eliopoli, di Pelusio, di Gaza, di Tebe, di Tiro, di Cirene, di Cipro e di molte altre città e poiché era grande in quei giorni la fama di santità del venerabile Timoteo, i vescovi di Cirene, di Eliopoli e di Tebe si misero in cammino verso il deserto di Sceti e vennero alla spelonca dove dimorava Timoteo e gli dissero: "Venerabile fratello Timoteo, grande è la tua fama in Alessandria e la gloria della tua santità varca ormai i confini dell'Egitto. Ecco dunque il Patriarca Paolo è stato accolto nel seno di Abramo e noi veniamo a pregarti nel nome di Cristo che tu voglia sederti sul suo trono ed essere pastore del suo gregge, vieni dunque con noi in Alessandria e lì sarai consacrato Patriarca nel giubilo del popolo".

E Timoteo rispose: "Lasciate che io preghi fino al tramonto e quando il sole sarà calato vi darò la risposta", ciò detto gli si accostò il demonio e gli disse: "Accetta il trono alessandrino che oggi ti è offerto perché nessuno è più degno di te" e Timoteo rispose: "Vattene Satana perché io ho la pace nel cuore e seguo la via della perfezione".

Tramontato il sole si presentò di nuovo ai Vescovi e così disse loro: "Io sono stato scelto per la vita del deserto e non sono degno di essere Patriarca", ma i Vescovi insistevano: "Non indagare i misteri dell'Altissimo, non ribellarti alla volontà di Dio".

Ed ecco Satana si appressò a Timoteo ed entrò nel suo cuore e il monaco, preso un rasoio, si recise l'orecchio destro dicendo: "Sta scritto: nessuno sia sacerdote se è privo di un occhio o di un orecchio" e i Vescovi insistevano: "Noi ti consacreremo Vescovo ugualmente perché a te non è dato sottrarti alla volontà di Dio".

Udito ciò, Timoteo, posseduto ormai dallo spirito di Satana, fuggì velocemente nel deserto gridando: "io sono monaco e non sarò mai Patriarca".

E i tre Vescovi partirono dal deserto di Sceti e si rimisero sulla via di Alessandria che attraversava il monte della Nitria e lungo la strada incontrarono dei pellegrini e chiesero loro: "Donde venite?", e quelli risposero: "Veniamo dalla capanna dove dimora il beato Macario, siamo andati da lui a portare cibo e acqua perché egli possa vivere nel deserto senza domandarsi che cosa mangerà o che cosa berrà ma possa dedicare tutto il suo tempo a cercare il regno di Dio".

E i Vescovi dissero: "Chi è questo Macario che è eremita ma non vive in solitudine e mangia e beve per essere più pronto alla ricerca del regno di Dio?" e i pellegrini risposero: "Egli non è come gli altri monaci, non parla di digiuno e di penitenza ma insegna che ciascuno deve seguire i pensieri del proprio cuore perché tutto ciò che Dio vi fa nascere è buono".

E i Vescovi dissero: "Insegnateci la via che conduce alla sua capanna", ed essi indicarono loro la via.

Quando i pellegrini furono partiti, i Vescovi stabilirono di recarsi presso Beato Macario e, giunti preso di lui, gli dissero: "Beato fratello Macario, il santissimo Patriarca Paolo è stato accolto nel seno di Abramo ed ecco noi siamo andati nel deserto di Sceti perché desideravamo che il Venerabile Timoteo fosse unto Vescovo e divenisse nostro Patriarca ma egli si è ritirato nel deserto più remoto e ha detto: io sono monaco e non sarò mai Patriarca, ora tu insegni un Vangelo di gioia ai pellegrini sul monte della Nitria e la fama della tua santità si diffonde per tutto l'Egitto e noi siamo venuti a pregarti nel nome di Cristo di sederti sul trono del Patriarca Paolo e di guidare il suo gregge. Vieni dunque con noi in Alessandria e lì sarai consacrato Patriarca nel giubilo del popolo".

E Macario rispose: "Lasciate che io preghi fino al tramonto e quando il sole sarà calato vi darò la risposta", ciò detto si ritirò in solitudine e si ricordò della testimonianza che dice: "Chi di voi vuole essere il primo, serva i suoi fratelli" e prima che il sole fosse calato si presentò ai Vescovi e cosi disse loro: "Vescovi seguaci della vera fede, non per mio merito ma per la grazia di Dio io sarò vostro Patriarca, perché Cristo dice: non siete voi che avete scelto me ma io che ho scelto voi, avvenga dunque di me secondo la Sua volontà".

Montato quindi su un asino venne in Alessandria e il monaco, che non era neppure diacono, fu ordinato in un solo giorno Presbitero, Vescovo e Patriarca ed ecco, essendo prossima la festa di San Michele, egli fece allestire una grande mensa per i poveri e i pellegrini e fece aprire le porte della Chiesa.

Quando una grande moltitudine di popolo si fu radunata di fronte all'altare, salì all'ambone e così parlò: "Venerabili Vescovi, fratelli nella fede, monaci santi del deserto, figli diletti della terra d'Egitto, il vostro Patriarca vi chiede, in nome di Dio: sradicate l'erba cattiva dal giardino del vostro cuore, non permettete che il nemico semini la zizzania dove cresce il grano buono, purificate il campo col fuoco, allontanate da voi ogni abominazione", e ricordò l'esempio di Or che aveva donato ai poveri tutti suoi averi e aggiunse che mai in tutto l'Egitto vi era stato uomo più giusto.

Ma Satana entrò nei cuori degli abitanti di Alessandria, ed ecco, in quei giorni era accesa in città la lotta contro gli Oremiti e tutti coloro che avevano ascoltato le parole di Macario credettero che egli si riferisse agli Oremiti quando li invitava a strappare l'erba cattiva e a purificare il campo col fuoco.

E mentre il santo Vescovo era raccolto in preghiera, gli uomini di Alessandria si radunarono nella piazza e, fiduciosi di seguire la volontà del Patriarca, si recarono armati alla porta della Chiesa di San Giovanni, dove Proterio, Patriarca oremita, celebrava con i suoi i sacri riti, entrarono senza rispetto del luogo e uccisero di spada Proterio sopra il suo trono insanguinando l'altare di Dio e nessuno dei presenti rimase vivo, né uomo, né donna, né bambino.

Gli uomini di Alessandria si presentarono quindi al beato Macario con gli occhi pieni di odio e le mani lorde di sangue e dissero al venerabile Vescovo: "Ecco, in nome di Dio, abbiamo sradicato l'erba cattiva e abbiamo purificato il campo col fuoco, dacci ora la tua benedizione".

E il beato Macario rimase impietrito, poi prese a scagliarsi contro di loro strappando le loro spade e spezzandole sopra la roccia e gridava dicendo: "Chi potrà cancellare il nostro peccato? Noi abbiamo lordato di sangue la mano del Signore".

Mentre gli uomini di Alessandria si ritiravano stupiti, Macario cadde in preda alla più cupa disperazione e pensò d'essere stato abbandonato da Dio e si ritirò in solitudine, ma intorno a lui Satana e altri settanta demoni gridavano: "Tu hai macchiato di sangue l'altare di Dio, sei stato costituito pastore e hai scannato le tue pecore, tu sei come Giuda che era Apostolo e tradì il Maestro, piangi, monaco falso, Vescovo sanguinario, tu sei dannato in eterno".

Era notte alta quando il Patriarca uscì dalla Chiesa di San Michele a dorso di cammello, ed ecco, appena fuori della città, venne ancora Satana e gli ripeteva ad ogni passo: "Tu hai macchiato di sangue l'altare di Dio, tu sei dannato in eterno", e prima che giungesse alla riva del Nilo, il cammello diede un sussulto, cadde e morì.

Macario aggirò il lago di Mari e proseguì a piedi fino al fiume.

Era periodo di piena e il fiume era largo più di un miglio, ma Macario, avvoltasi la tunica al capo, scese nel Nilo e la corrente lo ostacolava e lo trascinava sempre più a nord, riuscì tuttavia ad arrivare a nuoto all'altra riva, ma ecco, ancora gli apparve Satana e gli ripeteva: "Tu sei dannato in eterno".

Andò di buon passo e sentì lentamente venire meno le forze, camminando senza cibo né acqua per due giorni e due notti, oltrepassò il monte della Nitria e si avviò verso il deserto di Sceti e le spine dei rovi gli strappavano la tunica e gli graffiavano le carni e Satana gli ripeteva: "Tu hai macchiato di sangue l'altare di Dio" e gli levava contro nuvole di polvere e sabbia del deserto tanto che ormai Macario temeva di avere smarrito la strada e non vedeva più neppure il sole per orientarsi, si alzò quindi una terribile tempesta di sabbia e Macario spossato cadde in terra in preda alla più cupa disperazione e si addormentò.

Quando si risvegliò udì lì presso il crepitio di una fiamma e vide Timoteo sopra un rovo ardente e udì Satana che così gridava contro di lui: "Ecco Timoteo, il monaco perfetto che ha rifiutato la volontà di Dio. Che cosa vuoi o monaco? Che cosa vuoi o Timoteo? Tu non hai il cuore in pace e Dio ti ha abbandonato perché tu, che volevi essere monaco perfetto, hai rifiutato di essere Vescovo" e Macario si avvicinò al rogo e cominciò a gridare: "Non scendere dal cielo, hai gli Angeli, gli Arcangeli, le potenze superiori, non scendere dal cielo!".

E Timoteo si sentiva solo e abbandonato da Dio e piangeva forte e Macario gli gridava: "Non scendere dal cielo!"

Le fiamme durarono così per due giorni e due notti e al terzo giorno il fuoco cessò e Macario vide il volto di Timoteo spossato e trasfigurato e così gli parlò: "Come potrà Macario giudicare il suo fratello Timoteo che ha superato la sua prova e ha ottenuto in premio, come Giobbe, la pace del cuore? Io che dovevo essere l'Apostolo sono il pastore indegno che ha scannato le sue pecore, il Vescovo sanguinario, il monaco falso che ha macchiato di sangue la mano del Signore, io sono come Giuda che fu Apostolo ma tradì il Maestro, ecco, io sono nelle mani di Satana, chi perdonerà il mio peccato?" ed ecco venne Satana con altri settanta demoni e si stringevano sempre più intorno a Macario ed egli fu tentato nella disperazione e Satana gli gridava: "Tu sei dannato in eterno", perché, come Giuda, disperasse per il suo peccato e fosse perduto.

E il beato Macario si sentiva abbandonato da Dio e piangeva forte e il venerabile Timoteo gli diceva: "Dal profondo a te grido, Signore, ascolta la mia voce!".

E una fiamma d'inferno divampò intorno a Macario e disseccava la sua pelle e bruciava le sue carni e Timoteo gridava verso di lui: "Hai gli Angeli, gli Arcangeli, le potenze superiori, non scendere dal cielo!".

E la fiamma brillò in mezzo al deserto ed arse per sei giorni e sei notti senza che si consumasse ma al settimo giorno cessò e il venerabile Timoteo disse a Macario: "Il mio cuore conosce oggi la perfezione della letizia perché oggi ho compreso che cosa significa essere monaco perfetto".

E in quello stesso giorno il beato Macario fece ritorno in Alessandria e quando molto popolo si fu radunato nella Chiesa di San Michele così disse loro: "Uomini di Alessandria che professate la vera fede, non sapete forse voi che se Dio volesse liberarci dalla piaga dell'eresia manderebbe dodici legioni di Angeli per allontanare i seminatori di zizzania? Uomini duri di cuore, Dio permette che Satana vi tenti diffondendo tra voi la mala pianta dell'eresia perché il vostro cuore riconosca la verità.

Anche gli eretici vi sono dati per la vostra salvezza perché voi li induciate con l'esempio alla vera fede, perché Dio dice: non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva.

Ma voi avete preferito le opere della morte e la tenebra dell'abisso ha avvolto il vostro cuore, non sapete voi forse che il sangue di un uomo si sparge in un ora ed è perso per sempre?  La vita e la morte sono nella mano di Dio, Egli ha chiamato i morti alla vita e ha fatto uscire Lazzaro dal sepolcro, Egli ha condannato quelli che usano la spada e vi ha mandati come agnelli tra i lupi, armati solo della vostra perseveranza, ma voi vi siete fatti giudici e in nome della loro falsa dottrina avete condannato quelli che la professavano con cuore sincero, e avete alzato la mano sui vostri fratelli, non solo non avete offerto loro l'esempio della vostra santità ma li avete trucidati in un lago di sangue."

E quanti erano nella Chiesa di Alessandria si domandavano a vicenda: "Che cosa faremo perché il nostro peccato sia cancellato? Chi ci insegnerà la via della penitenza?".

E il venerabile Macario, vedendo che Dio aveva indotto il cuore degli alessandrini alla penitenza, così concluse: "Io non celebrerò più i sacri riti in San Michele finché tra noi esisterà ancora il povero e il derelitto, noi daremo da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, cureremo gli infermi, accoglieremo in casa lo storpio, saremo occhio del cieco e bastone dello zoppo: se noi faremo così Dio si ricorderà della sua misericordia e cancellerà il nostro peccato. Chi dunque è ricco accolga il povero alla sua mensa, chi ha forti braccia ricostruisca la casa dell'orfano e della vedova, chi ha il dono della scienza lo applichi alla salute del suo vicino e il fornaio faccia per tutti un solo pane e il venditore d'acqua lasci che tutti attingano gratuitamente al suo pozzo, e in ciò non farete distinzione tra Oremiti e figli della vera fede, perché Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e leva il suo sole sugli eletti e sui reprobi perché Egli non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva".

Ciò detto, il Venerabile Macario si spogliò dei paramenti patriarcali e insieme al suo popolo uscì per le strade di Alessandria. E gli stessi uomini che gli si erano presentati con gli occhi pieni di odio e le mani lorde di sangue nel giorno dell'uccisione del Patriarca Proterio, erano animati dallo zelo più fervente.

Ed ecco, la città che ancora portava il segno del lutto e del sangue rifiorì e molti Oremiti, vedendo ciò che accadeva in Alessandria, tornarono alla vera fede.

E quando, trascorso un anno, si avvicinava ormai il tempo della festa di San Michele, molti alessandrini andarono dal Patriarca e gli dissero: "Ecco, i ciechi vedono, i sordi odono, gli storpi camminano, i morti risorgono, ai poveri è annunciato il regno di Dio, torna dunque, Beato Macario, a celebrare per noi i sacri misteri perché Dio ci ha perdonati".

E il giorno della festa di San Michele grande fu la folla di pellegrini venuti da tutto l'Egitto per vedere le opere di carità che erano sorte nella città di Alessandria.

E quando si fu radunata una gran folla nella Chiesa, il Beato Macario salì all'ambone e così parlò: "Dio si è riconciliato col suo popolo e la pace regna nei nostri cuori, ecco, io ti ammonisco, popolo di Alessandria, affinché non si turbi il vostro cuore e non si sgomenti, ricordate la testimonianza che dice: percuoterò il pastore e le pecore andranno disperse, ma io farò sorgere tra voi un nuovo pastore.

Ecco, Abele era fedele e giusto e fu ucciso da Caino, e Dio pose un segno sopra Caino, e chiunque avesse ucciso Caino avrebbe avuto un castigo sette volte peggiore di quello di lui".

Parlò poi della vita dei santi anacoreti del deserto e additò l'esempio del venerabile Timoteo che era monaco perfetto poiché aveva sostenuto la sua prova e aveva ricevuto in premio, come Giobbe, la pace del cuore, e si avvicinò quindi all'altare per celebrare i sacri riti.

Ma ecco, in mezzo ai pellegrini venuti per la festa si trovavano anche alcuni Oremiti di Aleppo e di Gaza e Satana entrò nel loro cuore e armò di spada le loro mani, ed essi, penetrati nel presbiterio dalla porta posteriore, si avventarono sul Patriarca e subito Satana si avvicinò a Macario e gli disse: "Fuggi, Vescovo, e avrai salva la vita" ma Macario comprese che se egli fosse fuggito la lotta civile sarebbe scoppiata con violenza nella città  e gli rispose: "Vattene, Satana, io sono il buon pastore che dà la vita per le sue pecore".

E Macario fu colpito di spada sopra l'altare e prima di abbattersi al suolo gridò: "Figli di Alessandria, vi supplico in nome di Dio, perdonate questi uomini, perché essi non sanno quello che fanno".

Ed ecco, i sicari degli Oremiti temevano di essere linciati dal popolo e cercavano di farsi strada con le armi in mezzo alla folla, ma nessuno si strinse intorno a loro perché gli uomini di Alessandria non vollero macchiarsi del sangue di Caino, e quando furono usciti nessuno li seguì.

E il corpo del Beato Macario, macchiato di sangue, fu deposto a terra davanti all'altare e per tutta la notte e per il giorno successivo gli abitanti della città piansero su di lui e si chiedevano: "Da chi andremo? Chi ci indicherà a che genere di vita dovremo rivolgerci per salvare le anime nostre?".

Finite le esequie, il Beato Macario fu sepolto nel chiostro di San Michele e il suo ricordò si conservò per lunghissimi anni nei cuori degli alessandrini.  

 

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