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PIETRO ALESSANDRINO

Nell'anno in cui fu Patriarca il venerabile Atanasio, fu ordinato Presbitero in Alessandria un uomo di nome Tito, in età di cinquanta anni, era originario di Tebe ed era venuto in Alessandria, ancora adolescente, per attendere al commercio insieme con suo padre al tempo del Patriarca Paolo.

Era stato tra gli uccisori del Vescovo Proterio e aveva assistito al martirio del Beato Macario e tanto la santità di lui lo aveva colpito che aveva desiderato ritirarsi nel deserto e si era quindi recato presso il Patriarca Timoteo per chiedergli consiglio.

E Timoteo, che era uomo esperto della vita del deserto, gli aveva risposto: "Non è per te la vita solitaria, resta dunque in Alessandria e qui ti sarà mostrata la tua via".

E Tito rimase in città e dopo un anno ritornò dal venerabile Timoteo e gli disse: "Ecco, io voglio ritirarmi nel deserto".

E il Patriarca gli rispose ancora una volta: "Non è per te la vita solitaria, resta dunque in Alessandria e ti sarà mostrata la tua via". E Tito rimase in Alessandria e poco tempo dopo incontrò una giovane di nome Melania, in età di venti anni, e la sposò. Visse con lei due anni e da lei ebbe un figlio di nome Pietro, ma nel darlo alla luce la madre morì e Tito rimase vedovo dopo due soli anni di matrimonio.

Tito molto lavorò e Pietro fu dato a balia finché non fu divezzato e crebbe poi accanto a suo padre.

E Tito ogni giorno si chiedeva: "Quale sarà la vita di mio figlio? Come potrò io rendere più agevole la sua via?"

E trascorsero gli anni e quando, dopo la morte del venerabile Timoteo, Atanasio divenne Patriarca, Pietro compì diciotto anni e Tito disse: "Mio figlio è ormai un uomo, egli ha quanto basta per la sua vita, ecco, io ho esaurito il mio compito, mi ritirerò dunque sul monte della Nitria e potrò dedicarmi a cercare le vie della perfezione".

E andò dal Patriarca Atanasio e volle da lui essere ordinato Presbitero e, secondo ciò che desiderava, si ritirò nel deserto e lì ogni giorno pregava per suo figlio Pietro e per il santissimo Patriarca Atanasio e per la Chiesa tutta di Alessandria.

E Pietro rimase in Alessandria per attendere al commercio e più volte si recò sul monte della Nitria per incontrare suo padre e per chiedergli consiglio, poiché dopo la partenza di Tito, Pietro si sentiva solo in Alessandria.

Ma dopo quattro mesi di vita nel deserto, venne per Tito l'angelo della morte ed egli fu accolto nel seno di Abramo e il suo corpo fu portato in Alessandria e molto il figlio pianse sulla tomba di suo padre dicendo in cuor suo: "Chi mi darà conforto? Ecco, ora sono veramente solo in Alessandria".

E il Vescovo Atanasio, che aveva celebrato le esequie di Tito, molto si rattristò del dolore del giovane Pietro e fu tentato di dargli conforto e di venire a colloquio con lui perché le lacrime di quel giovane lo avevano sconvolto ed egli avrebbe voluto abbracciarlo perché capisse che non era solo in Alessandria.

Ma Atanasio era uomo di vita austera e temeva che ciò non  si addicesse a un Vescovo, pensò quindi tra sé: "Egli è così giovane che potrebbe essere mio figlio e il mio cuore sanguina per le sue lacrime, ma io so che a me non è concesso di restargli vicino perché ciò potrebbe essere per lui di turbamento, resterò dunque nel mio silenzio e pregherò Dio perché gli indichi la sua via ed egli sarà illuminato e troverà consolazione".

E Pietro ritornò nella sua casa e lo sconforto lo invase, ma ecco, gli apparve l'Arcangelo Michele e gli disse: "Prepara l'anima tua alla prova, sia retto il tuo cuore e sia costante per non smarrirti nel tempo dell'avversità, qualunque cosa ti accada accettala con pazienza, poiché l'oro si prova col fuoco e gli uomini accetti a Dio nel crogiolo dell'umiliazione".

E nei giorni seguenti i commerci di Pietro divennero più difficili ed egli fu costretto a vendere l'oliveto che il padre gli aveva lasciato e si adattò ai lavori più umili e il mercante Erone, che già era stato alle dipendenze di suo padre, prese Pietro come servo e lo mandò a pascere le pecore poco lontano dall'oliveto di Marpior.

Con le ultime monete che gli erano rimaste Pietro comprò un'agnella e la teneva sempre con sé, essa mangiava il suo pane dal piatto e beveva nella sua ciotola e si addormentava accanto a lui e sempre lo seguiva al pascolo e cercava la sua compagnia.

Ma ecco, venne un ospite presso il mercante Erone ed egli, che aveva molte pecore, ordinò che fosse presa e scannata l'agnella di Pietro e con essa si imbandisse la tavola per l'ospite.

E Pietro, che ogni cosa aveva sopportato con pazienza, molto si rattristò e nella notte fuggì dalla capanna dei pastori e si avviò verso Alessandria e venne prima dell'alba alla Chiesa di San Michele e vide il Patriarca presso la tomba del Lettore Marco e si gettò piangendo dinanzi a lui e il Patriarca rimase turbato e disse in cuor suo: "Perché Dio mi manda questo giovane in preda alla costernazione? Egli è così giovane e non ha chi lo possa confortare".

E Pietro tentò di baciare la mano del Patriarca ma questi si ritrasse, allora Pietro gli si fece più vicino e Atanasio si allontanò e Pietro pensò di averlo offeso per avere invocato il suo aiuto in cose di poca importanza, Atanasio ruppe allora il suo silenzio e gli disse: "Ascolta le parole del tuo Patriarca: quell'uomo ti renderà giustizia, ma ora allontanati e prega per il tuo Patriarca" e lo licenziò con un cenno del capo e Pietro rientrò alla capanna dei pastori presso l'oliveto di Marpior e diceva nel suo cuore: "Perché Atanasio si allontana da me? Io so che egli è un uomo santo il cui cuore non ha mai subito turbamento, eppure oggi egli era turbato”, ma non seppe trovare una spiegazione.

E Atanasio, alla sera di quel medesimo giorno, si recò solo e in abito di uomo comune alla casa del mercante Erone e così gli disse: "Tu hai fatto violenza al giovane Pietro e gli hai tolto ciò che egli aveva di più caro, chiedigli dunque perdono e non sfidare la collera di Dio perché sta scritto che se uno darà scandalo a uno di questi piccoli, meglio è per lui che si leghi una macina da mulino al collo e sprofondi nel mare".

Ma Erone non volle ascoltare le parole del Patriarca e, chiamati segretamente alcuni servi, volle che gli tendessero un'imboscata per intimorirlo lungo la via del ritorno, poiché Erone pensava in cuor suo: "Costui è uomo di preghiera, avvezzo al digiuno e all'astinenza, non oserà mettersi contro di me e io lo piegherò alla mia volontà poiché certo è incapace di resistermi".

E quando Atanasio uscì e fu solo per la via, essi lo aggredirono e lo lasciarono in terra mezzo morto e coperto di sangue.

La mattina seguente, alcuni lavoranti dell'oliveto passarono di lì e videro il Patriarca steso a terra ed egli comandò che non facessero parola ad alcuno dell'accaduto e facessero venire un carro chiuso e lo riconducessero alla Chiesa di San Michele così che nessuno vedesse il Vescovo in quelle condizioni.

E Pietro, che non sapeva ciò che era accaduto, venne alla Chiesa patriarcale ma Atanasio ebbe timore di lui e non volle riceverlo perché quello certamente gli avrebbe chiesto spiegazione del suo stato e avrebbe cercato di confortarlo e di restare accanto a lui.

E Pietro rientrò alla casa dei pastori dicendo in cuor suo: "Io ho offeso la dignità del Patriarca chiedendo giustizia. Che cosa è un'agnella per chi pasce il gregge intero della Chiesa di Alessandria? Certo Atanasio si sarà dimenticato di me e così è giusto perché pesante è la croce che egli deve portare sulle spalle" e così pensando piangeva dicendo nel suo cuore: "Nessuno potrà darmi conforto in questa città".

Ma in quella stessa notte Atanasio si recò nuovamente presso il mercante Erone e così gli disse: "Gli uomini malvagi tramano nel loro cuore l'iniquità, aguzzano le lingue come serpenti e sotto le labbra hanno il veleno delle vipere, essi dicono nella loro follia: chi oserà innalzarsi contro di noi? Ma le loro vie saranno sconvolte".

Ed Erone non volle ascoltarlo oltre e lo fece bastonare dai suoi servi e volle che fosse riportato a notte alta nel chiostro di San Michele.

E Atanasio si fece forza e rivestiti i paramenti patriarcali, si sedette sul trono e Pietro, che non sapeva ciò che era accaduto nella notte, ed era ritornato in San Michele, rimase in mezzo alla folla e non chiese di essere ricevuto ma pregò perché Atanasio potesse pascere con giustizia il gregge di Alessandria.

Il Vescovo vide che Pietro era venuto in San Michele ma non volse mai lo sguardo verso di lui e diceva tra sè: "Il mio cuore teme gli uomini violenti e io non sono degno di essere Patriarca, non ho saputo rendere giustizia al giovane Pietro e non riesco a sostenere il suo sguardo".

E nella notte seguente, per ordine di Erone, gli uomini che avevano aggredito il Patriarca tesero un agguato a Pietro perché ne giungesse fama fino ad Atanasio e il timore di Erone crescesse nell'animo del Patriarca.

Ma Pietro riuscì a rialzarsi a stento e camminando a fatica venne nella Chiesa di San Michele e trovò Atanasio che vegliava nel chiostro e pianse davanti a lui dicendo: "Liberami dalle mani di Erone poiché egli è uomo empio e mi farà morire e se mio padre fosse stato vivo certo mia avrebbe liberato".

In quel momento il cuore di Atanasio si sciolse ed egli sollevò Pietro e lo abbracciò e quello ebbe la sensazione di non essere solo e si sentì confortato, Atanasio strinse le mani di Pietro con forza vincendo la propria ritrosia ed entrambi compresero che in quell'abbraccio e in quello stringersi le mani vi era qualcosa di nuovo e di sconosciuto.

Il mattino seguente Atanasio fece raccogliere molto popolo nella Chiesa e disse loro della malvagità di Erone ed essi cominciarono a mormorare contro di lui dicendo tra sé: "Un uomo simile non può dimorare in questa città" e, presa chi una picca, chi un forcone, chi una scure, si radunarono nella piazza in numero di quasi cinquemila per seguire Atanasio e allontanare per sempre Erone dalla città.

E questi, appena i suoi servi gli annunciarono quello che stava accadendo, si chiuse nella sua casa che aveva spesse mura e porte robuste, come in una fortezza e fece sprangare la porta, ma veduta la moltitudine sterminata di uomini armati che si avvicinavano, ebbe terrore e si vide perduto perché temeva il popolo e credeva che lo avrebbero linciato.

E Atanasio fece accatastare delle fascine intorno alla casa di Erone e le fece incendiare, portarono poi un barile di pece e gli diedero fuoco accanto alla porta della casa.

 E i servi di Erone, temendo una terribile fine costrinsero il loro padrone ad aprire la porta perché non avrebbero potuto resistere a lungo.

Erone uscì camminando carponi e chiedendo pietà, ma il Patriarca non lo ascoltò e volle che fosse messo in catene e condotto nella piazza del mercato perché tutti lo potessero vedere, lo fece quindi rinchiudere nella cella detta della custodia e volle che per l'indomani fosse riunito il tribunale e che Pietro fosse presente al giudizio.

Il giorno successivo Erone fu condotto dinanzi al tribunale e riconobbe la sua colpa e poiché pensava che lo avrebbero condannato a morte, confessò tutto quello che aveva sulla coscienza per presentarsi dinanzi a Dio con un fardello più leggero e ammise di avere ucciso un uomo per prendersi le sue proprietà.

Quando fu il momento di pronunciare la sentenza, Atanasio disse: "Chieda prima Pietro ciò che egli desidera in risarcimento di ciò che ha subito, e quanto egli avrà chiesto gli sarà concesso, poi ascolterete la mia sentenza per gli altri delitti di quest'uomo".

E Pietro si avvicinò ai giudici e chiese che col denaro del condannato gli fosse concesso solo di comperare un'altra agnella, perché null'altro egli chiedeva a quell'uomo.

Atanasio molto si rallegrò nel suo cuore e disse tra sé: "Nell'anima di questo giovane non vi è sete di vendetta, Dio ha posto la mano su di lui per guidarlo in una via di santità".

E il Patriarca ordinò che fosse fatto ciò che Pietro chiedeva e aggiunse che Erone avrebbe servito per un anno in catene alla costruzione del molo di Alessandria.

Ed Erone assai si stupì di una condanna così mite che gli conservava la vita e il patrimonio e gli permetteva di rimanere in Alessandria.

Ma ecco, il giorno dopo il giudizio, incominciò il tempo della quaresima e Atanasio si ritirò in digiuno e in meditazione e Pietro, che non ebbe più possibilità di vederlo, lo venerò come suo secondo padre.

E venne il tempo di Pasqua e trenta giorni dopo la domenica in albis, Atanasio ricevette in Eliopoli la corona perfetta del martirio  e quando lo portarono in San Michele, Pietro pianse su di lui come aveva fatto per la morte di suo padre e conservò sempre nel profondo del suo cuore il ricordo dell'abbraccio di Atanasio e della stretta delle sue mani.

Quando il Beato Stefano divenne Patriarca, Pietro si recò da lui e così gli parlò: "Venerato Patriarca Stefano, tu hai ricevuto la mitria, la croce e il pastorale del santissimo Atanasio, ecco, egli era per me come un padre, ma ora è stato accolto nel seno di Abramo ed io ho deciso di seguire  la via del deserto e di ritirarmi sul monte della Nitria come già fece mio padre, per ricercare le vie della perfezione, dammi dunque la tua benedizione".

E Stefano, che aveva visto la devastazione della regione di Eliopoli, così gli rispose: "Sarà gradito a Dio se tu ti recherai ad Eliopoli e lì ti porrai a servizio di Flavia e del Vescovo Marciano che io ho mandato in quella regione per ricostruire ciò che la carestia aveva distrutto. Ecco, in quella città tu conoscerai la via che Dio ha stabilito per te".

E Pietro accettò di buon grado quanto il Patriarca gli aveva proposto e partì in quello stesso giorno alla volta di Eliopoli.

Frattanto Erone, che lavorava in catene alla costruzione del molo di Alessandria, e aveva visto il corpo del Santissimo Atanasio tratto su un carro dal Vescovo Stefano, vinto dallo spirito della penitenza, aveva deliberato in cuor suo di mutare vita.

Erone chiese dunque di poter vedere il Vescovo Stefano e gli disse: "Beatissimo Patriarca, la morte del santissimo Atanasio mi sconvolge perché egli era il migliore degli uomini". A quelle parole Stefano pianse.

E Erone volle che tutto il suo patrimonio fosse venduto e servisse per alleviare la desolazione della gente di Eliopoli e Stefano fece rimettere in libertà Erone e questi venduto tutto ciò che possedeva comprò mille sacchi di grano, cento pariglie di buoi, cento cammelli e mille pecore e si avviò verso Eliopoli con una lunga carovana di carri e in quella città visse fino al termine dei suoi giorni operando di notte e di giorno perché fosse riedificato tutto ciò che la carestia aveva distrutto.

Ora, mentre Pietro dimorava in Eliopoli, incontrò una giovane di nome Anna, originaria di Cesarea di Palestina e nel suo cuore nacque l'amore per lei, ma prima di prenderla in sposa Pietro desiderava ottenere la benedizione del Patriarca Stefano ma temeva di recarsi presso di lui perché pensava che il Patriarca non lo avrebbe approvato.

Prese tuttavia coraggio e venne in Alessandria alla Chiesa di San Michele e aprì il suo cuore al Patriarca e questi gli rispose: "Non ricordi tu l'insegnamento del santissimo Atanasio? Egli diceva che non si devono mai reprimere i desideri del proprio cuore  perché tutto ciò che Dio vi ha fatto nascere è buono" e mentre così diceva le lacrime scorrevano sul volto del Vescovo, e Pietro rimase turbato e gli disse: "Il santissimo Atanasio fu il solo in questa città a consolarmi nel giorno della mia afflizione, egli mi abbracciò, strinse forte le mie mani e mi disse parole di pace e io sentii la forza dell'amore di quell'uomo che lentamente mi riportava dalla morte alla vita", e Stefano gli rispose: "Ricordati di quell'abbraccio come del dono più prezioso perché chi conosce Atanasio sa che altissimo è il suo valore".

Ciò detto lo invitò a venire al più presto in Alessandria perché egli stesso avrebbe benedetto le nozze e il popolo avrebbe partecipato della sua gioia.

E Pietro ritornò in fretta ad Eliopoli e presa con sè Anna venne in Alessandria accompagnato da Flavia e dal Vescovo Marciano e in quel giorno la loro gioia fu perfetta.

Ripartirono poi per Eliopoli e Dio benedisse quelle nozze con la nascita di quattro figli maschi e quattro femmine e Pietro e Anna vissero insieme per trentatré anni e crebbero i loro figli e li allevarono nella fede e spesso dicevano loro: "Dio ci ha benedetti con lunghi anni di prosperità".

Ed ecco, nel trentacinquesimo anno del patriarcato di Stefano, Anna morì tra i suoi figli e i suoi nipoti e Pietro, rimasto solo, disse nel suo cuore: "I miei figli sono ormai uomini ed hanno quanto basta per la loro vita, ecco, io ho esaurito il mio compito, mi dedicherò dunque a cercare le vie della perfezione".

E venne in Alessandria presso il Venerabile Stefano, che aveva allora quasi ottanta anni e gli chiese di essere ordinato Presbitero e di poter assolvere il suo ministero in Eliopoli, ed egli lo ordinò Presbitero.

Ma dopo poche settimane il Patriarca Stefano fu accolto nel seno di Abramo e spirò fra il compianto del popolo e sulla sua tomba fu scritto: “Io che cercavo una guida sono divenuto la guida, io che cercavo un pastore sono divenuto pastore”.

E poiché era grande in Alessandria la fama del presbitero Pietro, in età di cinquantasei anni, al cospetto dei suoi figli e dei suoi nipoti, egli fu consacrato Patriarca.

 

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