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MASSIMO L’EREMITA

E il Patriarca Pietro molto fu venerato tra il popolo della città e venivano presso di lui gli abitanti di Alessandria e gli esponevano i pensieri del loro cuore ed egli li ascoltava, li confortava nell'afflizione, gioiva della loro gioia e spiegava loro la parola di Dio perché ciascuno potesse trovare la sua via.

E poiché il Patriarca soleva predicare al vespro nella Chiesa di San Michele, molto popolo si raccoglieva per ascoltarlo ed erano attenti a tutto ciò che usciva dalla sua bocca.

Ed ecco, due giovani l’uno di nome Massimo e l'altro di nome Filippo, entrambi usciti appena dall'adolescenza ed in età di diciassette anni, vennero alla Chiesa patriarcale per ascoltare il Vescovo Pietro ed egli parlò del profeta Giona dicendo: "Popolo di Alessandria, quando il tuo cuore si smarrisce tu sei come Ninive che si ribellò contro Dio e Dio mandò Giona in quella città e Giona venne a Ninive dicendo: "Ancora quaranta giorni e la città sarà distrutta" e gli uomini di Ninive sedettero nella cenere e bandirono il grande digiuno e Dio si pentì del castigo che aveva promesso loro e non lo mise in atto e Giona si sdegnò e uscì dalla città e si mise a sedere presso la porta orientale, sotto un riparo di frasche per vedere ciò che sarebbe avvenuto in città e Dio fece crescere in una sola notte una pianta di ricino per fare ombra sulla testa di Giona e liberarlo dalla sua tristezza, ma all'alba del giorno dopo Dio fece venire un verme che ferì il tronco e il ricino seccò e Dio mandò il vento caldo di oriente e il sole colpì la tasta di Giona e Giona disse: "Ecco, per me è meglio morire che vivere, perché Dio ha fatto seccare l'albero del ricino" e Dio gli rispose: "Tu senti compassione di quella pianta di ricino che tu non hai seminato ed è cresciuta dinanzi ai tuoi occhi in una notte e in una notte è perita e io non dovrei avere pietà di Ninive dove vivono molti uomini che non distinguono la mano destra dalla sinistra?"

Viva dunque tra voi la carità come visse a Ninive per la predicazione del profeta Giona, e ricordatevi che chi accoglie un profeta perché è profeta, riceverà la ricompensa dei profeti, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, riceverà la ricompensa dei giusti.

E il Signore dice: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi darò riposo, perché il mio giogo è soave e il mio peso è leggero".

Ed ecco, voi dite: "Noi abbiamo la fede e crediamo che Dio è uno solo" e fate bene, ma anche il demonio lo crede ed egli è stato sprofondato nell'inferno, purificate dunque le anime vostre nelle buone opere e nell'obbedienza alla verità per avere un sincero amore fraterno e amatevi a vicenda con tutto il cuore poiché siete nati dalla semenza incorruttibile della parola di Dio e sta scritto: ogni carne è come l'erba e la sua gloria è tutta come il fiore dell'erba. Si secca l'erba e cade il fiore, ma la parola del Signore dura in eterno".

Ed ecco, Massimo e Filippo ascoltarono queste parole e le custodirono nel loro cuore e molte volte vennero in San Michele per udire il Patriarca.

E Massimo disse: "Le parole del Vescovo Pietro hanno messo radice dentro di me, poiché egli non insegna falsità e sa dare agli uomini un segno di speranza" e Filippo gli rispose: "Il Patriarca Pietro è un uomo solo in mezzo al suo popolo, vive tra i suoi figli e i suoi nipoti, ma essi non lo comprendono poiché Pietro ha tanti figli quanti sono i figli di Alessandria".

E più volte essi si trovarono a riflettere sulle parole del Patriarca e Massimo confidava a Filippo i suoi pensieri e in lui riponeva la sua fiducia e Filippo desiderava ascoltarlo e ricercava la sua compagnia.

Ed ecco, alla vigilia della festa di San Giovanni, all'uscita della Chiesa di San Michele, Filippo disse a Massimo: "Io leggo nei tuoi occhi il turbamento", ma Massimo dissimulò la sua emozione e non diede ad intendere il tumulto della sua anima, ma Filippo, che ormai conosceva il cuore di lui, disse tra sè: "Andrò segretamente dal Patriarca e parlerò con lui". E venne presso la Chiesa di San Michele e così parlò al vescovo Pietro: "Santissimo Patriarca, io vengo assiduamente ad ascoltarti quando annunci parole di pace in San Michele e molto per le tue parole ho aperto il mio cuore e poiché il mio amico Massimo, della mia stessa età, viene anch'egli ad ascoltarti, ho spesso conversato con lui e delle tue parole abbiamo fatto molto frutto, ma ecco il suo spirito è turbato, ed io vorrei rimanergli vicino, ma egli che parlava sempre con me e in me riponeva la sua fiducia, ha dissimulato il suo turbamento ed è divenuto più taciturno. Ora, poiché io so che egli molto ti ascolta, vengo a chiederti di parlare con lui, perché certo tu saprai comprenderlo.

E il Patriarca Pietro fu stupito di quelle parole e gli rispose così: "Figlio amatissimo, non sai tu che quando un uomo ha il cuore in pena Dio si siede sulla soglia della sua porta e non lo abbandona? Perché dunque tu vieni qui a dirmi: parla con lui? Vai tu piuttosto a dirgli: ecco ho per te il cuore in pena, e interrogalo ed egli ti risponderà e io pregherò per voi e Dio vi illuminerà".

E Filippo venne presso Massimo e gli disse: "Andiamo oggi dal Patriarca ed egli ci accoglierà e noi troveremo conforto nelle sue parole" e si avviarono verso la Chiesa di San Michele.

Ma accadde che vi trovarono grande folla di fedeli e di pellegrini perché era la festa di San Giovanni, ed essi presero posto allo spigolo destro del transetto presso il presbiterio e, anche se quel posto non era per loro, nessuno li fece allontanare perché erano due ragazzi.

E sentirono suonare le campane della chiesa patriarcale e tutte le lucerne erano accese e tutti i candelabri erano illuminati e il popolo cantava. Dalla porta centrale che dava nel chiostro entrarono le diaconesse, quindi le  vergini e le vedove del monastero femminile e per ultima la badessa e salirono per le scale laterali del transetto e presero posto nei matronei, entrò poi una rappresentanza di oltre duecento monaci venuti da Sceti, dalla Nitria e dagli altri monasteri ai confini del deserto e conducevano con sé una grande campana e la facevano suonare ogni quattro passi e si accompagnavano col canto, procedendo a piedi nudi, vestiti di sacco, e dietro di loro entrò l'Archimandrita del deserto, vecchio venerando di quasi cento anni, e aveva lunghi capelli e barba bianca e procedeva a piedi nudi, anch'egli vestito di sacco, appoggiandosi a due confratelli più giovani, e i monaci e l'Archimandrita presero posto presso i seggi loro riservati e rimanendo in piedi continuarono a cantare, venne poi il clero di Alessandria vestito con i paramenti bianchi della festa  e dai turiboli si alzavano fumi di incenso di Siria, entrarono i Lettori, poi i Diaconi e poi i Presbiteri in ordine di età e per ultimo, preceduto dal libro del Vangeli entrò il Patriarca, sotto un baldacchino dorato, era vestito di bianco e aveva in capo la corona d'oro e in mano il pastorale del santissimo Atanasio e due Vescovi reggevano gli orli del suo mantello, ed egli procedeva lentamente benedicendo il suo popolo.

E Filippo, veduto tutto ciò pensò tra sè: "Il Patriarca Pietro è solo in mezzo al suo popolo" e Massimo diceva nel suo cuore: "Come potrà il Vescovo Pietro parlare con noi? Ecco, il venerabile Archimandrita del deserto si inchina dinanzi a lui e un popolo intero attende le sue parole, come potrà non nascere superbia nel suo cuore?"

E cominciò il vespro di San Giovanni e Massimo e Filippo cantavano tra il popolo e il Patriarca Pietro che era seduto alla sinistra dell'altare, li vide e li amò dicendo in cuor suo: "Di essi è il Regno dei cieli, ecco, se non rinascerò e non diventerò come loro, non entrerò nel regno dei cieli".

E quando ciascuno ebbe preso posto, si fece un grande silenzio in tutta la Chiesa e il Patriarca andò all'ambone della cattedra e così parlò: "Considerate l'esempio di Cristo, egli era giusto e sulla sua bocca non fu trovato inganno, fu ingiuriato e non ingiuriava, maltrattato e non minacciava e anche voi sarete dunque beati quando soffrirete per causa della giustizia, non abbiate alcun timore di quelli che vi calunniano e non spaventatevi, siate piuttosto sempre pronti a difendervi con dolcezza e rispetto di fronte a chiunque vi chiede conto della speranza che è in voi, abbiate sempre coscienza retta e cuore puro affinché i vostri calunniatori restino confusi proprio in ciò di cui essi vi calunniano, come se foste dei malfattori. E chi potrà farvi del male se sarete zelanti nel bene? Conservate dunque la vostra semplicità e custodite dentro di voi la vostra gioia, ecco, in questo giorno io sono dinanzi a voi come un messaggero venuto a parlarvi di salvezza, venuto ad annunciarvi la pace che già è nel vostro cuore e io vi dico: siate semplici e traboccanti d'amore come i fanciulli perché sta scritto: chi non nascerà una seconda volta e non si sforzerà di rendere semplice la sua anima come quella dei fanciulli non entrerà nel Regno di Dio.

Ma nel vostro tornare fanciulli fate in modo di rimanere adulti perché io vi dico che la vita è una sola. Il fanciullo che porta ancora la tunica corta gioca con i sassi e con le foglie, ma quando giunge alla pubertà e si fa adulto conosce la vita degli uomini e dice: ciò che ho vissuto finora è stato solo attesa, ma ora so che cosa vuol dire essere un uomo, quando poi vede i suoi figli crescere giorno dopo giorno, dice: prima di essere padre che cosa conoscevo della vita di un uomo? E quando diventa vecchio impara che il volto sorridente di un vecchio dalla parola prudente suscita l'affetto dei giovani; conservate dunque i tesori della semplicità della fanciullezza, il calore degli amori dell'adolescenza, la serenità laboriosa della maturità e la prudenza della vecchiaia, perché in tutte queste età vi è un uomo solo." Dette queste parole il Patriarca Pietro si accostò all'altare e celebrò i sacri riti. E quando, a tarda sera, le donne rientrarono al loro monastero e i monaci si avviavano ormai al villaggio di Sciamun, dove erano state preparate per loro delle tende, Massimo e Filippo ritornarono alle loro case e dissero nel loro cuore: "Il Patriarca è la guida degli uomini santi del deserto, e vengono presso di lui ed egli insegna loro le vie della perfezione, ecco, noi veglieremo e digiuneremo perché Dio possa concederci molti doni spirituali e quando il nostro cuore sarà disposto a ricevere la verità, Dio ci darà un segno" e decisero di non recarsi più  dal Patriarca per chiedergli consiglio.

E in quella stessa ora il Patriarca fu solo in mezzo al suo popolo poiché molti del clero e del popolo lo cercavano per parlare con lui ma il suo cuore non era con loro. Si ritirò dunque nella sua cella e deposti i paramenti patriarcali si vestì come uno dei figli del popolo e uscì segretamente dal chiostro di San Michele e si recò alla casa di Filippo ed era ormai notte e nessuno lo riconobbe e dato che era estate Filippo vegliava presso la porta della sua casa ed ecco, vide venire il Patriarca e subito lo riconobbe e molto si rallegrò e gli disse: "Santissimo Patriarca io ti attendevo perché sapevo che saresti venuto" e Pietro gli rispose: "Conducimi dal tuo amico Massimo, perché ciò che tu mi hai detto di lui mi spinge a ricercarlo, perché io voglio divenire un uomo semplice e desidero rinascere, perché se non rinascerò non entrerò nel Regno dei cieli" e Filippo gli rispose: "La tua parola non mente, perché ciò che io ho letto dentro di te si sta compiendo, vieni dunque con me e io ti condurrò alla casa di Massimo", e si misero in cammino e Filippo gli disse: "Io amo Massimo più di come si ama un fratello eppure non lo comprendo ed egli si chiude nel suo silenzio e non parla mai d'amore ma solo di perfezione e vuole divenire come gli Angeli di Dio ed ha detto che all'uomo di fede basta solo la parola di Dio, ed egli mi allontana da sé e mi dice che io non posso comprendere ciò che lo tormenta ed egli ha deciso di non amare altri che Dio, ma io so che tu sei un uomo prudente ed egli ti ascolta perché tu sei il pastore di Alessandria" e Pietro gli rispose: "Oggi sento che i miei anni non hanno logorato la mia anima, sappi dunque che al tempo della mia giovinezza io fui colto dal timore di essere solo in Alessandria e l'angoscia invase la mia anima ma il Santissimo Atanasio seppe ricondurmi all'amore della vita ed ancora oggi nel ricordarlo i miei occhi diventano umidi, che cosa è più bello del sentire la vita dentro di sé? Ecco questo è ciò che ora io provo nel profondo della mia anima".

Quando giunsero alla casa di Massimo, Filippo lo andò a chiamare e Massimo così disse al Patriarca: "Come fai santissimo Pietro ad essere solo in mezzo al tuo popolo?" e Pietro gli rispose: "Tu sai che sta scritto: guai a quelli che rimarranno soli, ma io so che quando la felicità non è nel mio cuore Dio mi mette alla prova perché io non sia superbo" e Massimo gli disse: "Come puoi tu non essere superbo se l'Archimandrita del deserto si inchina dinanzi a te e un popolo intero attende le tue parole?" e il Patriarca gli rispose: "Non è dinanzi a Pietro che si inchina l'Archimandrita del deserto e non è mia la parola che il popolo attende, perché la mia dottrina non è mia ma di colui che mi ha mandato" e Massimo ancora gli domandò: "Come puoi tu reggere il peso della Chiesa di Alessandria? Quale santità deve albergare nel tuo cuore perché tu possa apprestarti ad un compito così grande?" e Pietro gli rispose: "Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio" e Massimo gli domandò: "Dicci, perché sei venuto questa sera presso di noi?" e Pietro rispose: "Perché vi amo e voglio imparare da voi la via per rinascere", e mentre Massimo fu turbato dalle parole del Patriarca, Filippo lo ascoltò come colui che conosce ogni cosa  di quanto uscirà dalla bocca dell'altro, ma non disse nulla per timore che Massimo potesse rimanere turbato ancora di più, e Pietro, che leggeva sul volto di Massimo la perplessità, credendo di non essere inteso e di usare violenza alle anime di Massimo e Filippo, disse nel suo cuore: "Ecco, io sono confuso e le mie parole generano sgomento, Dio mi salvi dall'essere colui che produce scandalo", chiese dunque un bicchiere d'acqua e mentre Massimo e Filippo entrarono in casa per andare alla cisterna, il Patriarca si allontanò e si diresse alla Chiesa di San Michele ed era afflitto perché non sapeva che cosa fare e diceva tra sé: "Dio vede ciò che io non vedo e indicherà al suo servo Pietro quello che sarà giusto e certo anche il mio sconforto ha un significato perché Dio non fa nulla in vano".

Quando Massimo e Filippo uscirono dalla casa portando l'anfora dell'acqua, non videro il Patriarca e compresero quello che era accaduto e Massimo disse: "Lasciamo che Pietro agisca secondo la sua volontà perché egli possa sentirsi libero" e Filippo gli rispose: "La solitudine non è mai libertà, ti prego, andiamo di buon passo alla chiesa di San Michele e attendiamolo dinanzi alla porta del chiostro" e così fecero e quando Pietro giunse dinanzi a loro li interrogò dicendo: "Che cosa volete da me?" e Filippo gli rispose: "Noi vogliamo rimanere con te perché abbiamo bisogno di te" e Pietro rimase turbato e non seppe che cosa rispondere, ma Filippo colse sul suo volto la felicità e gli disse: "Ora non sei più solo in mezzo al tuo popolo”, ed entrarono nel chiostro e rimasero a parlare fino a notte alta e Massimo e Filippo si stupirono che Pietro, vicino ormai ai sessanta anni avesse un'anima così semplice e simile alla loro e Filippo disse al Patriarca: "Ecco ora tu ci comprendi e noi sappiamo leggere il segreto della tua anima perché tu sei come noi", e Pietro molto si rallegrò e disse tra sé: "In questa notte io che ero vecchio sono rinato una seconda volta".

Ma ecco, il mattino seguente, Filippo venne in San Michele e disse al Vescovo Pietro: "Io vedo che Massimo vive il momento della sua prova, egli mi ha respinto e in nome di Dio mi ha chiesto di allontanarmi da lui e mi ha detto: se tu resterai vicino a me io smarrirò la via di Dio ed io ho cercato ogni mezzo per giungere all'interno del suo cuore ma egli ha dissimulato la sua tristezza e noi che prima ci amavamo più che se fossimo due fratelli, siamo divenuti come estranei poiché quando il suo volto sorride nulla di quel sorriso entra nella sua anima e quando la sua anima è tormentata nulla di quel tormento appare sul suo volto. Ecco dunque io non posso restargli vicino perché la sua anima ne sarebbe turbata, e poiché senza la sua presenza io devo trovare un significato per la mia vita, desidero spenderla per alleviare le sofferenze dei figli di Dio, andrò dunque in Eliopoli che fu la tua città e collaborerò col Vescovo di quella città per fare rivivere la memoria del santissimo Atanasio, dammi dunque la tua benedizione" e Pietro non sapeva che cosa rispondere poiché anch'egli aveva il cuore confuso e dopo alquanto silenzio gli disse: "Il ricordo del Santissimo Atanasio è vivo nella mia anima ed egli insegnava che non bisogna reprimere i desideri del nostro cuore perché tutto ciò che Dio vi fa nascere è buono, ed ecco il tuo cuore è semplice e nelle tue parole non vi è inganno, vai dunque dove Dio ti chiama", ma Filippo prima di congedarsi gli disse: "Ascoltami ancora Pietro, poiché io non partirò sereno se tu non mi avrai fatto prima una promessa" e Pietro gli rispose: "Chiedimi tutto ciò che vuoi e nei limiti delle mie forze, farò per te qualsiasi cosa" e Filippo gli disse: "Tu sai che io amo Massimo più della mia stessa vita, ecco, io mi allontano da lui per compiere un suo desiderio, ma io so che la sua anima non è serena ed egli che pure cerca Dio, fugge la mia compagnia, ma se potrà evitare di incontrare me, non potrà evitare di incontrare sé stesso e finché non avrà ritrovato la sua pace sarà come colui che ha smarrito la sua via, ti prego, Pietro, promettimi che non lo abbandonerai poiché egli sarà solo in Alessandria", e Pietro gli disse: "Parti sereno, poiché io ti prometto che farò ogni cosa per restargli vicino poiché io so che le vie di Dio sono oscure ma chi le segue non può mancare alla meta" e in quella stessa sera Filippo partì per Eliopoli e il Patriarca fu turbato dalle sue parole ed entrò nella Chiesa di San Michele ancora avvolta dalle tenebre e andò a gettarsi davanti all'altare dicendo: "Perché, Signore, tu sei ingiusto e affliggi le anime perfette dei tuoi figli con questa tristezza e con questo sconforto? Tu non sei un Dio giusto e non senti nemmeno pietà per quelli che tu tormenti. Rispondimi se hai coraggio, fatti avanti di fronte al tuo servo Pietro poiché egli è in collera con te", ma non ebbe risposta.

Ma ecco, il giorno seguente Massimo venne dal Patriarca turbato nello spirito e gli disse: "Ecco, io ero presso il molo del porto e dato che c'era molto sole, uno storpio mi ha chiesto di aiutarlo a mettersi all'ombra e io l'ho preso per mano ed egli si è sollevato e camminava e gridava di gioia e prima che si rivolgesse a me io mi sono confuso tra la folla e sono venuto poi al mercato e ho visto un soldato che bastonava un bambino suo servitore e gli diceva: - nessuno potrà salvarti dalla mia collera - ed ecco, io ho afferrato la mano del soldato ed egli si è abbattuto a terra dinanzi a me e prima che potesse riaversi io mi sono confuso tra il popolo" e aggiunse: "Se Dio opera queste cose per mio mezzo che cosa compirà egli per mezzo del suo santo Patriarca?" e Pietro gli rispose: "Tu sai che Timoteo Monauro fu un santo Patriarca, che fu monaco e cercò le vie della perfezione, ed egli volle che sulla sua tomba fosse scritto: servo inutile io sono, ebbene a me è stato dato di annunciare il Regno di Dio e di ciò sono felice perché è Dio che opera tutto in tutti e beato è colui che non gli resiste", e Pietro disse quindi a Massimo che Filippo aveva deciso di ritirarsi ad Eliopoli e Massimo gli rispose: "Io pregherò Dio per lui, perché lo illumini e lo conduca sulle vie della santità" e Pietro, dopo quelle parole, non si fermò a pensare ai miracoli operati da Massimo ma disse invece tra sè: "Come può costui non comprendere che Filippo lo amava e per amore ha deciso di lasciarlo solo?", ma di ciò non fece parola poiché non voleva turbare il cuore di Massimo e Massimo si recava spesso dal Patriarca e parlava volentieri con lui.

Ed ecco che, dopo qualche giorno, il figlio minore del Vescovo Pietro, di nome Giovanni, venne da suo padre e così gli disse: "Molto ti ho venerato quando vivevi in Eliopoli e ti occupavi di me e dei miei fratelli, perché allora eri nostro padre, ma da quando sei divenuto Patriarca hai dimenticato i tuoi figli e perdi i tuoi giorni conversando con due ragazzi e hai spinto il giovane Filippo a vivere in Eliopoli tra molti pericoli e sei divenuto incapace di essere Vescovo perché ragioni ormai come un bambino e la tua mente non concepisce pensieri adeguati a reggere la Chiesa di Alessandria, e in Eliopoli, che era la tua città, sta rinascendo l'idolatria e molti nel clero di Alessandria non ascoltano più la tua voce" e Giovanni diceva queste cose a suo padre perché si preoccupava per lui e voleva metterlo in guardia.

Ma ecco, Giacomo, suo fratello, tramò contro suo padre e indusse molti Presbiteri e Vescovi dell'Egitto a rinnegare l'autorità del Patriarca, ed essi fecero venire in Alessandria Ilarione, Vescovo di Tebe, perché volevano ungerlo Patriarca in luogo di Pietro, poiché ritenevano che Pietro si sarebbe ritirato o che il clero lo avrebbe giudicato incapace e lo avrebbe deposto.

E Ilarione venne in città e si recò subito a far visita al Patriarca per conoscere le sue intenzioni e gli disse: "Santissimo Patriarca, hai tu udito ciò che avviene in Eliopoli? Ti è giunta notizia del risorgere dell'idolatria? Come interpreti tu questi segni?" e Pietro rispose: "Andrò in Eliopoli ed essi torneranno alla vera fede" e Ilarione gli disse: "Ho udito in città che tu ascolti molto le parole di due ragazzi che spesso vengono presso di te, perché dunque tanto confidi in loro?" e Pietro gli rispose: "Poiché Dio abita nel loro cuore".

Ma ecco, proprio mentre Pietro e Ilarione così parlavano, i soldati della guarnigione di stanza in Alessandria fecero tumulto tra il popolo e vennero in San Michele e presero il Patriarca e il Vescovo Ilarione e li condussero con via a forza e dicevano tra loro: "Pietro è un uomo debole e si piegherà dinanzi ad ogni nostra richiesta e noi lo umilieremo e lo ridurremo in nostro potere ed egli si prostrerà dinanzi a noi e ci supplicherà davanti a tutto il popolo, condanniamolo dunque a morte e conduciamolo a disperare della salvezza della sua vita" e dissero a Pietro che lo avrebbero ucciso e che lo stesso avrebbero fatto con il Vescovo Ilarione, e Pietro si scagliò contro di loro dicendo: "Uomini scellerati, voi seminate la zizzania tra il popolo e bruciate la terra che avete ricevuto in eredità", ed essi li chiusero nella cella detta della custodia e li lasciarono senza cibo né acqua per sette giorni e sette notti perché credevano che avrebbero piegato il Patriarca alla loro volontà. Ilarione fu preso dal terrore e disse a Pietro: "Non resistiamo alla loro volontà, perché altrimenti essi ci toglieranno la vita" e Pietro gli rispose: "Beato è colui che non resiste alla volontà di Dio, se noi cederemo dinanzi a questi uomini essi ci faranno morire ugualmente, e io non ho timore della morte, quando anche mi avessero tolto la vita che cosa in fondo mi avrebbero tolto? Servo inutile io sono".

Trascorsi i sette giorni, quando i soldati li condussero fuori della cella dissero a Pietro: "Prostrati dinanzi a noi davanti al popolo e sarai saziato di cibo e di acqua" ed egli li rimproverò dicendo: "Credere voi che se io avessi detto a queste pietre: trasformatevi in pane, esse non lo avrebbero fatto?" e volle che alcuni soldati entrassero nella cella ed essi vi trovarono abbondanza di pane e furono stupiti, ma il loro centurione disse: "Torturiamo il Patriarca e vediamo se verrà l'angelo a salvarlo" e lo presero e, alla presenza del Vescovo Ilarione, lo tormentarono ferocemente col fuoco fino a bruciargli le carni, ma egli non volle piegarsi davanti a loro e li rimproverava dicendo: "Voi avete riempito il mio corpo di piaghe e di cicatrici, ma non credete voi che avrei potuto spegnere il vostro fuoco con un'acqua maggiore di quella del diluvio?" ed ecco la cella dove si trovavano i pretoriani cominciò a trasudare acqua dalle pareti e dal tetto e piovve sopra i fuochi con cui avevano tormentato il Patriarca Pietro e le sue piaghe furono sanate e i soldati ebbero grande timore e gli dissero: "Perché tu che operi questi miracoli non cancelli i tuoi nemici dalla faccia della terra e tolleri di essere perseguitato da uomini come noi?" e Pietro rispose: "Quando i nostri padri peccarono contro Dio nel deserto Egli forse li distrusse? Ecco, Egli aveva stabilito con il suo popolo un'alleanza santa e li riprese con amore e benevolenza perché crescesse la loro fedeltà.", ed essi ancora gli chiesero: "Come puoi tu operare così grandi prodigi?" ed egli rispose loro: "Quando Mosè aprì il Mar Rosso il popolo disse che Dio aveva compiuto un grande miracolo, ma la vita di un uomo è un miracolo più grande e la sua capacità di amare fino al sacrificio di sé è un miracolo ancora più grande e beati sono quelli che sanno tornare fanciulli e nascere una seconda volta poiché di essi è il regno di Dio" e così dicendo Pietro pianse davanti a quei soldati ed essi gli domandarono: "Perché piangi, Vescovo?", ed egli rispose loro: "L'occhio di Dio scruta il cuore del Patriarca ed Egli solo conosce il motivo del suo pianto".

E i soldati uscirono dalla rocca di Alessandria insieme con il Patriarca e con il Vescovo Ilarione e Pietro chiese a Ilarione di non fare parola di quanto aveva veduto e quando rientrarono in San Michele Ilarione si gettò ai piedi di Pietro dicendo: "Perdonami perché io sono un Vescovo indegno che ha tramato contro il suo santo Patriarca e Pietro gli rispose: "Quando verrai con me in Eliopoli tu vedrai cose maggiori di queste e comprenderai quale corona Dio prepara per quelli che non gli resistono", e Ilarione gli domandò: "Chi ti ha insegnato a operare questi prodigi?" e Pietro rispose: "Massimo ha operato prodigi maggiori di questi e non si è insuperbito perché ha riconosciuto che è Dio che opera tutto in tutti ed ecco io sono tornato nel ventre di mia madre e  sono nato una seconda volta".

Il giorno seguente, Giovanni, il figlio minore del Patriarca, venne presso suo padre e gli disse: "Ilarione si è inchinato davanti a te ed ha riconosciuto la tua autorità, ma come potrai, tu, padre, respingere l'idolatria dalla città di Eliopoli, ecco, nel nome del dio Rha sono state distrutte le memorie del Santissimo Atanasio e la gente di quella città ha cacciato il suo Vescovo" e ancora una volta egli si preoccupava di suo padre e voleva aiutarlo, ma suo fratello Giacomo che sapeva quanto suo padre amasse Massimo, lo fece rapire e Massimo fu venduto segretamente come schiavo ad una carovana di cammellieri della tribù di Ater Chemi provenienti dall'alto Egitto e i cammellieri risalirono il corso del Nilo fino alla città di Luxor, e Massimo rimase a Luxor tra i servi del re.

Ma ecco, in quegli stessi giorni, il Patriarca fu stupito di non ricevere più le visite del giovane Massimo e mandò a chiedere di lui alla sua casa e poiché nessuno ne aveva notizia, molto si rattristò e venne a notte alta in San Michele e così pregò: "Signore, la mia anima è afflitta perché tu che hai posto il giovane Massimo dinanzi a me, ora lo allontani da me perché io non sono stato capace di dargli conforto", e Dio gli rispose: "Io ti ho unto Vescovo di Alessandria e ho posto nelle tue mani le anime dei figli della terra d'Egitto e io posso toglierti ciò che ti ho dato e ridartelo quando mi piace, quando te lo avrò dato rimane cosa mia, quando lo avrò ripreso non avrò portato via nulla di tuo, poiché ogni cosa perfetta e buona appartiene a me soltanto. Quando tu resti senza dolcezze non angustiarti ma di' piuttosto: servo inutile io sono, perché a ogni giorno basta la sua pena".

E alle prima luci dell'alba il Patriarca fece chiamare suo figlio Giacomo e così gli disse: "Figlio amatissimo, sono ormai alcuni giorni che il giovane Massimo non viene più alla Chiesa di San Michele e in città nessuno sa dove sia, ti prego dunque, vai tu a cercarlo e domanda di lui ai mercanti e ai forestieri poiché temo che gli sia accaduto del male", e Giacomo, che aveva venduto segretamente Massimo come schiavo, rispose mentendo: "Vado, padre, poiché ciò che contrista il tuo cuore contrista anche il mio spirito e il giovane Massimo era un'anima eletta", e uscì dalla Chiesa di San Michele e si ritirò per alcuni giorni nelle sue campagne per non essere veduto dagli uomini di Alessandria e non andò alla ricerca di Massimo.

E quando furono trascorsi sette giorni, il Vescovo Pietro chiamò il suo figlio minore Giovanni e gli disse: "Il giovane Massimo non è stato visto in città da molti giorni ed io non so dove sia e la mia anima è triste e non posso tenere fede alla promessa che feci a Filippo quando egli partì per Eliopoli, poiché ecco, promisi che non avrei mai abbandonato Massimo e che gli sarei rimasto vicino", e Giovanni gli rispose: "Padre, io devo rimproverarti per ciò che tu hai fatto: ecco, tu avevi indotto il giovane Filippo a vivere in Eliopoli tra molti pericoli ed io ho appreso da alcuni mercanti che in quella città sono avvenuti tumulti di popolo e gli adoratori del dio Rha hanno fatto scempio di quanti sono rimasti fedeli alla verità e poiché in ventiquattro hanno rifiutato di prestare il culto falso al dio Rha essi li hanno fatti perire di spada e Filippo era tra quei ventiquattro, come potrà la tua coscienza trovare pace? E il giovane Massimo è fuggito da te e forse così si salverà ed io non andrò a cercarlo ma lascerò che egli segua la sua strada", Giovanni infatti non sapeva che Massimo era stato venduto come schiavo da suo fratello. E il Patriarca Pietro rimase sgomento da ciò che suo figlio Giovanni gli aveva annunciato e cominciò a piangere ma non osò insistere perché egli andasse alla ricerca di Massimo.

Quando Giovanni uscì dalla chiesa di San Michele, disse tra sè: "Come potrò lasciare mio padre nella sua angoscia? E il giovane Massimo può essere caduto nelle mani di uomini malvagi, ed egli potrebbe essere mio figlio, come potrei perdonarmi di abbandonarlo al suo destino?", e si pose con molto zelo alla ricerca del giovane Massimo e venne a sapere che alcuni mercanti lo avevano visto in una carovana di cammellieri che risalivano il Nilo e Giovanni, prese quindi il suo cammello ed anch'egli si avviò verso l'alto Egitto e quando, dopo molti giorni di cammino giunse a Luxor, seppe che Massimo lavorava in catene presso i servi del re e attese la notte per andare a liberarlo e con grande fatica e grave pericolo riuscì a liberarlo dalle catene e si avviò con lui strisciando carponi per ingannare la sorveglianza delle guardie del re e gli disse dove aveva legato il suo cammello, ma ecco che le guardie videro i fuggitivi e una freccia colpì Giovanni e Massimo lo portò a spalla fino ai confini del bosco e qui, vedendo che era già morto lo abbandonò. Seguendo il sentiero in mezzo alla selva Massimo giunse fuori città dove era il cammello di Giovanni e con esso si avviò lungo il corso del Nilo.

Ma ecco, in quello stesso tempo Giacomo venne alla Chiesa di San Michele e disse a suo padre: "Per dieci giorni e dieci notti ho cercato il giovane Massimo ma non l'ho trovato", e il Vescovo Pietro gli rispose: "Tu sei il figlio buono e fedele che conosce il cuore di suo padre" e molto il suo spirito fu afflitto e si ricordò di quello che gli aveva detto suo figlio Giovanni e poiché in quei giorni si facevano più gravi le notizie provenienti da Eliopoli, il Patriarca decise di partire subito con il Vescovo Ilarione alla volta di quella città.

Quando giunsero ad Eliopoli Pietro disse al popolo, che lo circondava da ogni parte: "Voi avete commesso un peccato abominevole agli occhi di Dio poiché avete rinnegato la fede e avete lordato le vostre mani col sangue di ventiquattro martiri ed io vi dico che Dio non lascerà impunita la vostra iniquità e fra tre giorni questa città sarà distrutta e fuoco e zolfo pioveranno sopra di essa", ed ecco, in ogni luogo dove passava il Vescovo Pietro l'erba si disseccava e se toccava un albero quello moriva e si vide l'acqua del Nilo mutarsi in sangue davanti a lui e dove egli si fermava venivano gli scorpioni e le cavallette e gli abitanti di Eliopoli avevano grande terrore del Vescovo Pietro ed egli ripeteva loro: "Ancora tre giorni e la città sarà distrutta perché voi avete fatto perire coloro che Dio aveva mandato per ristorare le anime vostre".

E il giorno seguente gli uomini della città sedettero nella cenere, spezzarono gli idoli di pietra e di bronzo e bandirono il grande digiuno e speravano che Pietro li confortasse, ma egli continuava a dire loro: "Gente empia e iniqua, ancora due giorni e perirete sotto la pioggia del fuoco perché Dio vi sterminerà".

E il giorno seguente gli abitanti di Eliopoli vennero a invocare Ilarione dicendogli: "Supplica tu Pietro perché egli chieda a Dio di allontanare il castigo che abbiamo meritato", ma il Patriarca non volle ascoltare e diceva: "Domani perirete e sarete cancellati dalla faccia della terra" e Pietro si ritirò fuori città per attendere ciò che sarebbe accaduto, e durante la notte Dio fece crescere una pianta di ricino davanti a lui ed egli si ricordò del profeta Giona e all'alba venne in città gridando: "Dio ha avuto pietà degli uomini di questa terra poiché essi non distinguono neppure la mano destra dalla sinistra". E dove Pietro passava l'erba inaridita riprendeva vita e gli alberi secchi drizzavano le loro foglie e si videro le serpi e gli scorpioni andare a gettarsi nel Nilo e il Vescovo Ilarione osservava tutto ciò dicendo nel suo cuore: "Possa Dio concedermi di seguire le orme del santissimo Pietro", ma ecco, mentre il popolo esultante acclamava il Patriarca, si fece avanti tra la folla un soldato armato di pugnale e colpì Pietro al petto e Ilarione afferrò il braccio del soldato e quello cadde tramortito ai suoi piedi e Pietro volle che il soldato fosse lasciato libero e spirò quindi tra le grida delle donne e il tumulto della folla e tutto il popolo di Eliopoli pianse per la morte del santo Patriarca. E Ilarione comandò che in segno di penitenza essi edificassero una Chiesa dedicata alla memoria dei ventiquattro martiri e venerassero il Patriarca Pietro con il santissimo Atanasio, celebrando unitamente la loro festa ogni anno, quindici giorni dopo la Pasqua.

Ilarione fece quindi comporre il corpo di Pietro su un carro e si avviò verso Alessandria, ma ecco che lungo la via egli incontrò il giovane Massimo che, giunto il giorno precedente in Alessandria, veniva anch'egli in Eliopoli, e Massimo spiegò ogni cosa ad Ilarione, ma non seppe dire per opera di chi egli fosse stato venduto come schiavo, poiché nulla sapeva delle trame di Giacomo, il figlio maggiore del Patriarca, e Massimo seppe che Filippo era stato ucciso in Eliopoli e pianse per la morte del suo amico di un pianto irrefrenabile dicendo: "Troppo tardi ho compreso quanto egli mi amava".

Quando giunsero alle porte della città, molto popolo si fece loro incontro e molto popolo si strinse intorno a loro e li seguì in silenzio fino alla Chiesa di San Michele e Ilarione volle che tre drappi fossero stesi in terra dinanzi all'altare e su quello centrale fu adagiato il Patriarca.

Ora ecco, anche Giacomo era presente nella Chiesa e Ilarione, salito all'ambone disse che il posto alla sinistra del Patriarca ricordava la memoria del martire Filippo, e quello alla destra ricordava Giovanni, il figlio minore del Patriarca Pietro, morto per salvare Massimo dai suoi carcerieri e disse che egli era stato rapito e venduto come schiavo perché fosse posto in catene a Luxor al servizio del re. E Giacomo capì la gravità del suo inganno e, salito all'ambone, si accusò di tutto quello che aveva commesso e pianse le lacrime del pentimento e, distribuiti tutti i suoi beni ai poveri, si ritirò sul monte della Nitria, non per essere monaco, ma per essere il servo dei monaci.

E in quello stesso giorno Ilarione fu unto Patriarca e comandò che Pietro fosse sepolto nel chiostro di San Michele, preso il sepolcro del beato Stefano e sulla sua tomba fu scritto: “Sono divenuto come un bambino e sono nato una seconda volta” e al calare della notte Massimo si avviò verso la piana di Sceti per presentarsi all'Archimandrita del deserto, poiché, come il beato Macario, volle dedicarsi alla ricerca della via della perfezione.

 

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